">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Capitale e lavoro    (Visualizza la Mappa del sito )

La borsa

La borsa

(6 Gennaio 2011) Enzo Apicella
La Borsa premia il ricatto di Marchionne

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

APPUNTAMENTI
(Capitale e lavoro)

SITI WEB
(Capitale e lavoro)

Con gli operai dei Cobas della Fiat

comunicato dello Slai-Cobas Trento

(20 Ottobre 2002)

Fiat: 8.100 esuberi, 40.000 licenziamenti nelle fabbriche dell'indotto, chiusura di Arese e Termini Imerese, ridimensionamento di Cassino e Mirafiori.

Si è aperto un nuovo pesante capitolo della storia degli ultimi decenni della classe operaia della Fiat.
Questa storia è iniziata 23 anni fa con il licenziamento politico, concertato con il PCI e con i sindacati confederali, di 61 avanguardie di lotta.

Ai 61 licenziati sono subito seguiti 23.000 operai in cassa integrazione a zero ore, nessuno di loro è rientrato al proprio posto di lavoro.
In quell'occasione, dopo più di 50 giorni di lotta, i sindacati confederali e lo stesso PCI di Berlinguer -che aveva detto che piuttosto che cedere si doveva occupare la Fiat- hanno abbandonato gli operai torinesi siglando il primo degli accordi concertativi che in questi decenni hanno determinato la perdita alla Fiat di migliaia di posti di lavoro.

Oggi i sindacati confederali "scoprono" che la Fiat è in crisi e che decine di migliaia di posti di lavoro, oltre gli 8.100 esuberi ufficiali, sono a rischio.
Per anni hanno continuato a rassicurare gli operai della Fiat, per anni hanno chiuso gli occhi sui dati della sovrapproduzione di merci, della saturazione dei mercati, dell'accumulazione di masse di profitti dirottati sugli investimenti finanziari, per anni hanno continuato a presentare la globalizzazione imperialista come fonte di opportunità, per anni hanno chiamato "libero mercato" il mercato globale dello strapotere delle multinazionali, ed ora si accorgono ipocritamente che migliaia di posti di lavoro sono in pericolo.

Oggi gli operai della Fiat devono presentare il conto non solo ad Agnelli, ma anche ai sindacati confederali.
All'Alfa di Arese questo sta già avvenendo, gli operai prima di tutto seguono le indicazioni e le proposte di lotta dei cobas-slai e di altri sindacati di base.
All'Alfa per anni, nel non casuale silenzio generale, i sindacati auto-organizzati e di base sono stati gli unici a denunciare che la Fiat voleva chiudere, sono stati gli unici a organizzare gli operai e a promuovere lotte e scioperi contro questa prospettiva.

Gli 8.100 esuberi non sono solo l'esito conseguente di decenni di collaborazione e concertazione sindacale, sono anche l'inizio di una nuova durissima fase in cui il ruolo della General Motors, in un modo o nell'altro, sarà sempre più centrale.

La Fiat oggi licenzia per vendere a prezzo più alto, la General Motors licenzierà per rafforzare le sue posizioni sul mercato imperialistico.
La General Motors non ha certo delle tradizioni migliori di quelle della Fiat, negli anni 80 negli USA ha realizzato processi di ristrutturazione che hanno determinato la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, oggi la stessa General Motors si ripropone un piano di ristrutturazione per il suo ultimo recentissimo acquisto -la sudcoreana Daewoo Motors- che determinerà migliaia di licenziamenti.
Gli stessi operai sudcoreani alla notizia della cessione alla General Motors hanno iniziato una strenua lotta in difesa del posto di lavoro, una lotta che li ha visti, loro malgrado, combattivi protagonisti di durissimi scontri con la polizia.

La vicenda della Fiat è emblematica di una situazione generale della classe operaia italiana ed è anche per questo che richiede una risposta generale da parte dell'intera classe operaia del nostro paese.
A grandi linee nella Fiat si riassumono gli stessi processi che attraversano e devastano decine di migliaia di industrie, di piccole come di più grandi proporzioni.
Decenni di sfruttamento selvaggio e di abbattimento dei diritti, di introiti provenienti dal denaro pubblico investiti in investimenti finanziari o in forme di ristrutturazione a scopo speculativo (ristrutturare e licenziare per vendere a prezzo più alto), decenni di manovre, truffe ed intrighi ai danni degli operai e dei lavoratori (lasciare andare le industrie allo sfascio per poi chiedere soldi pubblici e giustificare drastiche ristrutturazioni), decenni di collaborazionismo e concertazione sindacale, di "libero mercato", hanno portato alla situazione attuale.

Pensare di poterne uscire credendo nelle promesse di Berlusconi e dei suoi loschissimi degni compari di avventura (Bossi e Fini) o seguendo le indicazioni di un Ulivo allo sbando o ancora una volta quelle dei sindacati confederali significherebbe solo non prendere atto della situazione che si è creata e non voler riflettere sulle sue cause.
Significherebbe non capire come, contro gli operai della Fiat come in genere contro tutti gli operai, si usano e combinano due metodi di lotta, uno diretto, frontale, brutale fondato sulle scelte più drastiche, l'altro indiretto, fondato sulla ricerca del consenso e della fiducia degli operai.
Questo secondo metodo, che è ancora più subdolo - e quindi spesso risulta più efficace ai danni dei lavoratori-, consiste nella concertazione, nell'avvolgere gli operaia in una soffocante rete di interminabili procedure, confondendoli tra continui scaricamenti di responsabilità, stordendoli con continue promesse, e lasciandoli, passivi, demoralizzati e divisi, ad attendere, alla fine della festa, le mezze misure, le pseudo-soluzioni, le umilianti briciole.
Proprio come oggi stanno cercando in generale di fare con gli operai della Fiat (tra un po' anche la mafia dichiarerà di essere dalla parte degli operai) e, in particolare, con gli operai della Fiat di Arese.
Ad alcuni di loro, infatti, è stata proposta, dopo la chiusura dell'Alfa, la possibilità di una qualche continuità occupazionale in piccole ed ultraprecarie ditte impegnate nel .riciclaggio dei rifiuti.

La situazione generale, per gli operai, per i lavoratori e per le masse popolari, è così pesante, che di fronte alle multinazionali del mercato globale, di fronte al dilagare della recessione capitalistica, di fronte all'arroganza di governi antioperai, semi-fascisti e guerrafondai, come quello di Berluscono-Bossi-Fini, è impossibile pensare di poter difendere i propri interessi più elementari al di fuori di una prospettiva capace di mettere in gioco un'alternativa complessiva di potere.
Un'alternativa di governo realmente democratica e popolare fondata sulla lotta rivoluzionaria e sull'organizzazione diretta, dal basso, dei lavoratori.
Oggi per licenziare realmente gente come Agnelli, per liquidare effettivamente un governo come quello di Berlusconi con tutto quello che rappresenta, per piegare la General Motors e per costruire un'alternativa credibile allo sfascio e al fallimento della cosiddetta "sinistra" ufficiale ("centro-sinistra", sindacati confederali ecc) è necessario non solo costruire in modo capillare le organizzazioni di classe dei lavoratori, ma anche costruire una nuova e diversa forma di stato, uno stato degli operai e delle masse popolari.

Sindacato autorganizzato Slai-Cobas Trento
Collettivo Comunista Antonio Gramsci Trento
C/o sede slai-cobas V.Orti 24 Trento

3731