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La Fiom e la Fiat

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(29 Dicembre 2010) Enzo Apicella
La Cgil attacca la Fiom per essersi opposta al ricatto di Marchionne

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FIAT: il piano Marchionne, il collaborazionismo politico-sindacale, la necessaria Autonomia Operaia

Sergio Marchionne fissa il suo piano quinquennale per il periodo 2010-2014 e fissa condizioni di lacrime e sudore per gli operai

(23 Aprile 2010)

La parola d'ordine è "flessibilità", in caso contrario il padronato dell'azienda italiana che ha incamerato la maggiore quantità di incentivi economici dallo Stato si riserva di "portare la baracca altrove". Sindacati e politica inutili, serve l'Autonomia Operaia

Ce n'è da scrivere per un decennio intero, poco ma sicuro. Sergio Marchionne fissa il suo piano quinquennale per il periodo 2010-2014 riguardante la FIAT-CHRYSLER in 5 miliardi di euro di utili da fatturare, con investimenti internazionali dell'ammontare di ulteriori 30 miliardi. Cifre da capogiro per l'Amministratore Delegato FIAT, che non si limita alla pianificazione industriale ma propone un ulteriore piano neo-corporativistico a carico della classe operaia fatto di lacrime e sudore. La parola d'ordine scaturita maggiormente è "flessibilità", in caso contrario, va virgolettato, il padronato dell'azienda italiana che ha incamerato la maggiore quantità di incentivi economici dallo Stato si riserva di "portare la baracca altrove".

Il proletariato dipendente FIAT sapeva già cosa sarebbe ulteriormente toccato dopo le dimissioni di Luca Cordero di Montezemolo, arrivate ieri pomeriggio al termine del suo mandato "di traghettatore della nuova era FIAT", cominicata nel 2004. Con l'avvio "ufficiale" della crisi nell'autunno del 2008 la classe operaia FIAT, da Mirafiori a Termini Imerese, ha continuato a ricevere unicamente calci nel sedere a causa del susseguirsi degli annunci di blocchi di produzione, delocalizzazioni, cassa integrazione a rotazione ed altre amenità padronali. Ora piovono le altrettanto pesanti parole di Marchionne, che snocciola dati sui nuovi modelli e sulle nuove vetture da assemblare ma salta abilmente ed arrogantemente il capitolo occupazione, parlando testualmente di "flessibilità" e richiamandosi ad un'auspicata "disponiblità dei sindacati".

Un colpo al proletariato, ed uno al governo. Nel buon vecchio stile fordista e corporativista, Marchionne scaglia un dardo anche contro l'esecutivo, sottolineando come il nostro Paese attui "politiche meno competitive rispetto ad altri Paesi, riducendo l'attrattiva degli investimenti dall'estero verso l'Italia". Sostanzialmente, un esplicito richiamo ad ulteriori incentivi verso la nostrana multinazionale dell'auto. Il tutto condito dall'approvazione, silente ma non troppo, dei confederali di FIM e UILM, che hanno incontrato l'A.D. FIAT nel tardo pomeriggio insieme alle altre sigle sindacali di categoria.

Un aut-aut che ha quindi sbalordito i sindacati padronali, soggiogati e sottomessi dalla regola del "prendere o lasciare" imposta dal padronato FIAT nelle sei ore di relazione ad analisti e giornalisti presenti. Solo la FIOM, tra i confederali, ha portato avanti la proposta della riduzione dei turni da 18 a 17 ed un referendum che lasci la scelta alle maestranze direttamente coinvolte; mossa un po' tardiva ed ai limiti dell'ipocrisia, se si considerano anni di isolamento nei confronti dei sindacati autonomi e critici come lo SLAI-COBAS o la FLMU-CUB nonchè la sostanziale immobilità conflittuale dell'organizzazione di Cremaschi e Rinaldini. Senza peraltro farsi mancare il ridicolo e collaborazionista commento di fine serata, quando la FIOM dichiara: "È un piano innovativo e riprende la nostra richiesta di aumento della produttività in Italia".

Evidentemente, l'affaire Termini Imerese non è più nelle priorità dell'agenda filistea della FIOM, la quale preferisce "preoccuparsi della situazione dello stabilimento siciliano, lasciando però carta bianca alle lavoratrici ed ai lavoratori per decidere". Ovvero, che sia la guerra dei poveri a determinare chi continuerà a portare a casa un salario e chi resterà a piedi. Fortunatamente, l'idea di un vero sindacato di classe esterno alla politica prende sempre più piede tra la collettività proletaria degli stabilimenti del Lingotto, come dimostrano i volantini distributi a Melfi ed a Pomigliano D'Arco. Roberto Mastrosimone, FIOM di Termini Imerese, arriva ad auspicare "una veloce fuoriuscita della FIAT dal sito produttivo, nella speranza che altre case automobilistiche si interessino all'area con l'arrivo di nuove produzioni". Quantomeno incauto, e comunque fuori tema. Le maestranze chiedono la loro legittima continuità lavorativa, senza pause di sorta di passaggi di consegne da un padronato all'altro.

Tornando ai meri piani aziendali, Marchionne propone nel medio periodo lo scorporo del settore automobilistico, che sarà indipendente dal resto della produzione (i mezzi pesanti IVECO e quelli agricoli CNH, senza contare le compartecipazioni aziendali nell'industria bellica come la AERMACCHI attraverso le finanziare controllate come IFIL). Conferma che resterà in sella a FIAT "almeno fino al 2014", se non altro per il formale impegno con gli Stati Uniti che lo vincola a restituire i prestiti erogati alla controllata CHRYSLER. Cita, quasi sottovoce, il mancato traguardo della vendita di 600.000 vetture a marchio LANCIA ed ALFA-ROMEO, fermatesi ad un terzo del target previsto ovvero poco al di sotto delle 200.000 unità.

Poi riparte a fanfare spiegate, annunciando 26 miliardi di investimenti globali più ulteriori 4 da destinare all'innovazione del prodotto, di cui "due terzi da veicolare nel nostro Paese", per un ammontare previsto di 93 miliardi di euro di utili; annuncia una cinquantina di nuove produzioni a marchio ALFA-ROMEO, settore medio-alto del gruppo, probabilmente da rilanciare in concomitanza con il compimento dei 100 anni il prossimo giugno 2010. E se il concetto dell'italianità della FIAT viene ribadito più volte, è proprio per mascherare almeno superficialmente il fatto che i nuovi sbocchi per il mercato a quattro ruote non passa dal Vecchio Continente quanto dalle nuove frontiere dell'ultra-liberismo post-fordista, ovvero Cina, Sudamerica (con un occhio particolare al Brasile, dove FIAT è ampiamente presente ormai da decenni) ed Est Europa, in particolare l'ex-Unione Sovietica ed i Balcani.

Dove la FIAT si è già fatta largamente sentire, grazie all'acquisizione della ZASTAVA serba, cogliendo al balzo la palla del neo-colonialismo imperialista ed economico italiano che ha avuto il via libera con la criminale, attiva partecipazione alla devastazione della Serbia e del Kosovo a metà degli anni '90.

Marchionne ha così molta carta bianca a disposizione, dormendo sonni tranquilli tra il lassismo collaborazionista dei sindacati italiani e l'ennesima pioggia di finanziamenti dall'Italia e dall'estero per il trilionesimo rilancio di un'azienda capace di assorbire in poco più di vent'anni qualcosa come l'equivalente di 30 miliardi di euro dai contribuenti italiani, operai compresi. A tal proposito, lo SLAI-COBAS si è già mosso presentando un esposto alla Procura della Repubblica di Torino per "gli ingenti finanziamenti pubblici diretti, indiretti ed indotti e quantificabili in diverse decine di miliardi di euro usati impropriamente dalla casa Torinese per licenziare e tagliare gli organici, chiudere e ridimensionare le fabbriche in Italia per delocalizzare le produzioni all’estero. La denuncia, sempre a mezzo fax, è stata inoltre inviata, per quanto di competenza, anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dello Sviluppo Economico e a quello del Lavoro.".
Agli operai, esclusa la magistratura braccio armato del padrone e la pericolosa arroganza di Marchionne e cosi, non resta altro che la lotta nelle fabbriche e nelle piazze unitamente all'emancipazione totale da sindacati e partiti di ogni genere e tipo. È noto e stranoto infatti che ogni componente politica abbia mangiato sulla vicenda FIAT, senza che nessuno proponesse anche indirettamente la nazionalizzazione di un'azienda che ha assorbito negli anni capitali sufficienti all'eleaborazione di più di una Finanziaria di governo. E solo un Partito Operaio, coincidente con un sindacato di classe ed auto-organizzato, può combattere il ciarpame collaborazionista e distruttivo delle attuali, sedicenti "rappresentanze".

PER LA LOTTA CONTINUA - PAVIA

Mattia Laconca

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