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(4 Gennaio 2011) Enzo Apicella
Dopo Pomigliano anche a Mirafiori il ricatto di Marchionne: o lavorare schiavi o non lavorare più

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Preparare l’occupazione degli stabilimenti fiat, a difesa del lavoro.

(23 Luglio 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.pclavoratori.it



(23 Luglio 2010)

La Fiat ha aperto la guerra al movimento operaio italiano. Deve trovare pane per i suoi denti. Non contenta di chiudere Termini Imerese, di liquidare i diritti costituzionali degli operai di Pomigliano, di riesumare i licenziamenti politici e la rappresaglia, la “borghesia buona”minaccia di fatto lo smantellamento di Mirafiori per inseguire i salari serbi da 400 euro e le regalie fiscali di Belgrado. Sergio Marchionne, fustigatore “morale” del fantomatico “assistenzialismo improduttivo” di Pomigliano, rincorre come sempre l’assistenza dello Stato, alla ricerca del miglior offerente: in Italia, in Usa, in Serbia. Le ricchezze della Fiat si appoggiano sul supersfruttamento degli operai e sulle risorse pubbliche, pagate dai lavoratori di mezzo mondo. Mentre crescono i dividendi per gli azionisti. E’ la misura del parassitismo del capitalismo.

Proponiamo a tutte le sinistre politiche e sindacali di preparare una risposta all’altezza della sfida. Non contestiamo investimenti esteri, perché non partecipiamo alla guerra tra lavoratori italiani, serbi, americani, ad esclusivo vantaggio della Fiat. Semplicemente diciamo che nessun posto di lavoro Fiat va toccato: né in Italia, né in Serbia, né negli Usa; che è necessaria la ricerca di un unità di lotta tra i lavoratori Fiat dei diversi stabilimenti e dei diversi paesi, come richiesto da operai polacchi di Tichy, per definire una piattaforma comune; che il lavoro che c’è nell’industria automobilistica va ripartito tra tutti, con la riduzione dell’orario a parità di paga; che a parità di lavoro deve corrispondere parità di salario in tutti gli stabilimenti Fiat, al livello più alto.

L’occupazione operaia degli stabilimenti Fiat, in Italia, è la forma di lotta necessaria a sostegno di questa prospettiva di svolta. Non è più tempo delle chiacchere o di iniziative rituali. Come ha dichiarato Callieri, ex dirigente del Lingotto, “a volte serve la mano pesante”. Ha ragione. Alla mano pesante della Fiat va contrapposta la mano pesante dei lavoratori. Il risultato del No a Pomigliano, la ripresa di lotta operaia in queste settimane negli stabilimenti Fiat dimostrano dopo tanto tempo l’affacciarsi di una nuova generazione e di nuove energie. I timori di Marcegaglia per “i rischi di conflitto”, le preoccupazioni di Sacconi per il clima sociale, le paure di Bonanni e del PD, sono la misura delle potenzialità di un’esplosione sociale alla Fiat, e di una più generale ribellione operaia. Il prossimo autunno può riservare brutte sorprese al padronato italiano. Il PCL lavorerà in questo senso con tutte le proprie forze. Con la consapevolezza che solo una rivolta operaia può aprire la via ad un alternativa di classe al berlusconismo in crisi.

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MARCO FERRANDO

info@pclavoratori.it

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2012