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Siria, Assad lancia le riforme

Sotto la pressione delle manifestazioni a Deraa che rischiano di allargarsi al resto del paese, il presidente siriano lancia un programma di riforme politiche. Basteranno?

(25 Marzo 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Siria, assad lancia le riforme

foto: www.nena-news.com

DI MICHELE GIORGIO

Roma, 25 marzo 2011, Nena News - Erano almeno 20mila le persone che ieri a Deraa hanno partecipato ai funerali delle vittime degli scontri tra dimostranti e polizia di due giorni fa. Il bilancio del bagno di sangue è ancora incerto: alcune ong locali parlano di 36 morti ma potrebbero essere molte di più. Sarebbero un centinaio le vittime sino ad oggi della repressione delle manifestazioni anti-regime divampate nella cittadina a poco più di 100 chilometri da Damasco. Oggi sarà un venerdì di collera, non solo a Deraa, ma anche, si dice, in altre città del paese, inclusa la capitale. A scopo «preventivo» ieri le forze di sicurezza hanno arrestato il giornalista e attivista Mazen Darwish e Ahmad Hadifa, un blogger molto noto.
Quella esplosa rappresenta la crisi più ampia che le autorità siriane affrontano dai tempi della rivolta islamista dell'inizio degli anni '80 alla quale lo scomparso presidente Hafez Assad, padre del raìs attuale Bashar Assad, mise fine con il terribile bombardamento a tappeto della città di Hama, roccaforte dei Fratelli musulmani (i morti furono almeno 10mila). Non che non siano mancate in questi anni le sollevazioni - con scontri e morti - nelle cittadine curde nell'est del paese. Così come le lotte al vertice tra gli stessi membri della famiglia Assad, al potere dagli anni '70. Ma le tensioni si sono sempre placate nel giro di qualche giorno. Stavolta è diverso.
Sebbene la protesta non abbia ancora accesso i centri urbani più importanti, la determinazione della popolazione di Deraa rischia di appiccare un incendio in tutto il paese. Proprio la brutalità degli uomini del mukhabarat (il servizio segreto) è stata la causa scatenante delle proteste. Ieri il quotidiano al Quds al Arabi ha rivelato che ad innescare la sommossa è stata la decisione di punire severamente alcuni ragazzini che avevano scritto slogan inneggianti alla rivolta.
Appena qualche settimana fa il presidente Bashar Assad si sentiva in una botte di ferro. «In Siria, il governo è in sintonia con il popolo, per questo non accadrà quello che è accaduto in Tunisia ed in Egitto», aveva detto Assad commentando le rivolte divampate nel Nordafrica. Ora anche lui è alle prese con manifestazioni popolari. Forte dell'esperienza di questi due mesi di rivolte arabe, il presidente tenta di correre ai ripari e, secondo quanto ha annunciato ieri un suo consigliere, prenderà «decisioni importantissime per soddisfare le richieste del popolo». Come una nuova legge sui partiti e sulla libertà di stampa, l'aumento degli stipendi dei dipendenti pubblici e dei posti di lavoro per i giovani e il rafforzamento del sistema giudiziario.
In sostanza Assad prova a ripercorrere il sentiero per il quale, brevemente, si incamminò subito dopo la sua ascesa al potere (alla morte del padre nel 2000), quando inaugurò la «primavera delle riforme». Strada che sotto la pressione dei vertici del partito Baath, dei servizi segreti e delle Forze Armate, fu costretto ad abbandonare in nome della stabilità. Potrebbe anche aprirsi al dialogo con i dissidenti firmatari della «Dichiarazione di Damasco». Ma in ogni caso questa volta non sarà soltanto lui a decidere.
Certo non sono mancati gli avvertimenti a cambiare rotta e a favorire quelle aperture chieste da una popolazione che in buona parte non è ostile al regime e crede che il presidente sia un riformatore, ma che è stanca di vivere in un sistema dominato dai servizi di sicurezza. Specialmente i più giovani. L'economia peraltro non aiuta il regime. La disoccupazione è elevata e il costo delle vita è in continuo aumento, a causa anche della svolta liberista impressa sei anni fa dal presidente e dal suo entourage.
Lo scorso giugno i due partiti comunisti (tollerati dal regime) denunciarono la progressiva rinuncia da parte del Baath ad un forte ruolo statale in economia e l'adozione di logiche di mercato che hanno minato il potere d'acquisto dei lavoratori. L'economia è il terreno sul quale a Deraa e in altri centri scendono ora anche gli islamisti per cavalcare la protesta, guidati dal leader dei Fratelli Musulmani, Riyadh al Shafqa, che lo scorso agosto ha proclamato la fine della tregua politica con il regime e la ripresa dell'opposizione. Nena News

questo articolo e' stato pubblicato dal quotidiano Il Manifesto

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