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(20 Agosto 2013) Enzo Apciella

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(L'unico straniero è il capitalismo)

Mercimonio e paura

(18 Giugno 2008)

In questi anni, sono nate, cresciute e decedute ( per la verità, poche/i ) associazioni, cooperative, istituzioni, enti, istituti, organismi, consorzi, finalizzate/i all’assistenza, alla protezione, allo studio, al sostegno, al soccorso, alla cura degli immigrati e delle loro famiglie. Miliardi di lire prima e milioni di euro poi, investiti in azioni meritorie, ma anche in inutili, opportunistici ed inefficaci ( spesso illiberali e predatori ) “interventi”. Fondi sociali europei, di enti nazionali e locali, insomma denaro pubblico, non sempre adeguatamente investito, se non addirittura colpevolmente sperperato. Convegni, studi socio-economici, tavole rotonde, statistiche, ricerche psico-sociali, monitoraggi, moltiplicazione di siti web ed agenzie di transazione denaro. Finalmente, sappiamo cosa significhi << investire sull’immigrazione >>. Ma la realtà è diversa: le migrazioni-flussi di merci , sono sempre più reputate un pericolo da dover contrastare con qualsiasi mezzo, mentre, la merce-immigrato, è rimasta tale, anzi, più deteriorata grazie ai nuovi assetti economici globali. Per non parlare dei lucrosi vantaggi dovuti al perpetuarsi dello status d’irregolare, in un mercato del lavoro, che esige la garanzia della precarietà, della flessibilità e del ricatto, affinché possa disporre di manodopera a basso costo e a termine.

Riteniamo comunque, che dissertare esclusivamente su ipotesi inerenti sanatorie, regolarizzazioni o attivazioni di decreti flussi, rimanga pura retorica se ciò proceda disgiunto dal perseguire altre strade, che non devono percorrere la solita contingente emergenzialità, ma devono condurre ad un rovesciamento dei rapporti di forza, ad una reale comprensione di un “fenomeno” strutturale, allo sradicamento dell’attuale mercato del lavoro ed alla soppressione di una cultura fobica nei confronti del “diverso”. Temiamo, però, che molti, per diversi motivi, ritengano dover mantenere tale status-quo: l’auto-organizzazione del migrante fa paura, perché fa perdere potere ed implicherebbe un nuovo assetto sociale, che influenzerebbe diversi processi ( economici, sociali, giuridici, culturali ), dagli esiti non scontati.

I falsi e strumentali dibattiti sulla “sicurezza” hanno prodotto alterazioni mentali nell’opinione pubblica, sempre più abulica, che preferisce farsi fregare, obnubilandosi in una pseudo-terapia, rappresentata da moderni totem: prigioni amministrative, sindaci giustizieri, rambo improvvisati, leggi inique, militarizzazioni delle città. E dietro questo, soprintende il mercato, che ne ricava ottimi guadagni, al contrario di chi ottiene solo il libero sfogo delle sue rabbie e paure.

Intanto, le città puntano ad essere modelli di attrazione per interessi economico-finanziari, mentre lo stato di degrado ambientale persiste nelle periferie, sempre più private da infrastrutture adeguate, a cominciare dall’edilizia popolare. In tale contesto, ogni campagna securitaria e sgombro di campi rom nasconde ben altra valenza: brame fondiarie e progetti immobiliari.

Città abitate da cittadini con la doppia morale di chi si sente padrone privilegiato, che usa l’ectoplasma-clandestino, per pulire cessi, assistere anziani e malati, edificare, riparare, servire e cucinare. Clandestini sì, perché ci piace immaginarli come dei nuovi resistenti. Ma considerati anche merci, reificanti sé stesse. Merci, con elevato valore d’uso. Merci, che spesso non arrivano a destinazione, perché ingoiate dal mare.

Con l’immigrazione, il capitale, ritrova il suo antico splendore, riportandoci agli albori del “secolo breve”: liberalizzazione dell’orario di lavoro, l’uso del caporalato, il semi-schiavismo, la guerra tra poveri, i ricatti e la mancanza di sicurezza ( quella reale! ) nei posti di lavoro, i vantaggi di “de localizzare in imprese non de localizzabili” ( alberghi, ristoranti, cantieri… ) Anni di lotte e conquiste, seppellite dalle complicità di una classe politica subordinata al capitale ed alla finanza e da “opposizioni” autoreferenziali, interessate più ai loro privilegi, piuttosto che a depotenziare i nuovi modelli produttivi del mercato liberista.

Bulimia del potere, ecco a cosa abbiamo assistito negli ultimi anni, e poi si meravigliano se le “masse”, i lavoratori, i possessori di un “quoziente medio d’intelligenza”, gli voltano le spalle. Così come gli stessi immigrati, che hanno compreso cosa rappresenti l’italica “razza politica”.

Noi, riteniamo sia giunto il tempo, per l’immigrato, di ripensarsi come soggetto di classe, appartenente ad una classe, onde emergere dalle sabbie mobili del contesto “comunitarista”, limitato nei contenuti e negli obiettivi, e conquistare, attraverso l’auto-organizzazione, quei diritti di cittadinanza che gli spettano, ma sempre con lo sguardo rivolto al contesto sociale in cui vive.

Le parole di un “clandestino” africano in Francia:”scioperando e partecipando alle assemblee, sappiamo ciò che rischiamo. Ogni sans papier che esce dall’ombra si espone…ma sono anni mche usciamo con la paura di essere arrestati e rimpatriati. Allora, tanto vale la pena lottare.”

immigratiroma rdbcub

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