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La borsa o la vita

La borsa o la vita

(15 Giugno 2010) Enzo Apicella
Il ricatto della Fiat: "Sopravvivere da schiavi o morire di fame"

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Sulla crisi FIAT

Lettera aperta sottoscritta da 1036 operai della Fiat di Pomigliano d'Arco e fabbriche collegate

(8 Novembre 2002)

Come lavoratori della Fiat di Pomigliano d'Arco e delle collegate aziende terziarizzate e/o fornitrici ben sappiamo che l'attuale, devastante e cosiddetta "crisi" della Fiat non è frutto di errori ma è stata intenzionalmente perseguita e costruita, da oltre un decennio, dalla "famiglia Agnelli & Soci" che hanno tra l'altro incassato 'con troppa e sospetta facilità' un abnorme flusso di finanziamenti pubblici per decine e decine di migliaia di miliardi di lire utilizzati per raddoppiare la capacità produttiva (a fronte di un mercato notoriamente saturo), 'aprire fabbriche da una parte per chiuderle dall'altra', e licenziare dimezzando i livelli occupazionali e speculare sulla fame di lavoro del sud imponendo ai lavoratori meridionali delle 'condizioni capestro' (concordate con i sindacati confederali e fatte di sottosalario, ritmi di montaggio intollerabili, ed orario di lavoro a ciclo continuo, notturno e festivo) che ne segnano drammaticamente la vita lavorativa e sociale, e la salute.
Il costante aumento dei gravi incidenti sul lavoro al sud, anche mortali - come sempre più spesso accade a Pomigliano - né è tragica ed oggettiva conferma.

La volontà aziendale di porre in cassa integrazione speciale altri 8.100 lavoratori che si vanno ad aggiungere ai 2.100 licenziamenti già attivati solo pochi mesi fa, e di chiudere gli impianti di Arese, Termini Imerese e Torino (con un 'effetto indotto' pari ad un'ulteriore taglio di circa 40.000 posti di lavoro nelle aziende collegate) espone decine di migliaia di lavoratori al baratro della disoccupazione e ad un futuro di precarietà sociale insieme alle loro famiglie.

Dal 1979 ad oggi i livelli occupazionali della Fiat Auto sono passati da 169.000 unità ad appena 26.878 unità cui vanno sottratte gli ultimi 8.100 'esuberi'.

La stessa oscura svendita dell'Alfa Romeo, definita all'epoca un vero e proprio regalo concesso alla Fiat da Craxi, allora presidente del Consiglio, e da Prodi già presidente dell'IRI, è emblematica delle 'strategie di business' della Fiat e della sua capacità di 'persuasione' delle istituzioni: a fronte di un'offerta Ford di 3.300 miliardi di lire in contanti (nel 1986) si preferì la risibile offerta Fiat di soli 1.072 miliardi, in 5 rate da pagare senza interessi a decorrere dal 1993 (un valore economico reale di non più di 400 miliardi di lire, importo ancora non interamente versato nelle casse dello Stato).

Per il volume complessivo dei finanziamenti pubblici ad oggi ottenuti, la Fiat è in Italia l'azienda privata che ha ricevuto più agevolazioni e finanziamenti pubblici di qualsiasi altra azienda sia pubblica che privata.

Ciononostante la Fiat, ancora in questi giorni richiede ulteriori aiuti di Stato (da trasformare in profitti privati) per ristrutturare, chiudere fabbriche e licenziare allo scopo di scontare il massimo prezzo nella prossima vendita 'chiavi in mano' - già concordata - dell'azienda alla GM.

Se la Fiat, con la complicità dei governi e della concertazione sindacale, è stata da sempre 'aiutata' a licenziare e garantirsi 'ricchezze private con finanziamenti pubblici', oggi, come lavoratori, consideriamo la Fiat e l 'Alfa Romeo 'beni collettivi e pubblici', già abbondantemente pagati dallo Stato ben al di sopra del loro valore reale, beni quindi da rilevare e requisire, e rilanciare sul mercato con un serio piano industriale.

Nel frattempo richiediamo da subito, per mantenere l'integrità produttiva e strategica del gruppo :

- la redistribuzione delle produzioni tra tutti gli stabilimenti Fiat (e tra Pomigliano ed Arese per l'Alfa Romeo),

- la riduzione a 32 ore dell'orario di lavoro a parità di salario,

- l'eliminazione dei turni a 'scorrimento' (a ciclo continuo) a Melfi, Pratola Serra e Termoli,

- il blocco della cassa integrazione in ogni stabilimento del gruppo e della chiusura degli stabilimenti di Arese, Termini Imerese e Torino,

- la parità salariale e normativa in tutti gli stabilimenti,

- la ricomposizione del processo produttivo polverizzato dalle esternalizzazioni.

Pomigliano d'Arco, li 7/11/2002

Commenti (1)

E' semplicemente vergognoso.

Non si può non pensare alla rissa in casa Agnelli per la spartizione di miliardi di euro collocati in Svizzera da Gianni Agnelli. Ammontare inesistente se il potere polito non fosse sempre stato in soggezione prime e generoso dopo con gli amministratori Fiat. Quello ammontare appartiene moralmente agli Italiani, e in particolare ai disoccupati Fiat. Questo pensiero non è di una persona comunista.

(27 Novembre 2009)

marco grasso

marco.grasso1@gmail.com

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