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L'infame protocollo Damiano del 23 luglio

(2 Ottobre 2007)

Il Ministro del Lavoro, Cesare Damiano, su l’Unità del 31 luglio 2007 ha rivendicato l’operato del governo nei quattordici mesi dall’insediamento. Un impegno, il suo, “per dare attuazione ai punti del Programma del Governo nell’ambito di specifica competenza del Ministero del Lavoro e della previdenza sociale”, il cui prodotto comprende un complesso di “interventi e misure (…) che costituiscono l’attuazione di un disegno organico”.

Un “disegno organico”, aggiungiamo noi, che si è esplicitato in un duro attacco al salario, ai diritti e alle tutele dei lavoratori, a tutto vantaggio dei poteri forti, degli industriali e dei banchieri.

Un disegno che ha trovato copertura e sostegno nella sinistra di governo (le quattro forze del "cantiere" per un nuovo partito socialdemocratico: Prc, Sd di Mussi, Pdci, Verdi) e nelle burocrazie sindacali; e ha incassato la mezza opposizione (o mezzo sostegno...) dei cosiddetti "parlamentari ribelli", inclusa Sinistra Critica di Cannavò che, al di là dei proclami sulla "necessità di opposizione", continua ad alternare voti a favore del governo, qualche (raro) voto contrario, astensioni e non partecipazioni al voto (tale è stato il voto di Turigliatto sul Dpef, motivato con la necessità... che in autunno cresca un movimento nelle piazze...).

Il governo, due giorni dopo aver acquisito l’accordo sulle pensioni, ha presentato alle parti sociali, sindacati e organizzazioni padronali, il Protocollo su previdenza, lavoro e competitività. Il “nuovo 23 luglio”, come è stato definito dal presidente del consiglio Romano Prodi.

Al tavolo, il 23 luglio 2007, proprio per segnare l’importanza che il governo attribuisce al Protocollo sul welfare, sedevano oltre a Prodi, Padoa Schioppa, Damiano, Bersani, Letta, per il Partito democratico, e Rosa Rinaldi, esponente rifondarola della sinistra di governo. In definitiva, il Protocollo di Damiano riesce persino a peggiorare il "Pacchetto Treu" e la Legge 30, mentre avvia lo smantellamento del Contratto collettivo nazionale di lavoro.

SI RAFFORZA LA PRECARIETA' DEL LAVORO

Vediamone in sintesi i principali contenuti in tema di precarietà:

Contratti a termine: dopo 36 mesi, anche non continuativi, nella stessa azienda il successivo contratto a termine deve essere stipulato alla presenza di un rappresentante sindacale presso la Direzione provinciale del lavoro. Senza questo passaggio il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato. Non ci sono né causali né tetti contrattuali nelle assunzioni di lavoratori a termine, pertanto le aziende possono farne un largo uso, mentre al sindacato è assegnato un mero ruolo certificativi.

Contratti interinali: i contratti di somministrazione individuale non sono sottoposti a vincoli e pertanto potranno continuare ad essere utilizzati dalle aziende.

Staff leasing: anche la somministrazione di gruppo potrà continuare ad essere utilizzata liberamente dalle aziende.

Lavoro a progetto: I contratti "cocoprò" permangono, in più nei prossimi tre anni l’accordo prevede un aumento dei contributi a carico di questi lavoratori

COSA SUCCEDE CON I CONTRATTI

Contratti aziendali: è prevista la detassazione e la decontribuzione dei contratti di secondo livello per la parte che forma il premio di risultato, aziendale e territoriale. Quest’accordo spostando la convenienza padronale sulla contrattazione aziendale, che ricordiamo copre appena il 30% dei lavoratori, mina il Contratto collettivo nazionale di lavoro, l’unico che può garantire il potere d’acquisto dei salari e la solidarietà tra tutti i lavoratori.

Straordinari: viene abolita la contribuzione aggiuntiva degli straordinari, prevista dalla legge 549 del ’95. Questi costeranno alle aziende di meno, quanto le ore ordinarie, e pertanto potranno incrementarne l’utilizzo e per questa via allungare la settimana lavorativa e peggiorare le prospettive occupazionali dei precari e dei disoccupati.

LE BUROCRAZIE SINDACALI RECITANO LA LORO PARTE

La Cisl e la Uil subito si sono dichiarate d’accordo sul Protocollo sul welfare. Il Direttivo nazionale della Cgil, riunitosi, dopo l’incontro con il governo, si è espresso a maggioranza a favore. La sinistra della burocrazia sindacale, Lavoro e Società e la Rete 28 aprile, ha espresso un giudizio negativo, mentre la maggioranza della Fiom, rappresentata da Rinaldini, si è astenuta.

Subito dopo, per una settimana, è iniziato uno scambio di lettere tra il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, e il presidente del consiglio, Romano Prodi. Un gioco delle parti in cui il primo, nel tentativo di gestire il forte malessere presente tra i lavoratori e i delegati in merito agli accordi, esprimeva qualche perplessità di merito e di metodo, mentre il secondo chiedeva al maggiore sindacato di firmare “per intero” il Protocollo. Un gioco delle parti che si riproduceva nell’alleanza di fronte popolare tra i ministri del Partito democratico e quelli della sinistra di governo.

Nel teatrino della concertazione, il gioco delle parti si concludeva infine con l’ultima lettera inviata il 2 agosto da Epifani a Prodi, con la conferma della firma della Cgil sull’intero Protocollo.

Il combinato tra riforma delle pensioni, Protocollo su previdenza, lavoro e competitività, e ultimi contratti firmati (dopo l’apertura alla triennalizzazione nel Pubblico impiego, i postali hanno avuto il contratto allungato a tre anni, nel turismo si è arrivati addirittura a quattro, mentre nella chimica si sono accettati deroghe al contratto nazionale) configura uno dei più pesanti attacchi registrati nell’ultimo decennio al lavoro salariato e ai giovani lavoratori.

Questi accordi, ne siamo certi, incideranno in profondità sulle condizioni materiali e politiche del proletariato per gli anni a venire, essi confermano e accentuano tutte le norme precarizzanti; riducono il salario diretto, indiretto e differito; aumentano l’età pensionabile e gli anni di contribuzione; abbassano i rendimenti pensionistici attraverso il combinato tra metodo contributivo e revisione dei coefficienti; costringono i lavoratori ad impiegare il proprio Tfr per una insicura pensione integrativa; portano allo smantellamento del Contratto collettivo nazionale di lavoro; allungano la settimana lavorativa e peggiorano la condizione dei lavoratori precari e disoccupati.

COMITATO per il NO all’accordo del 23 luglio ’97 Venezia

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