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Giù le mani dallo Statuto dei Lavoratori

(19 Novembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.dirittidistorti.it

Scritto da DirittiDistorti
Venerdì 19 Novembre 2010 00:00
Di Stefano Giusti - Per completare il quadro della sistematica distruzione del sistema di diritti, portata avanti da questo governo, l’atto finale non poteva che colpire lo Statuto dei Lavoratori che proprio quest’anno compie 40 anni. Il Ministro Sacconi nei giorni scorsi ha presentato un Disegno di Legge che delega il governo a emanare entro 12 mesi dall’approvazione dello stesso DDL uno o più decreti legislativi per arrivare a quello che viene fumosamente definito un nuovo “testo unico della normativa”. Considerando che questo governo ha o almeno (ci si augura) dovrebbe avere i giorni contati, c’è la possibilità di bloccare questo scempio, ma deve restare alta l’attenzione contro l’ennesimo tentativo di fare una sorta di pulizia etnica per liberarsi di ogni resistenza sociale e delle ultime tracce dei diritti dei lavoratori. L’idea portante presente in questo progetto è ravvisabile già nella trasformazione con cui Sacconi vuole rinominare lo Statuto dei Lavoratori in Statuto dei Lavori. Non si tratta di una differenza semantica di poco conto, perché 40 anni fa chi scrisse lo Statuto volle mettere al centro di questo sistema di regole proprio i lavoratori, in quanto elemento più debole in confronto della controparte aziendale.
Quaranta anni dopo Sacconi vuole rovesciare tutto e fare le ultime concessioni possibili alle aziende che si ritroverebbero mano libera principalmente nelle stipule contrattuali.
Il DDL presentato consta di solo 2 articoli, di cui il primo è costituito da 5 commi che danno le linee guida su cui muoversi per la creazione di leggi che guidino questa trasformazione a senso unico, mentre l’articolo 2 contiene solo disposizioni di ordine tecnico concernenti l’esercizio della delega.
La parte più interessante (certo non per chi lavora) è quella del terzo comma, che riguarda l’area delle tutele che viene definitivamente demandata alla “contrattazione collettiva anche in deroga alle norme di Legge”. La formula è fumosa nella sua stesura ma chiara nelle finalità. Se passasse in questa forma, sancirebbe addirittura la possibilità di inserire nei nuovi accordi modifiche in senso peggiorativo rispetto alle norme vigenti. Altro punto teorizzato in questo sciagurato DDL è quello che non prevede più l’unanimità delle parti sociali per attivare un accordo contrattuale, Insomma chi vuole starci bene, chi no pazienza, tanto il contratto o la eventuale deroga è comunque applicabile anche senza l’unanimità. Il testo sembra contenere anche dei passi avanti rispetto alla attuale legislazione ma a guardare bene si tratta del solito gioco che nasconde sotto l’apparenza del miglioramento l’ennesima beffa ai danni dei più deboli.
Specificatamente il comma 2 parla di “identificazione di un nucleo di diritti universali e indisponibili, applicabili a tutti i rapporti di lavoro dipendente e alle collaborazioni a progetto rese in regime di sostanziale mono-committenza”;
Sembrerebbe un apertura verso il riconoscimento e l’estensione di alcuni diritti anche ai precari ma si parla di regime di mono-committenza. La maggior parte dei precari passa da un contratto a un altro con diversi datori di lavoro, ed è molto raro che operi sempre e solo con una sola azienda. Ecco quindi che anche tra i precari si perpetua la differenza tra quelli di serie A (pochi) e i tanti di serie B a cui non si applica nessun beneficio.
Stesso gioco nel comma che prevederebbe l’estensione del sistema degli ammortizzatori sociali ma specifica il testo “senza oneri aggiuntivi di finanza pubblica”. Sarebbe bello capire come e da dove dovrebbero provenire questi soldi, ma questo è il solito teatrino di un governo che toglie al debole per dare al più forte.
Flessibilità totale e diritti ridotti al minimo: questo lo scheletro del Nuovo Statuto vagheggiato da Sacconi. C’è tempo per rispondere, magari cominciando a far sentire la propria opposizione già da sabato 27 insieme alla CGIL per gridare forte che lo Statuto non si deve cambiare.

Stefano Giusti, Sociologo, Operatore di Placement e Orientamento per l’Università Roma Tre. Consigliere Nazionale dell’ass.ne Atdal Over 40, che si occupa della disoccupazione in età matura.

19-11-10

DirittiDistorti

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