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(29 Gennaio 2011) Enzo Apicella
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Le rivolte del Maghreb e la crisi dei comunisti

(4 Marzo 2011)

da marxiana


Car* compagn*,
purtroppo il dato più incontrovertibile che emerge dalle rivolte del Maghreb è la crisi...dei comunisti.
E' impossibile immaginare, infatti, un'egemonia delle rivolte NON borghese se non ci sono, o sono marginali, forze politiche della sinistra rivoluzionaria o se le istanze di emancipazione politica e sociale delle masse arabe non raccolgono altro, a livello internazionale, del terrificante "sostegno umanitario" dei poli imperialisti.

Se i comunisti dei paesi imperialisti si dimostrano assolutamente non in grado di fare un'analisi di classe delle rivolte, di ri-pensare e ri-costruire un internazionalismo proletario, la direzione borghese di ogni rivolta diventa una conseguenza naturale, con esiti se possibile ancora peggiori da quelli già sperimentati nel passato, dal momento che oggi difficilmente possiamo immaginare che nel "nuovo corso" di Egitto, Tunisia, Libia etc. etc. le borghesie nazionali possano assumere un ruolo oggettivamente antimperialista.

Nondimeno, dobbiamo continuare a fare uno sforzo per uscire dalla dicotomia tra il sostegno entusiasta e acritico ad ogni rivolta, senza il minimo sforzo analitico (e senza poi un livello di solidarietà diverso da quella "umanitaria"), e il rifugio in teorie dietrologiche e complottiste che vedono OTPOR e arancioni dappertutto, difatto negando ai popoli in lotta la possibilità ontologica...di lottare!

La situazione libica attualmente è in fase di stallo: sembra, a giudicare da quanto riusciamo a sapere, che il paese sia diviso, controllato da una parte da Gheddafi e dall'altre dalle forze a lui ostili: lo scontro finale, che sembrava imminente fino a una settimana fa, sembra rimandato, come pure pare ci sia stato un rallentamento in merito ad un intervento militare delle potenze imperialiste.

L'occasione per USA e UE di liberarsi di Gheddafi - non una spina nel fianco, ma pur sempre un leader col quale dover scendere a patti infami - per sostituirlo con un governo fantoccio o per balcanizzare la Libia, resta troppo ghiotta perchè le potenze imperialiste si arrendano, ragion per cui dovremmo essere pronti a rispondere ad un intervento militare che potrebbe vedere le potenze dell'Unione Europea in prima fila, in una sorta di secondo Kossovo...ma siamo pronti? riusciamo a costruire in tempi rapidi una posizione di sotegno alle masse arabe in lotta, contro le interferenze "umanitarie" dell'imperialismo? Siamo in grado da oggi di rilanciare una forte campagna di denuncia degli interessi dell'imperialismo italiano (Eni, Impregilo, etc. etc.) nell'area, Gheddafi o meno? Saremo pronti a costruire una manifestazione nazionale contro l'intervento militare?

Se non facciamo uno sforzo collettivo d'analisi, riprendendo anche un dialogo "virtuale" con le forze della sinistra araba e con le posizioni che stanno assumendo, rischiamo di fare la coda a sinistra dell'intervento militare o di chiuderci nella nostra torre bianca ed eurocentrica aspettando che qualcuno da lì si affacci e dica: Ehi, compagni, siamo comunisti, abbiamo preso il potere, adesso potete
uscire...

Francesco Tirro

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