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(9 Aprile 2013) Enzo Apicella

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Aticarta di Rovereto: dopo la privatizzazione... il nulla

(7 Aprile 2004)

lavoratori dell'Aticarta non ce la fanno più. Non ce la fanno più ad aspettare risposte che non arrivano, a chiedere incontri che non si fanno. Le uniche certezze che hanno sono quelle amare: da ieri tutti in cassa integrazione ordinaria per due settimane. Poi, al termine di questi quindici giorni di stop, in fabbrica ci torneranno solo in venti. Non solo, la cassa ordinaria, partita il 9 febbraio, scadrà l´8 maggio. E dopo? La fabbrica che fa parte del Gruppo Europoligrafico controllato dalla Reno De Medici è senza lavoro. Ma anche su questo non c'è chiarezza. La scorsa settimana, Robert Gallo, il responsabile dei rapporti esterni della Bat, la multinazionale inglese che ha acquistato l'Eti, ha detto invece che le commesse all'Aticarta vanno avanti come da contratto. Contratto che scadrà a fine anno e sul quale l'Ati ha un diritto per prorogarlo per tutto il 2005. Quindi cosa sta succedendo?

Un brutto clima e un sospetto: a settembre scadono i tre anni durante i quali l'azienda, in base alla privatizzazione, deve mantenere i livelli occupazionali. Dopo ha le mani libere e i lavoratori si aspettano il peggio. D'altra parte, quello che Gallo ha detto la scorsa settimana basta e avanza per non stare tranquilli. La Bat è disposta a rinnovare il contratto ma non ai prezzi attuali (il 30% in più rispetto alla media europea), chiede una riduzione delle forniture e investimenti sulla tecnologia e la qualità. Quindi i tagli di manodopera sarebbero comunque inevitabili.

A tutto ciò va aggiunta la «botta» della Philip Morris che ha lasciato l´Italia per andare a produrre in Olanda. Robert Gallo ha detto che il vero colpo all´Aticarta è venuto proprio dalla multinazionale americana perché, a suo dire, la quota maggiore di lavoro veniva proprio da lì. I lavoratori negano, dicono che era l'Eti, oggi Bat, il maggior cliente con il 65% della produzione.

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