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Fiat. E adesso tutti in Serbia!

(23 Luglio 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.dirittidistorti.it

Venerdì 23 Luglio 2010 07:16
Anche Sacconi corre ai ripari e finalmente annuncia “credo che si debba quanto prima riaprire un tavolo tra le parti per discutere l'insieme del progetto Fabbrica Italia, cioè quel progetto che vuole realizzare investimenti nel nostro Paese se accompagnati da una piena autorizzazione degli impianti secondo il modello già concordato a Pomigliano”...

Anche la Lega non ci sta e per Calderoli “l'ipotesi ventilata da Marchionne non sta né in cielo né in terra. Se si tratta di una battuta, magari fatta per portare a più miti consigli i sindacati, sappia che comunque non fa ridere nessuno, diversamente sappia che troveranno da parte nostra una straordinaria opposizione. Non si può pensare di sedersi a tavola, mangiare con gli incentivi per l'auto e gli aiuti dello Stato e poi alzarsi e andarsene senza nemmeno aver pagato il conto” E sì, Marchionne ha fatto arrabbiare tutti, e dopo aver fatto accettare un accordo anticostituzionale a Pomigliano, ha annunciato che, comunque, si va a produrre in Serbia, alla faccia di tutti quei sindacati che avevano chiesto ai loro lavoratori di piegare la testa, accettare ogni condizione, dimenticare leggi e diritti perché solo così si sarebbe continuato a lavorare. Certo, Pomigliano non c’entra, e soprattutto non c’entrano i lavoratori di Pomigliano con la decisione della Fiat di portare la produzione della nuova monovolume in Serbia anziché a Mirafiori, c’entra però l’idea che il “modello” Pomigliano si poteva accettare, salvava il salvabile, invece no! Per Maurizio Mascoli, segretario generale Fiom Campania: “la strategia della Fiat è quella di contrapporre gli stabilimenti, gli operai e gli stessi Paesi, in una logica da multinazionale che non ha nulla a che vedere con l'appartenenza originaria alla Fiat italiana. La decisione dell'investimento in Serbia conferma il fatto che a differenza di quanto sostenuto da più parti, compreso il ministro Sacconi, non è vero che l'azienda riporta in Italia le produzioni. Ma credo che su Pomigliano l'azienda non possa tornare indietro”.
A Mirafiori, dove è stato licenziato Pino Capozzi, c’è rabbia e preoccupazione, da parte di alcuni anche rassegnazione. “E' inutile protestare”, dice Marco da 24 anni in azienda, “a Rivalta volevano chiudere e lo hanno fatto, nonostante le nostre lotte. Non c'è niente da fare".
L'annuncio di Marchionne, spiega Federico Bellono, leader della Fiom torinese, “mette in discussione il piano che ci è stato presentato in aprile". Gran parte dei modelli in produzione a Torino ormai sono a fine ciclo, “resiste la Mito e la L0 doveva essere l'alternativa. Di sicuro c'è bisogno di un chiarimento da parte dell'azienda sulla situazione torinese", spiega Bellono. La Serbia "avrà promesso a Marchionne ponti d'oro, tutto lí, tra finanziamenti legati alla ricostruzione post bellica e un costo del lavoro inferiore persino agli standard polacchi. Lascia perplessi il fatto che si enfatizzi il risultato del referendum di Pomigliano per giustificare la prosecuzione dell'investimento, per poi sulla base dello stesso risultato mettere in dubbio quello torinese".

A.V.

23-7-10

www.dirittidistorti.it

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