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(15 Novembre 2010) Enzo Apicella
Continua la protesta degli immigrati bresciani sulla gru contro la sanatoria truffa

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Il sonno del movimento operaio e il dramma dei migranti

(15 Maggio 2009)

Il ministro della xenofobia continua a rispedire in Libia carichi di uomini, bambini, donne incinte e neonati, come pacchi respinti senza aprirli, carichi di spazzatura, spam. Per “difendere” la legge, la tradizione, il cristianesimo. Non è soltanto una violazione della costituzione e del diritto internazionale, ma anche di una millenaria tradizione di ospitalità. Con gli stessi criteri, si sarebbero rinviati indietro Einstein e Fermi. E intanto abbiamo la tragedia della donna che si è impiccata nel bagno del centro di espulsione romano di Ponte Galeria, dove era rinchiusa dal 24 aprile. Le avevano detto che l’avrebbero rimandata in Tunisia.

Ci sono state, è vero, proteste, ma in altri periodi fatti così vergognosi avrebbero scatenato un’ondata di manifestazioni e di scioperi. Oggi, niente di tutto ciò. Molti operai vedono l’immigrato come un pericoloso concorrente per il posto di lavoro.

I sondaggi dicono che la maggior parte degli operai vota a destra. Questo è il risultato dei tradimenti e del trasformismo delle forze che si dicevano di sinistra, dai DS a Rifondazione e ai comunisti italiani. Eppure il problema è noto da ben più di un secolo. Marx scriveva nel 1871: “Laddove la classe operaia non è ancora progredita nella sua organizzazione al punto da potere intraprendere una campagna decisiva contro il potere collettivo, cioè il potere politico delle classi dominanti, essa deve comunque venire educata in tal senso attraverso la continua agitazione contro (e per un atteggiamento ostile verso) la politica delle classi dominanti. Nel caso contrario essa rimane una palla da gioco nelle loro mani…” (1) Gli opportunisti, invece, hanno sempre praticato l’alleanza con l’ala sedicente progressista della borghesia. Quando militanti dell’estrema sinistra evidenziavano i pericoli impliciti nella politica opportunistica dei partiti ufficiali di sinistra, li si tacciava di settarismo (o, addirittura di provocazione). Ora si vede dove i D’Alema, i Bertinotti, i Diliberto hanno portato molti lavoratori: a essere un trastullo nelle mani di leghisti e berlusconidi.

Il livello di coscienza di classe è variabile, spesso ha un andamento carsico. Non sono certo in grado di influenzarlo in modo determinante i gruppi e i gruppetti, si autoproclamino o no partiti. Non si discutono le intenzioni, ma il risultato non è esaltante. La stragrande maggioranza dei lavoratori, poi, non riesce a capire le motivazioni, storiche o contingenti, che hanno portato alla frammentazione dell’estrema sinistra. D’altra parte, un gruppo politico che esista da decenni, anche con un’inossidabile fedeltà ai propri principi, se non riesce ad avere voce in capitolo nelle lotte di classe, a influenzare i lavoratori, è inevitabilmente considerato un reperto archeologico.

Il futuro partito di classe non sarà una filiazione di questi gruppi, anche se i meno settari tra questi potranno sciogliersi in esso, portando le proprie esperienze e un prezioso contributo teorico. Credo, invece, che nascerà da un intervento diretto di gruppi politicizzati di lavoratori. Ovviamente è impensabile che, come Minerva, scaturisca armato di tutto punto dal cervello di Giove. Non è possibile ripartire da livelli di coscienza paragonabili a quelli del 1920. L’arretratezza della coscienza delle masse può essere superata con una dose massiccia di lotte, che costituiscono la migliore delle pedagogie rivoluzionarie, ma il livello di partenza necessariamente sarà piuttosto basso. Marx ci ha insegnato come si poteva fare una politica rivoluzionaria e salvare il messaggio essenziale del comunismo, anche quando, invece che agli avanzati compagni della Lega dei Comunisti, si rivolgeva a quelli spesso politicamente più arretrati, ma estremamente più numerosi, della Prima Internazionale. Nella nascita di quest’ultima ebbe grande peso un problema simile a quelli attuali: il capitale inglese, per indebolire il proletariato locale, importava manodopera francese, inconsapevole della funzione che i padroni le assegnavano.

La situazione fece comprendere ai lavoratori che soltanto con un collegamento sistematico tra i lavoratori dei diversi paesi era possibile reagire a tale pericolo. Marx intervenne in questo movimento, con una pazienza che, dato il suo temperamento, gli costava moltissimo. Molti militanti pretendevano di difendere gli interessi degli operai senza far politica, o rifiutavano lo sciopero. Però la reazione dei lavoratori allo sfruttamento e il tenace lavoro dei marxisti fecero di quest’organismo un esempio per tutti i partiti di classe successivi. Per salvaguardare l’unità dell’Internazionale, Marx ed Engels giunsero a sacrifici politici inimmaginabili. In un documento dell’Associazione scrissero: “... sarà proibito alle branche, ai gruppi e i loro comitati d’ora in poi di designarsi con denominazioni di setta, come ad esempio: positivisti, mutualisti, collettivisti, comunisti, ecc., o di costituire corpi speciali, i quali, sotto indicazioni quali: sezione di propaganda ecc, si propongono di svolgere una missione particolare, divergente rispetto agli scopi comuni dell’associazione.” (2) Come si vede, per salvaguardare l’unità dei lavoratori, erano disposti anche a non definirsi comunisti.

Oggi avviene il contrario: la denominazione “comunista” è considerata come un logo, un diritto di copyright della ditta Ferrero & Diliberto, uno specchietto per le allodole per acchiappare voti, anche se con risultati sempre più modesti, perché è facile comprendere che si tratta solo del guscio vuoto, e che il comunismo è da cercare altrove.

Durante la prima guerra mondiale, Lenin capì che la Svizzera aveva un’importanza notevole, perché vi si parlavano le lingue di alcuni dei fondamentali paesi belligeranti, e vi erano numerosissimi immigrati. Da questo paese potevano partire efficaci iniziative contro la guerra, e l’eco mondiale della conferenza di Zimmerwald lo dimostrò. Oggi, tutta L’Europa occidentale è come la Svizzera, milioni di immigrati, che usano le lingue più diverse, vi sono presenti. Qui si può condurre la propaganda contro un conflitto insidiosissimo, la guerra tra poveri, tra lavoratori locali e i migranti, seguendo l’esempio degli internazionalisti di un tempo. La paura e il sospetto possono essere sostituite dalla solidarietà di classe.

Anche in Italia ci sono collettivi di lavoratori che, persa ogni fiducia nei partiti ufficiali, lavorano per ricostruire una solidarietà di classe. Sono questi i più idonei ad allacciare rapporti con gli immigrati, ad assumersene la difesa, con l’appoggio di altri militanti sindacali e politici, per tendere verso un’unificazione delle spinte classiste. Il fatto di essere recenti, di non dover rispondere di una lunga serie di errori e di settarismi, e di non essere sospettati di ambizioni elettoralistiche, li rende particolarmente apprezzabili agli occhi dei lavoratori stranieri. Alcuni hanno già accolto al loro interno militanti immigrati. Se sapranno svolgere fino in fondo questo loro compito, si sarà compiuto un passo gigantesco verso la ricomposizione del movimento operaio internazionale.

12 maggio 2009

Note

1) Karl Marx, Lettera a Friedrich Bolte, a New York, 23 novembre 1871, in”Karl Marx e Friedrich Engels: Critica dell’anarchismo” a cura di Giorgio Backhaus.

2) Karl Marx- Friedrich Engels: “Risoluzione della conferenza dei delegati dell’Associazione Internazionale degli operai riunita a Londra dal 17 al 23 settembre 1871”.

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