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(14 Maggio 2015)
Roma, 14 maggio 2015 - La rapidità con cui è avvenuto lo sgombero della baraccopoli di Ponte Mammolo, nella periferia nord est di Roma, dove si trovavano circa 400 persone tra profughi eritrei, immigrati dell’Europa dell’Est, e di altri paesi, ha causato delle conseguenze in qualche caso drammatiche. Nel corso dell'operazione, svoltasi in maniera repentina, molti degli abitanti non hanno avuto neanche il tempo di portare via i propri documenti ed effetti personali. E chi è riuscito a recuperare qualcosa ha avuto pochi minuti per farlo.
Da anni si parla, in diverse sedi istituzionali, della necessità di sgomberare quell'insediamento e di trovare una soluzione abitativa dignitosa. Le associazioni che a vario titolo seguivano i migranti lì residenti si erano riunite più volte per avviare un percorso di uscita dalle occupazioni e di inserimento in altre strutture cittadine. Un modo di procedere che teneva conto delle diversità tra i diversi gruppi di abitanti, il tempo di permanenza presso l'insediamento e le loro aspirazioni. Ma la sbrigatività con cui l’intervento delle forze dell’ordine si è svolto ha reso vano ogni tentativo di mediazione. E la maggior parte delle testimonianze raccolte vanno in un unico senso: le persone sapevano che prima o poi sarebbero state sgomberate ma non avevano mai avuto notizia nè della data né della demolizione contestuale delle loro abitazioni.
Inoltre, aspetto ancor più grave, nonostante si sia parlato di un piano per l' accoglienza degli sfollati, nella pratica ciò non è avvenuto per tutti. E, sin dalla notte dell'11 maggio, circa 200 persone hanno passato la notte all'addiaccio.
La situazione attuale è la seguente: oltre un centinaio di persone si trova nel piazzale di fronte all'area sgomberata, assistito dalle associazioni che a turno forniscono i pasti. Medici per i diritti umani (MEDU) è presente con la clinica mobile portando assistenza sanitaria. L'immagine che ne risulta determina preoccupazione tra i residenti della zona.
Si chiede al Comune di Roma di valutare la condizione delle persone lì presenti e provvedere al più presto a una loro sistemazione, tenendo conto delle diverse condizioni e delle specifiche vulnerabilità e considerando anche la possibilità di realizzare strutture di transito per i migranti forzati, come è già accaduto in altre circostanze e come accade in altre città.
A Buon Diritto
Amnesty International
Arci
Asgi
Medici per i Diritti Umani (MEDU)
Prime Italia
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