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Appello per la difesa ed il rilancio del Contratto Nazionale di lavoro

(21 Luglio 2008)

Alcuni giorni fa si è svolta, presso l’ospedale dell’Angelo, un’assemblea promossa da Cobas Sanità e dalla Rete 28 Aprile nella CGIL, che ha visto scarsa partecipazione di lavoratori ospedalieri.
Osserviamo con rammarico, come sia insufficiente lamentarsi per le condizioni di lavoro, per poi sottrarsi ad occasioni che possono essere utili per portare e discutere le varie problematiche… ma noi non ci arrendiamo!

Il governo ha varato il Documento Economico Finanziario per il 2009 fissando un indice di inflazione programmata all’1,7 %, che sarà il punto di riferimento per tutti gli aumenti salariali nei prossimi rinnovi contrattuali (sic !); la Finanziaria Tremonti per il 2009 prevede un notevole ulteriore sviluppo delle privatizzazioni e quindi miliardi di tagli ai servizi pubblici, in particolare sanità e scuola, blocco delle assunzioni e riduzioni delle dotazioni organiche, riduzione dei fondi della contrattazione integrativa; il decreto 112, dietro la campagna mistificante sulla meritocrazia ed innovazione della Pubblica Amministrazione e contro i “fannulloni”, svela in realtà il più grave attacco - da molti decenni - allo stato sociale.
Il ministro Sacconi ha annunciato la volontà di portare l’orario di lavoro fino a 65 ore settimanali, sono stati ripristinati i contratti a chiamata e sono stati abrogati i limiti per i contratti a termine, cancellando anche quelle note che avevano corretto la legge 30.

Nel frattempo il 18 giugno è iniziato tra Confindustria e la burocrazie sindacali il confronto sul modello contrattuale: l’obiettivo di Confindustria è smantellare il Contratto Nazionale.

Le richieste sono: il calcolo dell'inflazione ogni tre anni invece che due, con una ulteriore perdita del potere d'acquisto dei salari, il divieto per il Contratto Nazionale di prevedere aumenti oltre l'inflazione programmata, il controllo assoluto sul lavoro salariato attraverso la contrattazione aziendale, vincolata alla produttività.

Confindustria insiste: tagliamo i salari

Il 15 luglio si è svolto un nuovo incontro: Confindustria ha proposto di rinnovare i contratti avendo a riferimento un indice tra il 2 e il 2,2%, cioè molto vicino a quell’inflazione programmata dell’1,7%, già decisa dal governo.
Con un’inflazione Istat al 3,8% e una sui beni di prima necessità vicina al 6% la posizione della Confindustria porterebbe a un drastico taglio del potere d’acquisto delle retribuzioni, ancor più pesante perché articolato su 3 anni.
Inoltre la Confindustria ha proposto di non calcolare l’aumento delle retribuzioni sulla paga effettivamente percepita dai Lavoratori, bensì di calcolare l’aumento delle retribuzioni sui minimi tabellari, il che comporterebbe un’ulteriore riduzione dell’aumento effettivo rispetto a quanto necessario per tutelare il potere d’acquisto.
La Confindustria ha poi proposto di generalizzare l’istituto che già esiste in diversi contratti e che definisce un minimo di premio nazionale per chi è pagato solo con i minimi tabellari. Questo istituto sarebbe però di una dimensione talmente ridotta da non riuscire neppure lontanamente a recuperare il potere d’acquisto perso con gli aumenti sui minimi tabellari.
Il prossimo incontro è convocato per il 24 luglio.

Da più di vent’anni il Contratto Nazionale è sotto attacco: nel 1984 il governo Craxi aveva tagliato di 4 punti l’indennità di contingenza e nel 1992 il governo Amato, in accordo con Cgil, Cisl e Uil, ha soppresso del tutto la scala Mobile.
Con la fine della Scala Mobile, conquistata nel 1946, il Contratto Nazionale di Lavoro ha perso l'aumento automatico dei salari di tutti i lavoratori e pensionati, calcolato ogni sei mesi in base all'aumento del costo della vita.

Con l’indebolimento del CCNL ogni anno una percentuale sempre più alta di ricchezza prodotta viene tolta ai salari e regalata ai profitti.
Nel 1983 il 77% della ricchezza - PIL - andava ai salari ed il 23% ai profitti, nel 2005 ai salari va meno del 69%, mentre ai profitti oltre il 31%: l'8% del PIL in più ai profitti rispetto a vent'anni fa. Una cifra pari a 120 miliardi di euro, che significa 5 mila 200 euro del salario di ogni lavoratore, e questo ogni anno.

Senza contrattazione collettiva il lavoratore è solo, estremamente ricattabile attraverso la contrattazione individuale.
Il CCNL rimane l’unico strumento CERTO di recupero del salario per tutti i lavoratori.

I lavoratori dell’Asl 12 Veneziana esprimono quindi tutta la loro preoccupazione rispetto un’ipotesi di riforma che congeli e svilisca il Contratto Nazionale, che metta in discussione il suo valore rivendicativo economico e di tutela dei diritti, il suo significato di mantenere coesione e solidarietà fra gli stessi lavoratori.

difendiamo e rilanciamo il Contratto per garantire il recupero del potere di acquisto dei salari


Venezia - Mestre 18 luglio 2008

COBAS Sanità Venezia

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