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Elogio all’inciucio

(25 Aprile 2013)

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Elevare l’inciucio, orribile neologismo che però nell’etimologia ben rende l’intento tutt’altro che nobile, a una forma di complotto o semplicemente di accordo compromissorio come fa Ernesto Galli della Loggia nel suo “Il sospetto universale” (Corsera del 24 aprile) sembra la classica operazione mistificatoria di cui il professore è uno dei maestri d’Italia più noti. Nel suo editoriale c’è un po’ di tutto, anche un non richiesto richiamo finale a Berlusconi che – povero – continua a essere “il bersaglio di un’indignazione obbligatoria” da parte degli anti-inciucisti di professione. Difesa d’ufficio che scatta quale riflesso condizionato, come anti-ossessione all’ossessione dei nemici giurati del Cavaliere, responsabili – loro – del clima di contrapposizione che tutti respiriamo. Perché in fondo costoro (gli anti-berlusconiani e anti-inciucisti) sono i responsabili del conflitto che c’è nel Belpaese visto che hanno “un’idea bellica della democrazia e la vivono come scontro permanente, illustrazione delle sue indegnità morali”.

Dunque sono costoro - diciamo noi che non siamo anti-inciucisti di professione ma ci piace chiamare le cose col loro nome – non i ladri, i corrotti, i delinquenti, i mafiosi che molti partiti trasversalmente conducono in Parlamento e al Governo a provocare quella caduta di valori e di stile, quel decadimento etico di cui l’Italia è piena. Così per bacchettare la cittadinanza dolente e incazzata che urla, denuncia e punta il dito sui mali nazionali e su chi li perpetua con gli accorducci sottobanco, per criticare quest’estremismo il prof esprime l’elogio non tanto della moderazione e della pluralità delle idee ma appunto dell’inciucio, di fatto palude morta nelle cui acque s’annidano e moltiplicano i miasmi di comportamenti infetti e virali. In verità questi ben attecchiti nella cultura nazionale e nel suo intrallazzo descritto secoli or sono da padri del pensiero politico (il culto de “lo proprio particulare” di guicciardiniana memoria). E l’esempio citato da Galli della Loggia, dell’ampia casta che va ben oltre la politica in una società corporativa oltreché classista, è assolutamente condivisibile.

“Giornalisti, giudici, avvocati, alti burocrati, professori, manager, funzionari… in vario modo tutti impegnati accanitamente a sistemare i propri figli (e il clan, ndr) possibilmente nello stesso mestiere, a impedire l’accesso ai nuovi venuti, ad accumulare privilegi, retribuzioni eccezionali di varia natura, auto blu, simboli di status, diarie, cumuli pensionistici, trattamenti speciali..” Perfetto. Il professore descrive meticolosamente quello che da decenni il sistema dei partiti protegge e perpetua. Ma anziché avvicinarsi a questa denuncia, a comprenderne nausea, strazio e volontà di correzione, l’irride, li accusa, ne demonizza gli intenti scoprendoli paranoici e tendenzialmente violenti. Alla fine la colpa è della vittima che stravede e provoca. Un po’ quel che il machismo dice delle donne. E da vero moderato rilancia un tranquillizzante elogio dell’inciucio.

24 aprile 2013

Enrico Campofreda

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