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Lo spazio politico europeo

(2 Agosto 2008)

Il Parlamento Italiano ha approvato all'unanimità, in entrambi i suoi rami, il Trattato di Lisbona (quello respinto dagli irlandesi attraverso un referendum: tanto per intenderci): la Lega Nord ha appena storto il naso, ma l'operazione bipartisan è andata felicemente in porto con grande soddisfazione della Presidenza della Repubblica e la dimostrazione di legittimo orgoglio da parte di quella del Consiglio.

Tanto per capirci subito si tratta dell'atto di gran lunga più importante, sul piano politico, che le Camere elette il 13-14 Aprile 2008 hanno fin qui compiuto, e lo hanno compiuto all'unanimità: altro che le cortine fumogene fin qui elevate sui più svariati argomenti.

I passaggi decisivi si fanno assieme, in una sorta di regime bipartitico con collaterali, e così sarà in seguito su altri temi dello stesso spessore come la modifica della Costituzione Repubblicana in senso presidenzialista (la Lega allora non farà la ritrosa, perché il boccone sarà ampiamente cosparso delle zucchero del federalismo “egoista”, quello del federalismo fiscale senza “plafond” comune e, sul tema dello stato sociale, avremo la rivisitazione dei LEA con l'esclusione degli emigrati cittadini italiani da meno di dieci anni).

Non è questo, però, il tema dell'intervento: bensì l'occasione è buona per sottolineare che, mai come in questa occasione, abbiamo toccato con mano la gravità dell'esclusione della sinistra dalle aule di Camera e Senato.

Non è bieco parlamentarismo il nostro, anzi: ma il riconoscimento della necessità, ad un determinato livello, di poter disporre, proprio per un corretto esercizio dell'iniziativa politica, dell'arena parlamentare in modo da fornire visibilità e adeguata autorevolezza alle proprie posizioni.

Immagino anche che, magari, a sinistra (usando le vecchie nomenclature) ci si sarebbe potuti dividere sul voto: ma non sarebbe stato questo il punto.

Il dato importante sarebbe quello dell'espressione di determinate posizioni sui temi più delicati della politica internazionale, del modello sociale europeo, della concezione della democrazia: tutti argomenti che latitano all'interno del complesso reticolo istituzionale dell'Unione Europea, suddiviso tra Consiglio dei Ministri, Commissioni ed un Parlamento privo di poteri, elefantiaco, sul punto (con le elezioni a 27 del 2009) di trasformarsi in un gigantesco, per dirla con Antonio Gramsci, “chiacchierificio”.

L'espressione di queste posizioni non c'è stata, e ne è seguita una mortificante unanimità.

Ho ricordato queste cose in relazione ad un fatto importante politicamente, anche se i giornali gli hanno dedicato poco spazio (molto meno, ovviamente, rispetto alle registrazioni dei dossier fabbricati dai servizi segreti “privati”) anche per ricordare come questa sia la politica vera, quella che conta, in una sinistra ormai incapace di farla, stretta tra il politicismo ed il governativismo del “in alto a sinistra” e la ricerca delle proprie radici plebee del “in basso a sinistra”: il tutto condito dalla furibonda polemica sulle frequentazioni salottiere.

L'Europa come “spazio politico” in cui intervenire, ecco un argomento da affrontare rapidamente: portando istanza sociali, ricercando collegamenti, ma soprattutto recuperando l'idea di un allargamento degli spazi di democrazia, l'idea di un Parlamento provvisto di poteri reali, l'ipotesi di un recupero, in quella sede, di nuovi, più avanzati, livelli di comune appartenenza.

Se le elezioni europee si affronteranno divisi per linee identitarie ormai defunte, litigandosi gli spazi davanti a fabbriche dai cui cancelli escono operai sempre più annoiati di queste cose ed in ansia per l'economia, lo stato sociale, le condizioni materiali di lavoro cui nessuno fornisce risposta, non comprendendo il valore della posta in gioco, allora si ripeterà (come è molto probabile) il risultato del 13 Aprile 2008 (non uso la parola disastro: qualcuno, nei giorni immediatamente successivi al voto pensava che attraverso quel risultato potesse aprirsi una fase di radicale rinnovamento. Oggi dopo i congressi tenuti dai “nani più alti del mondo” verrebbe da dire che il disastro non è stato il 13 – 14 Aprile perché il peggio sarebbe cominciato ad arrivare in seguito).

In bocca al lupo ragazzi!

Savona, li 1 Agosto 2008

Franco Astengo

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