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(4 Febbraio 2010) Enzo Apicella
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PRESIDENZIALISMO/SEMIPRESIDENZIALISMO: L’EVOLUZIONE NEL RUOLO DEL PRESIDENTE NELLA QUINTA REPUBBLICA FRANCESE

(5 Luglio 2013)

In conclusione di un lungo itinerario nel corso del quale si è sviluppato un tentativo di costruzione di una “Costituzione Materiale” di impronta presidenzialista, il dibattito sul tema della forma di governo è diventato in Italia di stretta attualità, come mai era avvenuto nel corso degli ultimi anni.

Non ricostruiamo in questa sede, per ragioni di stretta economia del discorso, la storia più recente, caratterizzata dall’imprinting personale fornito a questo disegno da Giorgio Napolitano che si è mosso, in più occasione, border – line rispetto al quadro di repubblica parlamentare disegnato dalla Costituzione del ’48 in particolare nel corso della crisi di governo del Novembre 2011 e delle consultazioni seguito all’esito elettorale del Febbraio 2013, intervallate dalla vicenda molto particolare che ha portato alla sua rielezione.

L’orientamento della maggior parte dei sostenitori dell’ipotesi presidenzialista che, ovviamente, si accompagna a una concezione “maggioritaria” della rappresentanza politica e “decisionista” nell’azione dell’esecutivo pare essere quella di assumere come riferimento il modello semipresidenzialista francese; del resto questo tipo di opzione era già stato presente nel documento conclusivo dei lavori della Commissione Bicamerale per le Riforme presieduta nel 1997 da Massimo D’Alema, senza che comunque ne conseguisse alcun esito pratico.

E’ quindi necessario, almeno dal nostro punto di vista, sviluppare una forte opposizione a questo progetto che può essere considerato di vera e propria limitazione, in senso propriamente autoritario, dell’agibilità democratica.

Per muoversi con consapevolezza in questa direzione appare però opportuno valutare con attenzione come si presenta, in realtà, la situazione francese dopo oltre 50 anni di funzionamento del sistema.

Si è così pensato di dedicare un minimo di riflessione a quest’argomento, nell’idea di fornire a tutti un utile contributo di conoscenza.

Andando, dunque, per ordine, si deve notare prima di tutto che lo sviluppo di una “presidenza esecutiva” rappresenta il dato più significativo dell’esperienza di governo francese.

Questo esito è scaturito dall’intreccio di molteplici fattori: innanzitutto, nella fase genetica del sistema, risultò cruciale l’impronta di de Gaulle, che impose un’interpretazione presidenzialista del testo costituzionale.

Un testo per molti versi ambiguo, scaturito da un compromesso tra posizioni tra loro piuttosto lontane sul ruolo da attribuire alle istituzioni centrali del sistema: presidente, primo ministro ed esecutivo, parlamento.

Risultò determinante, nella prima fase, l’uso del referendum inteso come “questione di fiducia” e più in generale l’appello del presidente al popolo, in un contesto di emergenza favorevole allo sviluppo della leadership carismatica del Generale.

Successivamente, la sempre più netta identificazione tra le maggioranze parlamentari e quelle presidenziali e, dunque, l’assunzione da parte del presidente di un ruolo di leader di maggioranza ha consentito il consolidamento del dominio presidenziale.

A sua volta, questa evoluzione è stata possibile grazie alla trasformazione bipolare del sistema partitico, e al conseguente emergere di chiare maggioranze parlamentari.

Questi sviluppi hanno favorito il Presidente e non il Primo Ministro perché la stessa bipolarizzazione è stata forgiata dall’azione di De Gaulle con gli appelli diretti agli elettori e dal 1965 dalle elezioni presidenziali a suffragio universale con sistema a doppio turno con ballottaggio.

Gli stessi partiti (per lo meno i tre maggiori: gollista, centrista e socialista) sono stati costruiti in vista della scalata all’Eliseo e a tutt’oggi la loro conquista è considerata fondamentale per chi si voglia candidare alla Presidenza della Repubblica.

Le esperienze della coabitazione hanno costituito delle fasi caratterizzate dal venir meno della natura esecutiva della presidenza, anche se hanno mostrato quanto la pratica del primo ventennio della Quinta Repubblica abbia finito con il disegnare un ruolo del Presidente ben più potente di quello disegnato dalla Costituzione del ’58: il semipresidenzialismo francese può, dunque, funzionare anche in una situazione di reale diarchia, ma il rendimento delle istituzioni tende a calare.

L’esperienza della coabitazione è stata così giudicata un limite e per questo motivo la durata in carica del Presidente è stata ridotta a cinque anni: una riduzione della durata del mandato che è stata concepita nella prospettiva di diminuire drasticamente le possibilità di coabitazione.

Se il risultato sarà raggiunto la natura del sistema di governo francese consoliderà ulteriormente il proprio carattere di monarchia repubblicana, dove il ruolo di Presidente coincide anche con quello di leader del governo e della maggioranza.

I processi di democratizzazione in corso all’interno dell’UMP e del PS, le due forze dominanti alla destra e alla sinistra dello schieramento politico, sono suscettibili di rafforzare ulteriormente questa dinamica: di conseguenza il nuovo Presidente è destinato a godere di una maggiore presa sul proprio partito e, quindi, sulla maggioranza parlamentare.

Maggioranza che, a sua volta, è destinata a formarsi sulla scia dell’elezione presidenziale e quindi a essere debitrice per la propria esistenza al Presidente.

L’evoluzione del ruolo presidenziale è comunque avvenuta grazie ad uno scarto notevole della pratica istituzionale rispetto al dettato della Costituzione.

Ciò sembra richiedere, anche in Francia, una migliore e più esplicita definizione delle relazioni tra istituzioni e degli strumenti di esercizio del potere.

Parrebbe presentarsi come un fatto di naturale evoluzione del ruolo una sterzata verso un vero e proprio presidenzialismo con separazione dei poteri, prefigurando una vera e propria involuzione del sistema.

Una soluzione che dovrebbe far riflettere anche i fautori italiani di questo modello.

Per questa strada il sistema politico italiano che appare, dal punto di vista della rappresentatività in forte deficit, con l’adozione di un sistema che ricondurrebbe a un bipolarismo non corrispondente alla pluralità di posizioni politiche presenti nella società italiana e di conseguenza a un incremento della già molte forte area del “non voto”, rischierebbe di entrare in una crisi definitiva.

L’esperienza francese nella sua evoluzione, così come è stato cercato di analizzare anche in quest’occasione, dimostra come la soluzione più realistica per affrontare, dal punto di vista delle istituzioni, le forti difficoltà esistenti nel complesso delle relazioni democratiche, sia quella di ancorarsi al modello parlamentare disegnato dalla Costituzione Repubblicana compiendo una scelta di fondo, di vera e propria inversione di tendenza rispetto a quanto avvenuto negli ultimi anni: privilegiare il dato della rappresentanza politica rispetto a quello della governabilità.



In conclusione due sintetiche definizioni di presidenzialismo e semipresidenzialismo (da Giovanni Sartori: Ingegneria Costituzionale comparata. Il Mulino, quinta edizione 2004).

Sistema presidenziale: deve essere chiaro che un sistema presidenziale puro non consente alcuna “autorità duale”, o sdoppiata, tra il Presidente ed il suo gabinetto. I governi sono una prerogativa presidenziale: è il Presidente che nomina e sostituisce a sua discrezione i membri dell’esecutivo. Certamente un presidente può scegliere i suo ministri in modo gradito al Parlamento: il che non toglie che i membri del gabinetto sono e rimangono di nomina presidenziale.

Sistema semi – presidenziale: il Capo dello Stato (il Presidente) è eletto con voto popolare, direttamente o indirettamente; il Capo dello Stato condivide il potere esecutivo con un Primo Ministro, entrando così a far parte di una struttura ed autorità duale i cui criteri definitori sono: il Presidente è indipendente dal Parlamento, ma non gli è concesso di governare da solo o direttamente, le sue direttive dovranno pertanto essere accolte e mediate dal suo governo; specularmente il Primo Ministro ed il suo gabinetto sono indipendenti dal Presidente nella misura nella quale sono dipendenti dal Parlamento e cioè in quanto sono soggetti sia alla fiducia, sia alla sfiducia parlamentare e, quindi, in quanto necessitano del sostegno di una maggioranza parlamentare; la struttura ad Autorità duale del semi – presidenzialismo consente diversi equilibri e anche mutevoli assetti di potere all’interno dell’esecutivo, purchè sussista sempre l’ “autonomia potenziale” di ciascuna unità o componente dell’esecutivo.

Franco Astengo

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