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(7 Agosto 2011) Enzo Apicella
Dopo il declassamento dei titoli di stato USA, la Cina chiede garanzie e una risoluzione "strutturale" del debito nordamericano

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Strategie mediatiche: complicare le cose semplici

(8 Febbraio 2009)

Fino a quando le verità elementari saranno offuscate dalle cortine fumogene dei media, profumatamente pagati per confondere le idee, omettere le notizie più importanti, non far emergere mai la sostanza dei problemi?

La crisi finanziaria mondiale, originata dagli USA, non prevista dai cervelloni pagati per farlo, ha due fattori scatenanti fondamentali: il primo è che in 8 anni di governo Bush il debito pubblico americano è raddoppiato per il costo insopportabile dei 3.000 miliardi di dollari spesi per l’aggressione all’Iraq. L’altro fattore, strutturale, è la crescita di economie importanti come quella cinese, dell’India della Corea, del Giappone, di Taiwan, del Brasile, che hanno strappato monopoli e importanti settori di mercato alla vecchia egemonia americana.

Per questo secondo fattore non c’è niente da fare, il fenomeno del ridimensionamento Usa è irreversibile, e il vecchio gioco colonialista e guerrafondaio improponibile.

C’è solo la possibilità di tagliare le immense spese militari che non solo sono all’origine del declino economico, ma a conti fatti, non hanno portato quei vantaggi che la politica colonialista e imperiale ha portato nella storia.

L’impero romano, e soprattutto quello inglese, indicano con chiarezza quale sarà certissimamente la fine dell’America e della sua pretesa di governare il mondo.

Quando benedico questa crisi e spero che sia ancora più profonda e devastante di quello che ci appare oggi, lo faccio perché sono certo che di fronte a milioni di disoccupati gli Usa non potranno più giustificare i costi di 900 basi militari sparse nel mondo, non potranno più sostenere la guerra all’Afghanistan, non potranno più tenere in piedi la Nato, e si dovranno occupare di pagare i debiti di cui il più grande creditore è la Cina, di rilanciare l’economia interna, di ridurre la dipendenza dal petrolio, di dare finalmente assistenza sanitaria a quei 50 milioni di americani che sono lasciati a crepare senza aiuto.

Quando 20 anni fa crollò l’Unione Sovietica, il primo settore che subì giganteschi tagli fu proprio quello delle spese militari, e piano piano l’economia russa si risollevò.

Il capitalismo americano, con le sue truffe, la sua assenza di etica e di morale, con le sue guerre, le sue incapacità di competere con altre economie, con le sue speculazioni, è fallito, e purtroppo viene aiutato con i soldi pubblici a risollevarsi e continuare nel suo ciclo perverso.

Ma il fallimento non è solo finanziario. E’ fallito anche un modello di sviluppo che ha recato danni irreversibili all’ecosistema per l’irresponsabilità criminale di chi sostiene che bisogna rilanciare i consumi per uscire dalla crisi, mentre proprio l’insostenibile consumismo e gli sprechi sono all’origine della crisi ambientale.

Il futuro ce lo garantiranno solo quelle persone e quelle scelte che andranno nella direzione della SOStenibilità, anche demografica. Qualunque politica nazionale deve marciare verso l’autosufficienza energetica con le rinnovabili,e l’autosufficienza alimentare con profonde ristrutturazioni nel senso di una agricoltura diffusa e legata ai consumi dei territori.

Il presupposto di tutto ciò è che una nuova politica detti le regole all’economia e che la mostruosa globalizzazione sia buttata al cesso e ognuno cerchi di risolvere i problemi a casa propria, anche quelli della sovrappopolazione, perché non è giusto affidarsi alla emigrazione se non ci si vuole responsabilizzare nella procreazione.

I flussi migratori sono figli della globalizzazione e stanno rendendo invivibili molte nazioni. Non bisogna dimenticare che le religioni, in particolare quella islamica, appoggiano questo fenomeno, e siccome i preti di tutte le risme ragionano su tempi lunghi, sanno benissimo che in pochi decenni la maggiore prolificità dei musulmani porterà a nuove maggioranze, e per chi ha l’obiettivo di combattere gli “infedeli” è una strada in discesa.

8 febbraio 2009

Paolo De Gregorio

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