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Taranto

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(26 Ottobre 2012) Enzo Apicella
Una ricerca del ministero della Salute indica che a Taranto le morti per tumori sono nettamente al di sopra della media

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(Il saccheggio del territorio)

La Spezia: I n’è mae da péssi…

(11 Marzo 2008)

Questo non è un mare da pesci. Il nostro è un mare morto, sottoposto senza tregua, insieme a tutti noi, ad attacchi continui, a violenza e sfruttamento.
All’orizzonte si sta delineando l’ennesimo assalto da parte di chi cerca solo profitto per pochissimi, incurante degli inevitabili disastri in cui incorreranno moltissimi: il raddoppio del rigassificatore di Panigaglia.
Allo stato attuale le riserve di gas garantirebbero circa 50 anni di fornitura, sempre che il mondo mantenesse gli attuali livelli di consumo. Purtroppo questi valori sono in costante aumento, e gli arbitrari accordi internazionali riducono ulteriormente il periodo di tempo in cui potremmo usufruire di tale combustibile.
Un progetto che ci conduce verso una deriva abissale senza ritorno, che ci impedisce di ripensare e progettare il nostro futuro svincolati da questo modello di sviluppo.
Non esiste infatti nessuna garanzia che le necessarie quantità di gas utili al funzionamento dell’impianto, possano esservi convogliate durante tutto il ciclo di vita del rigassificatore. Il buon senso dovrebbe suggerire di evitare di costruire catafalchi rugginosi e usurabili che nel giro di pochi anni diverrebbero vetusti ed inutilizzabili, bensì di investire nello sviluppo delle vere fonti rinnovabili, e non in quelle che solo i faccendieri italiani chiamano assimilabili. Invece no, la lungimiranza di questa politica fa si che, in caso di produzione ridotta o addirittura nulla per la mancanza di metano, sarà lo Stato a rimborsare i gestori degli impianti.
I rigassificatori sono un affare solo per chi li costruisce e li deve poi gestire.
Proprio il 15 febbraio scorso il presidente dell’Eni, Roberto Poli, ha dichiarato al termine della presentazione del piano strategico fino al 2011, che l’emergenza gas si può considerare finita. Si interpreta così diversamente questa febbrile corsa alla costruzione di impianti in tutta Italia, considerando che i tempi di lavoro sono lunghissimi, nel caso dell’ampliamento di Panigaglia si ipotizzano minimo tre anni di fermo per i lavori.
A detta dell’Eni, il raddoppio non significa duplicazione dei serbatoi, dei pontili, delle infrastrutture, dei rischi, dell’impatto sull’aria e sull’acqua, bensì solo della capacità produttiva.
A San Poli, moltiplicatore di potenza e mega watt, novello Copperfield capace di far sparire silos e rischi di effetto domino in tutto il golfo, chiediamo di impiegare le sue doti per triplicare , ad esempio, la raccolta differenziata della nostra provincia, che langue tristemente da molto tempo al di sotto di un patetico 21%.
Il fondale del golfo, dal varco di ponente della diga foranea, fino al Fezzano, dovrà essere abbassato di quattro metri, per consentire l’accosto ai pontili delle mega-metaniere, capaci di stivare fino a 150mila metri cubi, più del doppio delle capacità delle gasiere che finora hanno servito l’impianto. Il dragaggio dei fondali comporterebbe lo spostamento di oltre due milioni di metri cubi di fondale marino, fanghi e sedimenti risultato di anni di attività industriali e illegali che hanno caratterizzato il nostro territorio, basti pensare al percolato proveniente dalle discariche di Pitelli. L’impianto di Panigaglia è ubicato in un’area densamente popolata, e nella quale si trovano numerosi impianti militari e depositi di carburante, inoltre nella rada della Spezia sostano saltuariamente sommergibili a propulsione nucleare, dotati di armamenti anch’essi di tipo nucleare, che potrebbero trovarsi in rotta di collisione con le super gasiere.
La popolazione non è stata informata, né tanto meno coinvolta nella redazione dei piani di emergenza, tuttora oscuri e concernenti solo un massimo scenario credibile di incidente, e non come dovrebbe essere “il peggior avvenimento”che potrebbe verificarsi. Chi come noi ha da sempre la fortuna di avere il futuro vicino a casa, deve fidarsi di statistiche e della buona fede di tecnici prezzolati.
Così è stato in passato con chi diceva che l’Enel non avrebbe provocato danni alla salute, che le discariche erano sicure, che l’inceneritore non emetteva sostanze cancerogene. Gli esperti assoldati che valutano al nostro posto, sono uguali in tutta Italia: recentemente la provincia di Rovigo ha stoppato i lavori per la costruzione del terminal gasiero, rendendo abusivi i lavori edilizi delle ditte che fanno riferimento al progetto della Edison e dei suoi esperti, che nel corso degli anni ha cambiato nome più volte, prima si chiamava SADE, e costruì la diga del Vajont, poi forti di cotanta esperienza, hanno cercato partner del loro calibro e li hanno individuati nella Montedison…
I paventati lavori di ammodernamento di cui necessiterebbe l’impianto, che casualmente coincidono con il suo raddoppio, dovrebbero terminare nel 2013, anno in cui sempre casualmente scadrebbe la concessione data a GNL Italia per poter operare nel seno di Pagliari. Diventa quindi poco credibile immaginare, a fronte di un investimento così cospicuo, il rispetto della convenzione da parte di Eni a lasciare Panigaglia.
I rigassificatori considerati obiettivi sensibili agli atti terroristici, giustificherebbero inoltre una ulteriore limitazione alla fruizione del mare e delle zone a terra, da parte dei cittadini che si vedrebbero interdetti all’accesso, alla navigazione, alla balneazione, di sempre maggiori porzioni di territorio, per motivi di sicurezza un bene pubblico come il mare si troverebbe a divenire privato e gestito da società.
Politici ed amministratori locali usano la carta del ricatto occupazionale, promettendo nuovi posti di lavoro, ma ormai è chiaro a tutti che ammodernamento fa rima con licenziamento, mano d'opera lasciata a casa e sostituita da efficiente tecnologia.
Se si sommano le potenzialità dei rigassificatori approvati e da approvare, con quelle dei gasdotti potenziati, si arriverebbe, intorno al 2010, ad un accumulo di gas di circa 150 miliardi di metri cubi, a cui vanno aggiunti quelli provenienti normalmente via gasdotto. Prevedendo un consumo di circa 90 miliardi di metri cubi, è evidente una sovraccapacità che svela il vero nocciolo della questione rigassificatori in Italia: le lobbies del settore, sostenute dai governi di destra e di sinistra, vogliono creare qui lo snodo europeo del gas, un supermegaserbatoione dove stivare e conservare riserve di combustibile, non da utilizzare in base ai fabbisogni, per le cosiddette “emergenze”, bensì da rivendere al momento giusto, quando i prezzi saranno più alti e la richiesta maggiore, a causa del mancato sviluppo di vere alternative al petrolio ed a tutte le fonti esauribili. Ecco così che la falsa emergenza gas si trasforma nel vero allarme che il profitto di affaristi e multinazionali ha per se stesso: riciclarsi, riprodursi, riaffermarsi.

Paventando scenari catastrofici di freddo, gelo e fame ci viene imposto di accettare soluzioni meno peggio, ad esempio off-shore, al largo dalla costa, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. In alto mare invece è la politica energetica di questo paese, che confonde le soluzioni con i problemi, capace di trasformare ciò che è facile ed attuabile da subito, in complicate utopie irrealizzabili.
Chi accetta il paraocchi per non vedere e cercare così di illudersi di sopravvivere al delirio di progetti mortali, senza via d’uscita, ricordi che del corredo fanno parte il morso e la sferza.
La sferza è quella che ci impedisce di scegliere, censurando iniziativa e creatività, invischiandoci in scenari obbligati.
Il morso è quello che ci prenderà allo stomaco, tutte le volte che ci renderemo conto che ormai è troppo tardi e che avremmo potuto fare qualcosa.

6 marzo 2008

Assemblea contro le nocività-RDA May Day

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