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(16 Dicembre 2008)
L’uso politico, anzi nettamente antisindacale, del maltempo è un classico della televisione italiana che non ha precedenti nelle altre catene televisive dell’Unione Europea, nemmeno nella declinante tv francese.
L’edizione delle 20 di venerdì rappresenta in materia un piccolo caso da manuale nella capacità di mostrare che conciliare disinformazione reale e rispetto formale della legislazione in materia è un classico del tg diretto da Gianni Riotta. Che, fa bene ricordarlo, è direttore del tg1 in quota centrosinistra e, se le cose stanno così, c’è davvero da immaginarsi quali capolavori di disinformazione potranno essere scolpiti nel momento in cui il principale tg pubblico sarà gestito dal centrodestra. E qui prima di entrare nel dettaglio dell’edizione di venerdì è necessaria una premessa: i contenuti prodotti da tutte le piattaforme mediali per quanto riguarda la sfera politica generale trovano ancora centralità nei temi costruiti dalla televisione. La forte evoluzione delle piattaforme mediali non ha ancora intaccato questa centralità: per adesso quindi l’agenda politica per il nucleo forte della sfera pubblica la fa ancor oggi la televisione. Per cui chi gestisce la televisione stabilisce gerarchia ed importanza dei contenuti politici per il nucleo forte della società. E’ un fenomeno dalla comprensione elementare ma che, incredibilmente ancora oggi, trova le forze politiche e sindacali di sinistra e dei movimenti del tutto impreparate ad affrontarlo e a collocarlo nella loro agenda di contrattazione.
Bene, se guardiamo all’edizione del tg1 di venerdì sera, che ha caratteristiche di massimo ascolto nel giorno dello sciopero, dobbiamo prima di tutto constatare che i primi 12 minuti, assieme all’apertura, sono stati dedicati alla questione maltempo in Italia. La maggior fascia di spettatori, quella che storicamente si colloca nei primi dieci minuti di ascolto e poi migra col telecomando, non ha avuto quindi alcuna informazione sullo sciopero generale di qualche milione di lavoratori. Insomma: lo sciopero trattato come nei tg dove le notizie le leggevano i militari in divisa e senza bisogno di sparare un colpo.
Questa considerazione si rafforza perché lo sciopero non era nell’indice delle notizie (una novità assoluta per uno sciopero generale). Siccome non si trattava di uno tsunami in arrivo, ma di normale maltempo che fortunatamente non ha causato nemmeno un morto, si capisce come il maltempo sia stata l’occasione per far sparire lo sciopero generale dalle notizie che milioni di italiani attingono nei dieci minuti di collegamento che fanno con il tg. Insomma, una serie di notizie che al massimo sarebbero state da collocare nel servizio Cis-viaggiare informati o nei tg regionali (compresa la vicenda del Tevere che, come è stato detto anche al tg delle 20, non rischiava affatto di straripare a Roma) ha invece costruito quella barriera corallina dell’informazione atta a impedire la circolazione delle notizie sullo sciopero. Tanto per eccedere in zelo il tg1 dopo il primo quarto d’ora, quando già erano fuggiti qualche centinaio di migliaia di telespettatori, ha prima mandato il servizio sul giudizio negativo del governo nei confronti dello sciopero e solo dopo 21 minuti un breve servizio sulla manifestazione di Bologna omettendo le altre. Non solo quindi sono stati pubblicati i giudizi, nell’evidente tentativo di orientare i fatti, ma dello sciopero non sono stati riportati né i numeri dei manifestanti né le città che hanno partecipato. Rigorosamente omessa ogni intervista ai manifestanti. Eppure lo stesso tg aveva riportato, nella prima notizia, una intervista ad una signora che aveva il sottoscala allagato e ad signore che non riusciva a passare su una mulattiera a causa della neve (sai che evento epocale da prima serata su un tg visto in tutto il mondo). Il banale come notizia resa spettacolare per neutralizzare l’importanza del fatto politico, insomma.
Questo modo di costruire l’informazione, e il simbolico del reale che ne deriva, spettacolarizzando l’inutile e il banale per neutralizzare la portata politica di altri eventi è stato ripreso subito nella giornata successiva. Repubblica di stamani non ha riportato la notizia dello sciopero generale in prima pagina, cosa mai successa in decenni, mentre il tg1 delle 13,30 del giorno successivo si è concentrato sul maltempo per neutralizzare la portata di un’altra notizia: quella di una rivolta di extracomunitari in Calabria con dinamiche simili a quella di Castelvorturno a poche settimane dai tragici fatti accaduti in Campania.
Questa vicenda rappresenta quindi un preciso avvertimento a chi, dopo aver marciato orgogliosamente alla manifestazione, crede di aver finito il proprio lavoro. Che invece comincia al momento in cui bisogna operare per garantire imparzialità e approfondimento all’informazione che si scatena proprio quando la manifestazione è finita e tutti stanno tornando a casa. Curioso che questo problema politico strategico da qualche decennio, non solo nella comunicazione politica ma anche nella politica tout court, sia solo considerato una calamità ineluttabile alla stregua del maltempo. Perché oggi più che mai possiamo dire “piove governo ladro”: perché se piove il governo ha maggiori occasioni di nascondere le notizie rubando in materia di correttezza dell’informazione e di orientamento della sfera pubblica
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