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La CGIL e lo sciopero dei migranti

(3 Marzo 2010)

Ieri bellissime manifestazioni di lavoratori migranti hanno conquistato l'attenzione ed il rispetto di tanta parte dell'opinione pubblica italiana. La RaiTV ed i massmedia, per una volta, hanno assolto ad un servizio di informazione decente che ha fornito elementi essenziali di conoscenza. E' stato detto quanto il lavoro degli stranieri concorra alla formazione del PIL (9,5%) e come lo Stato incassi da loro ben 13 miliardi di euro di tasse. E' stato detto che i versamenti al sistema pensionistico INPS sono straordinariamente importanti dal momento che trattasi di contribuenti giovani e che senza il loro apporto si avrebbe financo difficoltà a pagare la pensione agli italiani. Si è detto della "qualità" di queste persone: moltissimi sono laureati anche con due lauree, parlano diverse lingue, sono essenziali nell'agroindustria. Senza di loro le grandi campagne di raccolta di arance, pomodoro, patate e le stalle della pianura padana sarebbero deserte. Da siciliano aggiungo che la flotta peschereccia non potrebbe salpare da Mazara del Vallo senza i marinai tunisini e maghrebini. Insomma, ieri l'antirazzismo, il pregiudizio, hanno perduto molta della loro petulanza e si è controbilanciato con cortei civilissimi, con parole d'ordine ispirate alla libertà ed alla democrazia le tante campagne "securitarie" e di odio che da anni imperversano e seminano discordia e divisione.

L'atteggiamento delle grandi confederazioni italiane rispetto lo sciopero di ieri è stato deludente. La Cisl e l'Uil ne sono rimaste fuori, la CGIL ha partecipato ma non come Confederazione, a macchia di leopardo, con l'impegno di tante strutture locali. Soltanto la Fiom è stata presente come organizzazione nazionale. Partita da molti dubbi sull'utilità e sulla giustezza di uno sciopero di soli migranti, la CGIL non è riuscita a pervenire all'espressione di un appoggio convinto sul piano nazionale, non ha contribuito nè all'elaborazione delle parole d'ordine che sono rimaste quasi tutte "difensive" e non rivendicative e, sopratutto, non ha deciso di sostenere politicamente le ragioni della lotta di ieri con il Governo ed il padronato italiano. Ha fatto mancare l'appoggio politico allo sciopero consentendo alle sue strutture periferiche di appoggiarlo solo sul piano organizzativo.

Oggi, se ci fosse stato un comunicato della CGIL magari accompagnato da una dichiarazione di Guglielmo Epifani si sarebbe dato il giusto sbocco al movimento di lotta. C'è un silenzio assordante che danneggia la lotta di ieri e non dà seguito alle sue ragioni. Eppure cose giuste da sostenere ce ne sono tante a cominciare dalla abrogazione del reato di clandestinità, dal diritto alla cittadinanza, dalla chiusura dei lagers CIE. Il rispetto dei contratti collettivi di lavoro e l'istituzione di un Salario Minimo Garantito potrebbero essere una giusta risposta a quanti a Rosarno o nelle campagne napoletane o nelle stalle del Nord lavorano per pochi spiccioli al giorno. Il Salario Minimo Garantito potrebbe unificare lavoratori stranieri con gli schiavi della legge trenta e aprire una speranza per tutti di migliori condizioni di vita.

L'Italia ha bisogno di un generalizzato aumento dei salari e di mettere un limite alla loro base. Lavoro retribuito con paghe da schiavi e poco tiene depressa l'economia e sta distruggendo il commercio interno.

Ma le Confederazioni Sindacali hanno deciso che così va bene e che le cose non possono cambiare. La CGIL si accinge allo sciopero del 12 marzo che potrebbe revocare se il Governo concede l'elemosina una tantum di 500 euro. Uno sciopero al quale la gente aderirà perchè la sofferenza è tanta e tanta è anche la domanda di lotta. Ma che non cambia niente perchè non chiede niente!

Magari Epifani pensa che l'avere ottenuto l'ottanta per cento dei voti congressuali sia la prova del consenso alla linea di basso profilo e di passiva indifferenza tenuta in questi anni. Una linea che subisce una agenda dettata dalla Confindustria con cui si discute soltanto di che cosa ed in quale quantità togliere ai lavoratori. Ma questo ottanta per cento mette in luce un deficit di democrazia e di libertà come certe votazioni che avvenivano nei paesi dell'Est europeo. Non era vero che la gente fosse soddisfatta di quei governi . Non è detto che il popolo della CGIL sia contento. Semmai il consenso è una sorta di delega che ancora viene data alla dirigenza nella speranza che le cose migliorino.

Pietro Ancona

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