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Psicocomunista

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(14 Novembre 2010) Enzo Apicella

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    Il senso dell'impotenza

    (21 Febbraio 2008)

    E' triste toccare con mano la realtà misera, risultante, delsettarismo piccolo borgnese dei gruppi della sinistra comunista.

    Questi gruppi che per anni hanno convissuto all'interno del PRC, e che insieme rappresentavano la maggioranza militante all'interno di quelpartito, adesso che finalmente si era presentata la possibilità di mettere a frutto l'esperienza militante accumulata per anni, per bocca dei"Capi" ci dicono, invece, di concorrere al prossimo appuntamento elettorale in ordine sparso, alla stessa stregua di un pulviscolo informe. Ancora una volta si perde l'attimo che può condurre alla nascita di un partito comunista finalmente rifondato. Ai lavoratori non servono conventicole elitarie che propinano sermoni ne scimmie urlatrici che si contendono un territorio recintato costruendo altri, piu piccoli, recinti.

    Ai lavoratori serve un partito ed un programma rivoluzionario con cui sostenere ogni singolo militante comunista e a cui ogni singolo militante da il suo contributo insostituibile. Ciò che serve ai lavoratori è un partito dei lavoratori per i lavoratori, ovvero un Partito Comunista.

    Credo che questa fase che stiamo vivendo doveva e poteva rappresentare il punto di partenza di un nuovo e pur tuttavia cosi vecchio partito comunista in Italia, cioè il Partito Comunista, finalmemte, Rifondato. Credo che in questa fase si avevano buone possibilità di fondare il partito dei lavoratori per i lavoratori che potesse concorrere alla prossima campagna elettorale sotto un unico simbolo, cioè la falce ed il martello.

    Il partito che si doveva fondare poteva raccogliere i militanti e gli attuali dirigenti delle aree che vanno dall'Ernesto e che passano attraverso Sinistra Critica, Falce e Martello, Coordinamento per l'Unità dei Comunisti, Partito Comunista dei Lavoratori e Partito d'Alternativa Comunista.

    Il partito di cui c'è bisogno è quel partito che esca fuori dalla logica di frazione per farci apprezzare la ricchezza della logica di tendenza, per farci apprezzare il valore del centralismo democratico, su cui ogni partito comunista dovrebbe fondarsi. C'è bisogno d'un partito che della società socialista ne fa un fine irrinunciabile, e della dialettica interna un mezzo per raggiungere quel fine. C'è bisogno d'un partito che in questa società si colloca all'opposizione di qualunque governo che comprenda rappresentanti della classe dominante ( Borghesia). C'è bisogno d'un partito che dia un programma, un'organizzazione, una strategia, una direzione, un esempio, una possibilità e una forma di lotta alla voglia di emancipazione dei lavoratori italiani. Il partito di cui c'è bisogno e quel partito che partendo dai bisogni immediati della classe che intende rappresentare (lavoratori e ceti popolari) elabori una teoria ed applichi una pratica che nell'emancipare la classe dai bisogni immediati allo stesso tempo la unifichi negli intendimenti permanenti della classe stessa, ovvero la conquista del potere politico da parte dei lavoratori per i lavoratori.

    Mi rendo conto che qualche pulsione proprietaria possa prendere il sopravvento sugli interessi permanenti della classe operaia, ma questa pulsione non si deve trasformare in settarismo. L'istinto piccolo borghese di volersi conservare a tutti i costi dirigenti non è negl'interessi permanenti della classe operaia.

    Voglio ricordare che le Aree su dette hanno convissuto in RC per 15 anni e hanno uttenuto un risultato apprezzabile in termini di attività politica e di militanza.

    Voglio ricordare che se le suddette aree si presentassero alle elezioni sotto un unico simbolo avrebbero già una rappresentanza parlamentare di 2 Deputati e di 2 Senatori ( Sin Crit e L'Ernesto).

    Io, già dal congresso del 2005 ho fatto una proposta che il mio circolo ha fatto sua e cioè che le aree che si riconoscevano nei doc. 2,3,4, e 5 dovevano fare un blocco per arginare la deriva upportunista bertinottiana che stava prendendo il sopravvento nel partito, giungendo a dire che le aree che nella loro prospettiva avevano ancora il comunismo dovevano giungere all'espulsione dei bertinottiani dal partito della rifondazione comunista, per poter continuare sula strada della rifondazione anzi, senza quell'area e quella che inseguito si è dimostrata al pari opportunista (Essere Cumunisti), il partito si poteva già definire rifondato. Adesso più che mai bisogna dimostrare che i Comunisti in Italia ci sono e non si chiamano ne Bertinotti ne Diliberto ma lavoratrici e lavoratori che in nome del socialismo costruiscono un partito che si chiama comunista e che anche in questo caso si presenta alle elezioni, per ora borghesi, cercando di ottenere il massimo risultato possibile per la causa rivoluzionaria dei Comunisti e dei lavoratori.

    Con saluti comunisti

    Carmelo Delpopolo Campione

    Fonte

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    Commenti (2)

    Ma i dirigenti?

    Voi de'"il pane e le rose" avete certamente più vocalizzazione dei singoli militanti.
    Perché non provate ad organizzare e diffondere un invito alla militanza del PdAC, PCdL, Coordinamento dei Comunisti, l'Ernesto, Sinistra Critica e quant'altro di riunursi qui piuttosto che altrove per poter scrivere una lettera ai dirigenti di partiti/movimenti suddetti?
    Ma i dirigenti lo sanno che i militanti vogliono questa benedetta unione?
    Ma i dirigenti sono veramente interessati alla situazione della classe lavoratrice?

    (24 Febbraio 2008)

    Ernesto Pozzoni

    NE' ODORE NE' PROFUMO

    Leggendo sul sito questo ed altri interventi sulla deriva che coinvolge tanti militanti comunisti mi viene da dire che non si respira nè odore di pane nè profumo di rose, ma l'aria è pervasa da una densa nuvola pulviscolare prodotta dalle cadenti macerie dell'idea stessa di comunismo.
    Già prima del crollo del muro di Berlino erano comparsi i primi segni di un lento declino dei principi che riconoscevano il lavoro e la socialità valori fondanti di una società democratica. La marcia dei qurantamila alla Fiat , l'abiura da parte di Lama della concezione secondo cui il lavoro è una variabile indipendente del processo di produzione, la sconfitta al referendum sulla scala mobile costituivano tutti segnali di un mutamento profondo che stava intaccando la coscienza comune e il sentire diffuso.
    La fine del sessantottismo e il fallimento del tentativo di rivoluzione operato negli anni settanta aprivano la strada all'affermazione dei principi su cui si fonda il liberismo: individualismo spinto, smarrimento della solidarietà e della cooperazione, competizione esasperata in economia e nella società.
    Il traghettamento è stato operato in Italia da quelli che potrebbero definirsi parricidi fondamentalisti, quelli che hanno buttato via il bambino e l'acqua sporca: PDS>DS>PD. Oggi siamo all'approdo finale di tale passaggio. Il rifiuto di Veltroni di contaminarsi con i rappresentanti di una idea, anche minimale, di socialità sta lì a dirci che per lui la storia è finita, il percorso umano è giunto al capolinea invalicabile del liberismo.
    In questa situazione gravosa, CHE FARE?
    Che fare quando la borghesia si organizza per espellere dalle "sue" istituzioni, a partire dal parlamento chi. anche timidamente, mette in discussione la sua egemonia? O sfugge che l'obiettivo primario del PD e del PDL sia esattamente questo?
    Credo che il tentativo di raccogliere in fretta e furia quanto resta di antisitema, con tutte le contraddizioni e i limiti che un'operazione prevalentemente elettorale comporta, sia da valorizzare e cogliere come un'opportunità, più che come una tragedia. Per questo sento il bisogno di accantonare le remore e le riserve che pure restano e contribuire perchè in parlamento sia presente una pur flebile voce che dia fiato alle attese e alle speranze del lavoro e dei ceti sociali più deboli. Per questo avverto la necessità di sostenere SinistrArcobaleno.
    D'altronde cosa offre la così detta sinistra alternativa? Mugugni, imprecazioni, invettive, recriminazioni, settarismi, frazionismi. Un infantilismo individualista incapace di mettere da parte il proprio io borhese per mettersi a disposizione di una causa comune che interessa ancora, anzi forse più di ieri, milioni di persone. Come dice anche Franco Astengo è pù di anno che è stata avanzata la necessità di un raccordo fra le schegge comuniste. La risposta è stata un permanente stato di guerriglia fra impotenti che ha contibuito ad accentuare la diaspora e il riflusso, fino al rifiuto del voto, di migliaia e migliaia di persone che non si sentono rappresentati dai partiti concorrenti nelle imminenti elezioni. Esattamente quello che cerca di ottenere la borghesia.
    Complimenti ai rivoluzioanri che fanno il gioco degli avversari dei lavoratori. In buona fede?

    (2 Marzo 2008)

    vincenzo lombardo

    vinlom-2@libero.it

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