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Libia

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(24 Febbraio 2011) Enzo Apicella
Libia: rivolta di popolo o guerra per il petrolio?

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(5 Febbraio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

Se la guardiamo con gli occhi di chi spera che anche nell’opulento Occidente in crisi, tutto sia troppo tranquillo, ma vedono la trasformazione sociale come un processo storico, la tumultuosità e la simultaneità della ribellione nordafricana …ha del magnifico.

Se la guardiamo con gli occhi di chi ha scelto la strada dell’antirazzismo radicale, come strada ineludibile per costruire e rafforzare la necessaria unità di classe di fronte alla belva capitalista, l’opportunità che offre quanto stiamo avendo il privilegio di vivere …ha del magnifico.

Se la guardiamo con gli occhi degli operai italiani, e insieme a loro di tutti i settori sfruttati ed oppressi capaci di sviluppare molteplici forme di micro-conflittualità ma incapaci, per ora, di formulare una rivendicazione generale, la lotta economica e politica della Tunisia e dell’Egitto …ha del magnifico.

Se invece la guardiamo dal punto di vista delle classi dominanti, degli imperialisti e dei loro governi, dei sostenitori dello status-quo a guida occidentale e dei loro pennivendoli (oggi tanto affannati a parlare di mummie trafugate quanto incapaci di guardare avanti) …allora è il terrore.
Quello che, finalmente, le classi subalterne sono in grado di restituire facendone un proprio punto di forza.

Mettiamo insieme questi tutti questi punti di vista (ed altri ancora), e allora tutto questo non può che evocare il sapore concreto della madre di tutti i cambianti: la rivoluzione.

I tempi corrono veloci; veloci quanto i milionari (in senso quantitativo) click che stanno martellando cellulari e PC laddove il common-sense si permetteva di pensare ci fosse solo arretratezza culturale invece che crudele (nel senso di crudo) dominio borghese filo-imperialista che, ancora una volta, insieme ai propri strumenti di dominio genera anche quelli che ne preparano il superamento.

Crolleranno i regimi filo-occidentali dei paesi cosiddetti arabi? Sapranno l’attuale opposizione social-democratica e il populismo radicale islamico restare in sella al cavallo imbizzarrito e garantire un nuovo establishment borghese?

Potranno i regimi occidentali mettere d’accordo le inconciliabili esigenze di evitare il dilagare della polveriera ormai incendiata e, allo stesso tempo continuare a sostenere regimi (quello egiziano su tutti) insostituibili per puntellare uno stato d’Israele privo di prospettive?

E ancora? Quali ripercussioni in Italia e nel resto dell’Europa?

E infine la “regina delle domande”: sapremo come proletari rivoluzionari calarci pienamente negli avvenimenti facendo funzionare cuore e cervello all’altezza degli avvenimenti?

Certo da quest’ultima risposta non dipenderanno le sorti immediate della battaglia in corso ma, sperando che il fuoco sappia attraversare, senza farsi spegnere, le acque del Mediterraneo, da essa dipendono, senza ombra di dubbio, alcune fondamentali possibilità che l’unità di classe necessaria passi dallo stato di slogan (ma ben venga chi continua ad innalzarlo) ad azione politica cosciente e diffusa.

Non sappiamo se ne saremo capaci ma… chi è necessario cominciare a far ribollire il proprio sangue (e per una volta non per l’indignazione di fronti ai crimini barbari ed efferati del potere) per non perdere l’ennesimo treno della storia ed essere poi costretti a sostituirlo con la ricerca spasmodica di una propria inutile se non dannosa identità.

Provarci da subito è quindi un passaggio ineludibile per chi vuole anche solo avvicinarsi al senso storico (e non certo disperato) delle gesta di coloro vanno alla morte sapendo di farlo.

Ed è l’unico modo per assaporare ora la vita, nella prospettiva concreta che se ne possa per viverne una assolutamente migliore domani.

1 febbraio 2011

Fabio Zerbini

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