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Yemen, l'elezione forzata. hadi in carica da sabato

L'affluenza è stata del 60 per cento. Ha vinto Hadi, unico candidato, tra boicottaggi e violenze. E mentre alcuni si interrogano sulle modalità della transizione, il mondo plaude al nuovo, vecchio Yemen democratico.

(23 Febbraio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Yemen, l'elezione forzata. hadi in carica da sabato

foto: nena-news.globalist.it

GIORGIA GRIFONI

Roma, 23 febbraio 2012, Nena News. Continua il cammino verso la transizione democratica in Yemen. L’affluenza alle urne ha raggiunto il 60%: l’unico concorrente, il vicepresidente Abdel Rabbo Mansour al-Hadi (uomo di fiducia dell’ex-presidente Saleh e candidato del consenso tra maggioranza e opposizione) è il nuovo presidente dello Yemen. Entrerà ufficialmente in carica sabato e governerà per un periodo di due anni. Il voto è stato accompagnato dal boicottaggio - da parte dei gruppi separatisti del sud e delle confederazioni tribali sciite del nord - e da violenze, che finora hanno provocato 10 vittime nelle città meridionali di Mukalla, Lahj e Aden, dove è rimasto ucciso anche un bambino di 10 anni. Ma nonostante tutto, la comunità internazionale plaude alla svolta democratica yemenita: il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si è congratulato per il voto “piuttosto pacifico”, come anche la Gran Bretagna, che lo ha definito “un successo”.

Le presidenziali hanno interessato circa 10 milioni di cittadini su una popolazione di quasi 24 milioni di persone. Sono il risultato dell’accordo firmato lo scorso novembre a Riyadh tra i membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, guidato dall’Arabia Saudita, e il presidente yemenita Saleh, contestato per un anno dalla piazza e fautore di una repressione che ha provocato centinaia di vittime. Dopo la firma, Saleh avrebbe dovuto lasciare definitivamente il potere e il Paese. Invece, controlla ancora l’apparato militare tramite i suoi parenti e la politica grazie al suo vice, ora presidente. Nel Paese, ci è tornato subito dopo la firma, prima di andare a “curarsi” negli Stati Uniti: giusto in tempo per concedere un’amnistia generale – che in teoria non aveva più potere di concedere dalla cessione dei poteri a Hadi – e per assicurarsi un’immunità ad personam. E ora, promette di presentarsi per la cerimonia d’insediamento del suo alleato. Ma quella che inizialmente sembrava una visita simbolica, adesso assume sempre più i contorni di un ritorno definitivo: secondo il giornalista yemenita Mohammad al-Qadhi, riportato da al-Jazeera, il portavoce di Saleh ha affermato che “Saleh potrebbe mettersi a capo del partito, e non c’è niente nell’accordo del CCG che gli impedisca di farlo”.

Intanto, il sostegno all’elezione di Hadi arriva da molti. Tra le potenze occidentali spicca quello degli Stati Uniti, che per bocca del loro ambasciatore a Sanaa si erano detti “contenti che il consenso sia arrivato da ogni parte”. Due giorni fa, il Segretario di Stato Hillary Clinton ha dichiarato che “le elezioni sono un chiaro messaggio che la gente, in Yemen, sta guardando verso un futuro più democratico”. Ma il supporto a Hadi è giunto anche dall’interno del Paese: dal Fronte Comune dei partiti di opposizione, ad esempio, e da alcuni gruppi che hanno guidato la rivoluzione yemenita. Tra loro, anche il primo generale defezionista Ali Mohsen al-Ahmar e il premio Nobel per la pace Tawakkul Karman, una tra le più eminenti contestatrici del regime in Yemen, che ha definito l’elezione di Hadi “il frutto della rivolta dei giovani”.

Ma i giovani, su Twitter, non la pensano tutti come lei. Nonostante il voto per Hadi sia considerato da molti internauti più come la speranza di una nuova era senza Saleh che come un’elezione pilotata e antidemocratica, tanti denunciano un semplice ricambio di personalità piuttosto che una vera transizione. “Siamo scesi nelle strade –twitta Atiaf Alwazir – per chiedere un cambiamento totale del sistema, non per sostituire semplicemente le persone. Continueremo a lottare per i nostri diritti”. Ancora più diretta Raja Althaibani, che si dice “contenta di non essere in Yemen in questo momento. Non voglio far parte di queste elezioni. Siamo costretti a votare per un membro del regime. Ci stiamo forse perdendo qualcosa?”. Il pensiero va soprattutto al futuro del Paese che, con il boicottaggio da parte dei separatisti del sud e gli Houthi del nord, la povertà e la corruzione che dilagano e al-Qaeda che attanaglia intere città, rischia di essere ancora più difficile nonostante il cambio di personalità. Come intuisce Hana' al-Khamri: “Il presidente entrerà in carica sabato. Il danzatore se n’è andato, i serpenti rimangono. E il pantano politico dello Yemen continuerà”. Nena News.

Nena News

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