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Palestina oscurata: dopo la Francia, l’Italia?

(19 Giugno 2004)

E’ ormai da un bel po’ di tempo che sono costretto ad interrogarmi sui motivi alla radice della difficoltà con cui la sinistra italiana – sia quella “moderata” che quella “alternativa” - si rapporta alla questione palestinese, spesso optando per il silenzio o per la condanna del “terrorismo palestinese”, quasi mai intervenendo per denunciare l’occupazione militare e coloniale israeliana. Anche ora, di fronte all’abnorme violenza rappresentata dal Muro dell’Apartheid, non si vedono grandi prese di posizione, proposte di iniziativa, appelli e meno che mai mobilitazioni. I Palestinesi non sono forse mai stati così soli nella loro pur lunga lotta per non essere cancellati dalla loro terra e dalla storia, che è poi l’obiettivo perseguito con fanatica determinazione da generazioni di sionisti.

Non trovo risposte soddisfacenti. Il silenzio complice su una pulizia etnica che dura da più di mezzo secolo non si può spiegare solo con il mediocre livello culturale di un ceto politico che, per esempio, non è in grado nemmeno di comprendere la differenza che esiste fra l’ebraismo e il sionismo, affrettandosi a bollare come antisemita e antiebraico tout court chiunque avversi un’ideologia e un orientamento politico quale è il sionismo; il che sarebbe come definire anti – italiano chiunque detesti il fascismo o anti – americano chi non si identifica con i neoconservatori di Bush e Wolfovitz.

Forse, una spiegazione va cercata nella potenza delle lobby sioniste, che in larga misura coincidono con i gruppi di pressione e i think tank neoconservatori diffusi in tutto il mondo a sostegno dei progetti dell’estrema destra oggi al governo negli USA e in Israele. Non è un mistero che queste lobby, nel nostro Paese, abbiano conquistato posizioni chiave in molti settori strategici, particolarmente in quello delle comunicazioni di massa, dove autorevoli esponenti sono inseriti nelle direzioni e nelle redazioni dei telegiornali e dei quotidiani, tanto di destra che di sinistra.

Ora, l’oscuramento della questione palestinese sembra entrato in una nuova fase, passando dal controllo e dalla manipolazione degli organi di informazione all’annientamento delle fonti informative alternative; questo salto di qualità non si è ancora verificato in Italia, ma in Francia ha già assunto dimensioni più che preoccupanti.

Dall’inizio della seconda Intifada, vi sono stati episodi che hanno coinvolto librerie e radio alternative, dinamitate da estremisti ebraici; si è trattato di attacchi gravi ma sporadici, anche perché azioni così plateali ottenevano il risultato opposto a quello voluto, non raggiungendo l’obiettivo dell’intimidazione e provocando sentimenti di solidarietà verso le vittime e di condanna verso gli attentatori. Nelle ultime settimane, invece, sono stati presi di mira e ridotti al silenzio i più importanti siti internet francesi che informano sulla questione palestinese; alcuni sono riusciti a tornare visibili, ma il portale più frequentato e completo, Solidaritè Palestine, è tuttora completamente oscurato.

Oltre a Solidaritè Palestine, gli hackers con la kippà sono riusciti ad oscurare temporaneamente, in coincidenza con le elezioni europee, il sito della lista Euro – Palestine, quello dell’artista arabo-francese Dieudonnè, il sito islamico francofono Oumma e quello del Coordinamento delle Associazioni per una Pace Giusta in Medio Oriente. I commenti sono concordi nell’affermare che si è trattato di attacchi coordinati e molto “professionali”, che dimostrano un’elevata disponibilità di mezzi e risorse da parte degli autori. Solidaritè Palestine è oscurato dalla seconda metà di maggio e nemmeno il cambiamento di indirizzo, avvenuto il 16 giugno, sembra aver prodotto risultati, perché il sito è tuttora irraggiungibile.

L’oscuramento di Solidaritè Palestine è particolarmente grave perché si tratta del principale mezzo di informazione in Francia – e non solo - sulla questione palestinese, uno strumento indispensabile per chiunque voglia conoscere la realtà di quel conflitto e le opinioni dei diversi protagonisti; è grazie a Solidaritè Palestine, per esempio, che gli articoli del pacifista israeliano Uri Avnery vengono tradotti in francese e diffusi in quel Paese e in altri, come è sempre grazie a Solidaritè Palestine che è possibile conoscere giorno per giorno la realtà dei Territori Occupati, dei profughi, dei movimenti israeliani contro l’occupazione, delle diverse attività di solidarietà e di informazione nella maggior parte del mondo totalmente o parzialmente francofono, dal Belgio al Canada e al Marocco.

Lo scopo di questo intervento è, per così dire, preventivo; visti gli ottimi risultati ottenuti in Francia, non è da escludere che anche in Italia si verifichino attacchi simili e gli strumenti per contrastarli sono, purtroppo, poco efficaci.

La sola risposta veramente efficace è quella di pretendere che anche i grandi mezzi di informazione, e in particolare quelli di proprietà pubblica, tornino ad informare con un minimo di onestà su quello che avviene in un piccolo territorio dove ogni giorno le truppe di occupazione e i coloni paramilitari assassinano gente, demoliscono case, requisiscono terreni, distruggono ulivi e campi coltivati, sparano sulle ambulanze, torturano e – non dimentichiamolo, per favore – ogni giorno procede la costruzione del Muro dell’Apartheid, che sta trasformando le città e i villaggi della Palestina occupata nei più grandi campi di internamento che la storia ricordi. In fondo, è naturale che gli autori di questo scempio e i loro complici internazionali vogliano riparare le loro gesta dietro una spessa cortina di silenzio e di omertà; facciamo in modo che non ci riescano.

Germano Monti – Forum Palestina

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