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La borsa

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(6 Gennaio 2011) Enzo Apicella
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"Pacco Bomba"

(12 Gennaio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.comunistiuniti.it

Il pacco bomba esploso sotto Natale con l’”accordo” di Mirafiori (firmato, come da copione, separatamente da Cisl, Uil, Ugl e Fismic e non dalla Fiom) punta a smantellare le relazioni industriali, a sancire che il sindacato ha diritto di esistere solo se si piega ai diktat del padrone e a colpire chi si sta battendo per cercare di salvare i diritti sanciti dalla Carta costituzionale e dallo Statuto dei lavoratori.

E’ un “accordo” addirittura peggiore di quello di Pomigliano e conferma che nella fabbrica napoletana non si agì in uno stato di necessità ma si voleva dare inizio a una strategia pericolosissima: puntare a recuperare margini di profitto ridimensionando i diritti individuali e collettivi e aumentando lo sfruttamento.

La Fiat ha definito un “accordo” di primo livello cioè che sostituisce e peggiora il Contratto Collettivo Nazionale di lavoro e afferma un concetto molto semplice: solo le organizzazioni sindacali che firmano questo regolamento potranno “esistere” in azienda, mentre quelle che dissentono non avranno più alcuna agibilità, dai permessi sindacali, al diritto di assemblea, alla trattenuta per l’iscrizione al sindacato.

Ma non basta: se qualcuno oserà protestare (sia che si tratti di una organizzazione sindacale che di un singolo lavoratore) perché scoprirà nel 2012 che quell’organizzazione del lavoro non è sostenibile, non potrà scioperare e se lo farà sarà oggetto di provvedimenti punitivi. In sostanza il sindacato come soggetto negoziale che organizza i lavoratori per la loro emancipazione non esiste più, i lavoratori non possono più eleggere democraticamente i loro delegati e esprimere liberamente il proprio consenso o dissenso.

Ed è paradossale che sia proprio la Fiat a promuovere un “referendum” sull’esercizio della democrazia in azienda con il ricatto occupazionale, come se in fabbrica ci si trovasse in una zona franca, dove non valgono i diritti e le libertà sanciti dalla Costituzione.

Imporre lo strumento del voto perché si accetti di non votare mai più è un gigantesco imbroglio, che si trasforma in un odioso ricatto quando al lavoratore si chiede: accetti di rinunciare ai tuoi diritti, compreso quello di ammalarti, di scioperare, persino di mangiare se c’è molto lavoro, di eleggere i tuoi rappresentanti sindacali, in cambio della salvezza (per ora) del posto di lavoro?

L’unica sovranità riconosciuta è quella dell’azienda, da cui tutto promana, l’unica libertà è quella d’impresa: il sindacato deve trasformarsi in cane da guardia dell’azienda, dapprima sottoscrivendo i diktat del padrone e poi imponendoli e punendo chi trasgredisce, lasciando così libero il padrone di andare da una parte all’altra alla ricerca dello stato più generoso, del sindacato più complice, della classe operaia più debole e ricattabile.

E’ accaduto quindi che i lavoratori, che si erano guadagnati con lotte e conflittualità, di non essere considerati appendici di una macchina ma soggetti autonomi, con i loro diritti, oggi vedano sgretolarsi tutte le loro conquiste sull’altare della globalizzazione.

La competizione detta nuove regole in una corsa forsennata al ribasso, tutto è subordinato alla logica del liberismo, dalla condizione umana a quella ambientale, nell’interesse del capitale finanziario e industriale che si erge a interesse generale.

Per la politica, che dovrebbe intervenire e riequilibrare lo strapotere del capitale, è riservato solo un ruolo ancellare: riprova ne è quanto rimandato agli Enti locali i quali dovranno farsi carico (con quali mezzi?) solo delle gravi conseguenze sociali delle scelte aziendali, in barba alla responsabilità sociale d’impresa che non dovrebbe solo succhiare dal territorio in cui opera ma dovrebbe partecipare al suo progresso e sviluppo.

Infine con questo “accordo” oltre a smantellare diritti si peggiorano anche le condizioni materiali di lavoro; e peggiorare le condizioni di lavoro riducendo le pause, amplificando fino a 10 ore il turno di lavoro alla catena di montaggio, aumentando le ore di straordinario significa minor sicurezza: quanto sarà rivoltante poi assistere al patetico siparietto dei volti ipocritamente contriti o delle beffarde dichiarazioni dei politici di turno per l’ennesimo morto sul lavoro!!

Da ultimo, siccome la Fiat da più di 100 anni fa scuola in questo paese e il Ministro del lavoro ha già dichiarato che questo “accordo farà scuola”, sicuramente partirà una gara imitativa da parte dei padroni di altre categorie ( per noi bancari un esempio già ce lo ha dato l’accordo separato di Banca Intesa).

Per questo non si può scaricare sulle spalle dei soli lavoratori della Fiat il peso di un attacco che è generale e eversivo perché punta allo scardinamento della Costituzione, dei diritti, e della Repubblica italiana nata dalla Resistenza e fondata sul lavoro: una offensiva eversiva che ha un solo precedente nel nostro paese, l’avvento del fascismo.

Per queste ragioni riteniamo che ci siano tutti gli ingredienti per chiedere al paese di fermarsi e proclamare lo sciopero generale: intanto raccogliamo l’appello della Fiom alla mobilità per la difesa della dignità dei lavoratori.

Roma 10 gennaio 2011

FISAC CGIL FONSPA

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