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(Il saccheggio del territorio)

Colorno (Parma): continua l'occupazione del centro psichiatrico 1° maggio

contro la privatizzazione e lo smantellamento della struttura pubblica

(18 Dicembre 2002)

1 MAGGIO OCCUPATO

Lettera ai lavoratori

Da qualche settimana è in corso l’occupazione della comunità psichiatrica 1° Maggio al fine di impedire il trasferimento dei pazienti residenti alla casa di riposo S. Mauro Abate.
Le accuse – portate dalla direzione dell’AUSL e da tutto l’apparato locale della sinistra istituzionale – che tale azione si ponga a difesa di un manicomio e più in generale della “cultura manicomiale” non fanno che mistificare e nascondere la realtà.
Si tace, ad esempio, che al progetto di trasferimento si oppongono la quasi totalità dei residenti, dei loro familiari e dei lavoratori interni alla struttura e non per la semplice “paura di fronte cambiamenti” – come sostiene l’AUSL – bensì per la certezza che mediante tale operazione ci sarà un drastico peggioramento delle condizioni di vita tanto dei residenti quanto dei lavoratori.
La chiusura del 1° Maggio – tutt’altro che temporanea come si può vedere dal Piano Regolatore Generale – si inserisce nel progetto più complessivo di economizzazione statale in materia di assistenza e sanità pubblica mediante privatizzazione/esternalizzazione dei servizi e trova localmente la sua applicazione nella delibera 713.

Su queste tematiche, il dibattito è stato spesso ridotto alla contrapposizione tra sostenitori del privato e difensori del pubblico, fra liberisti e statalisti.
Ma c’è anche chi ha pensato di poter fare di necessità virtù, proponendo il modello del privato-sociale, del sociale che si fa impresa.
Inutile dire che questa “terza via” è sostenuta da tutto il mondo delle cooperative sociali che in Emilia Romagna, come pure in Toscana, sono in larga maggioranza gestite dalla sinistra istituzionale – sindacati compresi – e dal mondo cattolico.
Questa scelta si colloca a metà strada tra pubblico e privato poiché associa ad una gestione privatistica dei servizi il ricorso ai finanziamenti statali, regionali, europei (pubblici) oltre all ’accettazione del principio aziendale, in primis, quello della competitività.
Con ciò si crede anche alla favola della competitività che crea maggiore qualità ma è sotto gli occhi di tutti, invece, che la concorrenza si fonda soprattutto sul ribasso dei costi dal momento che se lo Stato si libera di alcune funzioni lo fa essenzialmente per diminuire la spesa sociale ed il primo costo ad essere intaccato è quello del lavoro.
Dal punto di vista lavorativo, infatti, le cooperative sociali rappresentano un peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori.
I meccanismi di deregolamentazione e di precarizzazione attuati per ribassare il costo del servizio si traducono nell’aumento smisurato della ricattabilità e dunque nell’abbassamento dei salari e nell’intensificazione dei ritmi lavorativi e della flessibilità in generale.
Da una parte si diminuiscono i costi mediante riduzione del personale e abbassamento delle qualifiche richieste, dall’altra si richiede/pretende lavoro straordinario e una maggiore flessibilità dai pochi rimasti.
In queste condizioni, la qualità del servizio non può che precipitare, al di là della buona volontà e degli sforzi dei lavoratori.

Le motivazioni ideologiche che vengono portate a sostegno del privato-sociale coincidono con una visione critica della società molto superficiale: si critica il servizio pubblico ma senza metterne in discussione la logica aziendale-mercantile riprodotta nelle cooperative ed anzi in esse accentuata dal carattere mistificante del “lavorare senza un padrone”.
Detto questo, non vogliamo certo ergerci a strenui difensori del Pubblico poiché oltre a non avere mai rappresentato una risposta agli interessi proletari è servito e serve tuttora soprattutto come strumento di controllo e repressione di quegli stessi interessi (carceri, manicomi, istituti psichiatrici giudiziari).
La profonda crisi economica in atto tende a ridurre drasticamente le spese ritenute improduttive da un punto di vista capitalistico e ad aumentare la produttività del lavoro in generale mediante precarizzazione, aumento dei ritmi, flessibilità.
Di fronte a questo attacco generale alle condizioni di vita del proletariato occorre costruire e sviluppare dibattito, relazioni, organizzazione fra lavoratori per non trovarci di fronte all’esplosione dei conflitti (vedi FIAT) completamente isolati e in balia degli interessi politici ed economici delle centrali sindacali coinvolte e in alcuni casi artefici di questi processi di precarizzazione sociale (il lavoro interinale è stato avvallato e gestito dai sindacati).
A tal fine vogliamo contribuire proponendo a tutti i lavoratori e alle lavoratrici dei servizi sociali, della sanità e delle cooperative sociali di incontrarci in un’assemblea a partire dalle tematiche espresse in questo volantino.
L’unica possibilità per far pagare la crisi ai padroni, è contrastare i processi di precarizzazione-annientamento, è organizzarsi autonomamente.

La delibera 713

La delibera 713, in estrema e precisa sintesi, si propone di chiudere tutti i servizi residenziali psichiatrici territoriali e di trasferire gli “ammalati” in appartamenti gestiti dalle cosiddette Cooperative Sociali e dopo 2 anni di riabilitazione, dichiararne guariti-riabilitati il 70%, mentre il restante 30% viene dichiarato guarito dopo un massimo di altri 2 anni.
Risultato: entro 4 anni il 100% degli ammalati, residente negli appartamenti, verrà espulso dalla sanità e affidato a quella che la delibera chiama “welfare municipale” e “welfare familiare”, cioè i malati vengono dichiarati guariti per via meramente burocratica e scaricati dalla sanità alla assistenza sociale e sulle famiglie.
In pratica ciò costituisce un risparmio nel bilancio dell’AUSL.
E visto che, come in tutti i processi di privatizzazione, non si tratta che di un freddo calcolo economico, nonostante ciò venga mistificato dalle pie parole dell’”uomo più buono d’ Italia”, Mario Tommasini, non possiamo che aspettarci una “riabilitazione” in appartamenti con turni soppressi, personale insufficiente e non qualificato dal punto di vista sanitario, aumento dei ritmi di lavoro e, conseguente abbassamento della qualità del servizio.
E questa non è fantascienza ma è la realtà in cui operano già da tempo le cooperative sociali: estrema precarietà e flessibilità, elevato tourn over, mancati riposi, ferie ridotte, somministrazione dei farmaci eseguita da personale non qualificato – perché costa meno di un infermiere.
E’ quindi non soltanto mistificante ma è soprattutto ipocrita l’accusa che viene rivolta agli occupanti del 1° Maggio di Colorno (vedi in particolare la lettera pubblicata sulla Gazzetta di Parma in data 03.12.02 a firma di Tradardi).Ci si accusa di “difendere interessi e convenienze di piccolissime cerchie di operatori psichiatrici” quando, invece, di certo c’è solo il fatto che a sostegno della 713 e dell’intero progetto di privatizzazione della sanità pubblica c’è tutto l’apparato economico-politico e imprenditoriale della sinistra istituzionale locale e del mondo cattolico (Lega delle Cooperative, CGIL, DS, Rifondazione, AUSL, IACP, ecc.).
E’ un fatto, ad esempio, che del progetto di ristrutturazione del 1° Maggio – destinata a scuola di cucina internazionale – sia incaricato l’architetto Pellegrino, fratello del Pellegrino psichiatra che lavora presso tale struttura; una fetta di torta di almeno 300 milioni.
Non meno ipocrita è il fatto poi che si dica che l’ occupazione del 1° Maggio rappresenti la difesa della cultura manicomiale rilanciata oggi con il disegno di legge 174.
Anzitutto c’è da precisare che rispetto al 1° Maggio sono state dette delle falsità poiché tale struttura non presenta sbarre alle finestre e i malati residenti possono uscire dalla struttura e andare in paese.
Detto questo, è chiaro che il 1° Maggio è una struttura psichiatrica e ne contiene tutte le contraddizioni: uso dei farmaci, privazione, sofferenza, lavoro alienato.
Lo stesso si può dire per S. Mauro Abate presso la casa di riposo, ossia la struttura dove andranno a finire gli attuali residenti del 1° Maggio secondo il progetto dell’AUSL.
Inoltre, un manicomio è tale non solo per la dimensione della struttura ma per la qualità del trattamento e delle relazioni che si esprimono.
Cosa è un appartamento che ospita 2 o al massimo 3 persone malate, curate da personale insufficiente e non qualificato? E allora, cari Tommasini & Co., un percorso realmente anti-psichiatrico e di liberazione dalla sofferenza fisica e mentale non può che coincidere con un percorso di resistenza e di lotta contro chi ci affama, ci sfrutta, ci costringe a vivere in spazi stretti e angusti, ci rincoglionisce con l’uso massivo di psicofarmaci somministrati fuori e dentro alle strutture di detenzione, siano esse carcerarie, psichiatriche o di permanenza temporanea.
Senza dimenticare che il consumo più alto di psicofarmaci avviene fra le mura domestiche nella "sana" vita quotidiana.
E dunque, cari amici, questo percorso di lotta è anzitutto contro di voi che attraverso precarietà, flessibilità, privatizzazione, carcerizzazione, mistificazione e repressione vi garantite da decenni in questa regione il privilegio di cogestire il potere e la ricchezza borghese in nome di un inesistente ”interesse generale”.

(da autprol, dicembre 2002)

per contatti tutti i giorni al 1 Maggio Occupato di Colorno Parma
e-mail 1maggiooccupato@virgilio.it

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