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(2 Gennaio 2005)
Il 2005 porterà una vera e propria rivoluzione liberista nell'industria tessile globale e la conseguenza più probabile sarà la perdita di circa 30 milioni di posti di lavoro, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
Da ieri non è più in vigore il cosiddetto "accordo multifibra", che da circa trent'anni favorisce l'esportazione dei paesi più poveri attraverso un sistema di quote e tariffe agevolate.
La paura maggiore è che la completa liberalizzazione, voluta dall'Organizzazione mondiale del commercio, Omc-Wto, avvantaggerà i sistemi economici che più facilmente competono sul costo della manodopera, non prevedendo i diritti sindacali elementari e non rispettando gli standard minimi del lavoro.
È il caso noto della Cina, che potrebbe passare da una quota di mercato mondiale del 17 per cento, nel 2003, a una quota superiore al 50 per cento nel giro di un solo anno. Molti di quelli che perderanno il posto nel sudest asiatico saranno costretti a emigrare proprio in Cina.
In questi giorni la Federazione ha chiesto di incontrare i vertici della Wto per elaborare urgentemente un programma di ammortizzatori sociali e di occupazione alternativa da proporre ai governi dei paesi più colpiti.
In Bagladesh, più di un milione di tessili, in gran parte giovani e donne, sono destinati a restare senza lavoro. Da giorni migliaia di operai stanno manifestando per la difesa del posto ma anche contro le nuove leggi del governo che ha portato a 72 ore l'orario standard settimanale.
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