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Lavorare in trasferta

(24 Dicembre 2010)

Salve a tutti,

mi chiamo Luigi e vorrei condividere con voi un argomento che sicuramente sarà utile a molte altre persone. Io lavoro in un'azienda metalmeccanica, costruiamo macchinari industriali che vanno poi installati all'estero, per la maggior parte in europa. Io sono del reparto programmazione, ovvero realizzo e collaudo il software della macchina. Le linee poi vengono spedite, montate e collaudate dal cliente finale. Normalmente abbiamo sempre fatto turni di 2 a volte tre settimane per installare queste macchine.
Ora l'azienda ha detto che per quanto riguarda la durata delle trasferte si deve applicare il contratto nazionale che prevede che non ci sia un limite temporale alla trasferta ovvero che in caso di durata di 4 settimane (prima si faceva 2 + 2 con un rientro intermedio) si parte e si rientra a collaudo ultimato. Premetto che io sono inquadrato come impiegato di quinto livello, ho letto il contratto ma è molto vago e generico. L'azienda ha già detto che in caso di rifiuto procederà a punire i lavoratori con richiami scritti disciplinari fino al licenziamento. La mia domanda è questa: può l'azienda obbligare un lavoratore a stare in trasferta per periodi cosi lunghi? Attualmente non abbiamo un contratto interno aziendale che regoli le trasferte. Posso io rifiutarmi di stare via oltre ad un certo numero di giorni?

vi ringrazio per l'attenzione e per tutti quelli che mi risponderanno.

Gigi

Risposte e Commenti

Risposta: Consuetudine con forza di legge tra le parti.

Relativamente alla sua domanda è opportuno fare alcune precisazioni:

In primo luogo il lavoratore può essere assoggettato a trasferte da parte del datore di lavoro solo e soltanto se tale prerogativa è stata inserita (da parte del datore di lavoro) nel contratto di assunzione del lavoratore;

In secondo luogo essendo il contratto collettivo di riferimento piuttosto generico sul punto, al fine di regolare i rapporti tra le parti solitamente si usa dire che le consuetudini (in mancanza di regole certe e scritte) assumono forza di legge tra le parti stesse. Ciò significa che se fino ad ora, in mancanza di precise statuizioni in materia, sia l'azienda che i lavoratori si sono regolati con trasferte non superiori a due settimane, tale consuetudine assume una forza regolatrice dei rapporti di lavoro. In questo caso la variazione unilaterale da parte del datore di lavoro relativamente alla consuetudine regolatrice delle trasferte è di per se illegittima e sanzionabile.
Ovviamente a questo punto sarebbe il caso che i lavoratori, anche a mezzo delle rappresentanze sindacali, ponessero in essere una nuova regolamentazione delle trasferte stesse. In mancanza di un accordo in proposito la illegittimità degli atti datoriali potrebbe essere impugnata davanti al Giudice del Lavoro.

In ultimo le minacce del datore di lavoro, con le quali i lavoratori vengono minacciati di un male ingiusto (sanzioni disciplinari, licenziamento ecc..) sono già di per se sole sanzionabili in sede giudiziaria e bastevoli a richiedere un risarcimento del danno.

(3 Gennaio 2011)

avv. Roberto Amati

info@studiolegaleamati.it

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