">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Diritti > Diritti > Contratti di lavoro    (Visualizza la Mappa del sito )

PRIMA PAGINA

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

APPUNTAMENTI
(Capitale e lavoro)

SITI WEB
(Capitale e lavoro)

Dipendente Cooperativa sociale e maternità

(9 Settembre 2010)

Ciao, ho un contratto a tempo determinato con una coop. sociale per sostegno scolastico. Il mio contratto scade a fine giugno e siccome sto programmando una gravidanza sono un po' preoccupata per la maternità.
Normalmente quando si fa questo lavoro (considerato a rischio) la cooperativa ti mette subito in anticipata, ma avendo un contratto a scadenza mi chiedo come funziona.
Ad esempio se dovessi rimanere incinta a maggio sarei subito in anticipata? e dopo la scadenza del contratto come funziona? e dopo il parto?
Ringrazio anticipatamente
Ciao

tiny

Risposte e Commenti

Risposta: Congedo per maternità

Le norme del D.Lgs. n. 151/2001, a tutela e sostegno della maternità e della paternità, si applicano sia alle lavoratrici che ai lavoratori subordinati, alle lavoratrici autonome, alle libere professioniste e alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata. Per lavoratrici e lavoratori si intendono, salvo sia altrimenti specificato, i dipendenti, compresi quelli con contratto di apprendistato, di amministrazioni pubbliche, di privati datori di lavoro, nonchè i soci lavoratori di cooperative (art. 2, D.Lgs. n. 151/2001; v. anche INPS circ. n. 41/2006).

Lavori vietati e spostamento ad altre mansioni
Durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio, è vietato adibire le lavoratrici al trasporto, sia a braccia che a spalle, sia con carretti a ruote su strade o su guida, e al sollevamento dei pesi, compreso il carico e scarico e ogni altra operazione connessa (art. 7 D.Lgs. n. 151/2001). E' inoltre vietato (v. anche allegati A e B al D.Lgs. n. 151/2001) adibire le lavoratrici ai lavori pericolosi, faticosi o insalubri. L'art. 7, c. 3 T.U. prevede che durante il periodo di gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto per il periodo nel quale vige il divieto di cui sopra, la lavoratrice è addetta ad altre mansioni rispetto a quelle ordinariamente svolte. La lavoratrice è, altresì, spostata ad altre mansioni nei casi in cui i Servizi ispettivi del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla sua salute. Quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, il Servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio, può disporre l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di gravidanza e fino al settimo mese di età del figlio (ML interpello n. 28/2008).


Documentazione per l'assenza dal lavoro
In merito alla documentazione richiesta, la lavoratrice è tenuta a due adempimenti, da assolvere, rispettivamente, prima e dopo il parto (art. 21, D.Lgs. n. 151/2001).
In particolare, prima dell'inizio del periodo di cui all'art. 16, comma 1, lett. a) T.U. (due mesi prima della data presunta del parto), la lavoratrice deve consegnare al datore di lavoro e all'INPS, il certificato medico indicante la data presunta del parto. La data indicata nel certificato fa stato, nonostante qualsiasi errore di previsione.
Successivamente al parto, la lavoratrice è tenuta, invece, a presentare, entro trenta giorni, il certificato di nascita del figlio, o la dichiarazione sostitutiva.
L'art. 14, D.P.R. n. 1026/1976, dispone che nel certificato medico di gravidanza devono essere riportate:
a) le generalità della lavoratrice;
b) l'indicazione del datore di lavoro e della sede dove l'interessata presta il proprio lavoro, delle mansioni alle quali è addetta;
c) il mese di gestazione alla data della visita;
d) la data presunta del parto.
Gli elementi di cui alle lettere a) e b) sono inseriti nel certificato sulla base delle dichiarazioni della lavoratrice, che ne risponde della veridicità.
Il certificato di gravidanza deve essere rilasciato in tre copie, due delle quali devono essere prodotte a cura della lavoratrice rispettivamente al datore di lavoro e all'Istituto assicuratore.
Qualora il certificato non risulti redatto in conformità alle disposizioni di cui sopra, il datore di lavoro e l'Istituto assicuratore possono chiederne la regolarizzazione, che è necessaria quando nel certificato non è indicata la data presunta del parto.
Al rilascio del certificato medico descritto sono abilitati i medici del Servizio sanitario nazionale; tuttavia qualora i certificati siano redatti da medici diversi da quest'ultimi, il datore di lavoro o l'INPS possono accettarli ugualmente o richiedere la regolarizzazione alla lavoratrice (v. art. 76, D.Lgs. n. 151/2001).
Il datore di lavoro è tenuto - ex art. 16, D.P.R. n. 1026/1976 - a rilasciare alla lavoratrice la ricevuta dei certificati e di ogni altra documentazione prodotta dalla lavoratrice stessa.

Trattamento normativo
In forza dell'art. 22, c. 3, D.Lgs. n. 151/2001, i periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
Inoltre, a norma del comma 5 dell'articolo citato tali periodi vanno considerati, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti.
I periodi suddetti non sono computabili, ai sensi dell'art. 7, D.P.R. n. 1026/1976, ai fini della durata del periodo di apprendistato.
Nei periodi di congedo di maternità, non possono essere fruite le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo (art. 22, c. 6, del D.Lgs. n. 151/2001).


Licenziamento
Ai sensi dell'art. 54 del D.Lgs. n. 151/2001, le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine del congedo di maternità, nonchè fino al compimento di un anno di età del bambino.
In caso di fruizione del congedo di paternità, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino.
In materia di adozioni e affidamenti il divieto di licenziamento si applica fino a un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare, in caso di fruizione del congedo di maternità e di paternità.
Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza (300 giorni prima della data del parto indicata nel certificato medico), e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il divieto, è tenuta a presentare al datore di lavoro idonea certificazione dalla quale risulti l'esistenza all'epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano.
Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice o il lavoratore non possono essere sospesi dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attività dell'azienda o del reparto cui essa è addetta, semprechè il reparto stesso abbia autonomia funzionale. La lavoratrice non può altresì essere collocata in mobilità a seguito di licenziamento collettivo ai sensi della L. n. 223/1991, salva l'ipotesi di collocamento in mobilità a seguito della cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta, di cui al comma 3, lett. b), dell'art. 54.
Il divieto di licenziamento non si applica nel caso di:
a) colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro (ex art. 2119 cod. civ.);
b) cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta;
c) ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine;
d) esito negativo della prova (v. anche ML circ. n. 113/1996).
La disposizione in esame vale anche per il padre lavoratore e per i genitori adottivi o affidatari.


Il licenziamento intimato in violazione delle disposizioni sopra descritte è nullo. E' altresì nullo il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore (art. 54, c. 6, D.Lgs. 151/2001).
L'art. 4, comma 3, D.P.R. n. 1026/1976 sancisce che la mancata prestazione di lavoro durante il periodo di tempo intercorrente tra la data di cessazione effettiva del rapporto di lavoro e la presentazione della certificazione non dà luogo a retribuzione. Tuttavia tale periodo è computato nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie, alla tredicesima mensilità o gratifica natalizia.
Da quanto detto deriva che il datore di lavoro potrà licenziare la lavoratrice o il lavoratore solo dopo la scadenza del periodo di conservazione del posto e purchè in tale momento sussistano - o continuino a sussistere - una giusta causa o un giustificato motivo di licenziamento (a meno che non si tratti di rapporto di lavoro dove è ammesso il licenziamento "ad nutum", quale quello dirigenziale o domestico).

Ai sensi dell'art. 56 del D.Lgs. n. 151/2001, al termine dei periodi di divieto di lavoro le lavoratrici hanno diritto di conservare il posto di lavoro e a meno che non vi rinuncino espressamente, di rientrare nella stessa unità produttiva dove erano occupate all'inizio del periodo di gravidanza o in altra ubicata nel medesimo comune e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino. Le lavoratrici hanno diritto altresì di essere adibite alle mansioni svolte nell'ultimo periodo o a mansioni equivalenti, nonché di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro, previsti dai contratti collettivi ovvero in via legislativa o regolamentare, che sarebbero loro spettati durante l'assenza.

Ai sensi dell'art. 22 T.U., le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo di congedo di maternità (v. il precedente par. 5), anche in attuazione degli artt. 7, c. 6 e 12, c. 2 T.U. (interdizione dal lavoro, v. la precedente sezione).
Generalmente i contratti collettivi prevedono un'integrazione, a carico dell'azienda, dell'indennità anticipata dal datore di lavoro per conto dell'INPS.
L'indennità decorre dal primo giorno di assenza obbligatoria dal lavoro ed è corrisposta, secondo le modalità di cui all'art. 1 del D.L. n. 663/1979 e con gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie (art. 22, c. 2 T.U.) (per le modalità di corresponsione v. infra par. 6).
L'indennità giornaliera è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia (v. anche INPS circ. n. 8/2003 e ML nota n. 6123/2006). Ne deriva che essa sostituisce ed assorbe l'indennità giornaliera per tubercolosi e l'indennità giornaliera per inabilità temporanea da malattia professionale o da infortunio sul lavoro.
L'indennità di maternità non deve essere di contro corrisposta per i periodi di erogazione dell'assegno per congedo matrimoniale a carico dell'INPS e in presenza di trattamento economico corrisposto dal datore di lavoro, corrispondente alla normale retribuzione o almeno non inferiore a quello previdenziale (v. INPS circc. n. 248/1992 e n. 93/1988).

L'indennità di maternità è corrisposta anche ex art. 24, D.Lgs. n. 151/2001 qualora, durante i periodi di congedo di maternità previsti agli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 151/2001, si verifichino i seguenti casi:
- risoluzione del rapporto di lavoro per cessazione dell'attività dell'azienda cui la lavoratrice è addetta;
- ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta;
- risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine.
Alle lavoratrici che, all'inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro siano sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, disoccupate o durante le pause contrattuali del part-time, compete, ex art. 24, c. 2, del D.Lgs. n. 151/2001, l'indennità di maternità, purchè tra l'inizio dell'assenza (sospensione o cessazione del rapporto di lavoro) e quello del periodo di astensione obbligatoria non siano decorsi più di 60 giorni (INPS circc. n. 134382/1982; n. 41/2006).

Per completezza si informa che in base all'art. 5, comma 4-quater e ss., del D.Lgs. n. 368/2001, la lavoratrice che abbia prestato, presso la stessa azienda con uno o più contratti a termine, la propria attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza, fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dall'azienda medesima entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già svolte in esecuzione dei rapporti a termine.


In conclusione: le tutele a favore della lavoratrice madre sono molto articolate e vincolanti per il datore di lavoro. Lo sono meno nel caso del lavoro a tempo determinato per il quale, al termine della scadenza del termine del contratto di lavoro, non opera più il divieto di licenziamento. D'altra parte l'obbligo di informare il datore di lavoro scatta a due mesi prima del parto o comunque prima di tale data solo in caso di problemi per la salute della madre o del bambino.

(10 Settembre 2010)

avv. Roberto Amati

Commento: Grazie e ulteriore chiarimento

Grazie mille per l'esauriente risposta, colgo l'occasione per porre un'ulteriore domanda: puo' una cooperativa continuare a fare contratti a tempo determinato sfruttando la pausa estiva e non mettere mai il dipendente a tempo inderminato?

(10 Settembre 2010)

tiny

tiny_@libero.it

Risposta: Contratto atipico

Il contratto a tempo determinato è un contratto atipico nel senso che può essere utilizzato solo in presenza di particolari condizioni. In tutti gli altri casi è illegittimo. Naturalmente occorre valutare caso per caso la situazione.

(11 Settembre 2010)

avv. Roberto Amati

Commento: Contratto atipico

Infatti lo penso anch'io ma loro si giustificano dicendo che lavorando ad appalti non possono dare la sicurezza che ci sia una continuità, ma allora mi chiedo perchè, invece, ci sono cooperative che assumono a tempo indeterminato ed io non posso far nulla per pretendere un contratto diverso?

(14 Settembre 2010)

tiny

tiny_@libero.it

Risposta: Contratto e validità

Il consiglio che le posso dare è quello di rivolgersi al sindacato per far visionare i contratti di lavoro con cui è stato assunto e per vedere se hanno i requisiti di legge.

(15 Settembre 2010)

avv. Roberto Amati

Inserisci un commento o una risposta

Selezionate "risposta" nel campo "Tipo" solo se si tratta di una riposta alla domanda iniziale. I campi contrassegnati dall'asterisco sono obbligatori. Il post verrà pubblicato solo dopo un controllo del collettivo redazionale

Per commentare o rispondere compila il modulo

     

  

805