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Ventiquattro ore senza di noi

Ventiquattro ore senza di noi

(1 Marzo 2010) Enzo Apicella
Sciopero generale dei lavoratori migranti

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Reportage sulla condizione scolastica dei bambini considerati stranieri

(10 Aprile 2010)

Quelle banlieuex di casa nostra

Quattro pezzi difficili. Quattro zone della capitale a rischio per gli extracomunitari: Pigneto, Tor Bella Monaca, Trullo, Magliana. Periferie vecchie e nuove dove la cronaca racconta di assalti e aggressioni al “negro”. Un tempo in quella banlieue nostrana i rapporti sociali venivano, se non controllati, perlomeno mediati da certa politica. C’erano sezioni di partito con la falce e martello, comitati di quartiere che interpretavano i bisogni collettivi e attutivano il crudo soggettivismo della piccola malavita. Di quel passato laico non è rimasto quasi nulla. Alcuni luoghi hanno fatto maquillage e propongono svaghi socio-culturali, in altri casi resta il brullo suburbio dove si vive come negli anni Cinquanta solo con più pretese di shopping e l’assenza di qualsiasi ideale. E’ la terza generazione dei quartieri-dormitorio, luoghi dell’alienazione senza futuro in cui riversare frustrazioni contro il migrante col benestare di certa “nuova” politica. In queste città nella città la scuola può rappresentare l’ultimo salvagente sociale, il riscatto relazionale degli italiani di domani, specie se si tratta di un domani già attuale e assume inesorabilmente i contorni del melting pot che qualcuno demonizza. Quest’inchiesta dà voce a chi plasma le direttive del Ministero della Pubblica Istruzione alla variegata realtà della periferia della capitale: i direttori delle scuole elementari, ora dirigenti scolastici. Discorrono della circolare Gelmini n. 2 dell’8 gennaio scorso, che introduce un tetto fino al 30% di bambini figli di non italiani ammessi in ciascuna classe, non in base a fumose teorie ma raccontando il vissuto.

Gelmini e la scuola degli altri bambini

Alle elementari del Pigneto non trovi i pronipoti del Germi ferroviere né quelli degli amici di Accattone. Altre epoche, altro mondo, altro Pigneto. Insieme ai bambini romani che hanno smarrito i tratti popolani di Sandrino ci sono coetanei rumeni e cingalesi. La circolare Gelmini ha in certi casi creato talmente tanto scompiglio che una scuola non distante da qui dall’altisonante nome risorgimentale, Carlo Pisacane, è stata al centro di amplissime attenzioni perché in alcune sezioni registrava oltre il 90% di presenze straniere. Hai voglia a far deroghe (pur previste dalla circolare), quella è una situazione per la quale Bossi può confermare l’assedio extracomunitario alla nostra scuola. Il fatto deve aver creato qualche problema alla dirigente scolastica diventa inavvicinabile, protetta dal ferreo filtro di un’addetta alla portineria che risponde meccanicamente: “La dirigente non c’è” “La dirigente è in riunione”. L’ha ripetuto per due settimane consecutive né è servito andare sul posto, c’era lei a presidiare l’ingresso “Signora, perché nelle altre scuole ci accolgono e qui è impossibile parlare con la responsabile, dobbiamo interpellare il Ministero?” “Sapesse quanto ho da dirgliene io a quelli del Ministero…”. Sarà la circolare ad aver surriscaldato il clima ? Comunque quando il professor Marcello Greco della Enrico Toti nel vicino Pigneto ci riceve senza complicazioni, pensiamo che per la scuola primaria non sia ancora scattato il codice rosso. “Anche se di pochissimo noi siamo al di sotto del 30% - afferma - talune alte percentuali registrate scaturivano da una mancata distribuzione delle quote in ogni classe, poteva capitare che certe avessero oltre il 50% di alunni stranieri, altre attorno al 10%. Questo accade anche per accontentare le richieste delle famiglie di far stare insieme i bambini. Io trovo corretta una distribuzione vigilata perché aiuta quell’integrazione di cui sia gli stranieri sia lo Stato Italiano hanno bisogno. In proiezione la presenza migratoria potrà crescere e rendere necessarie soluzioni diverse specie in quei posti, penso ai piccoli paesi, dove esiste una sola scuola. Lì la concentrazione sarà inevitabile né si potrà impedire l’istruzione ai bambini di altre nazionalità”. Un aggiramento dell’ostacolo è offrire cittadinanza a chi nasce in Italia, allora le quote non raggiungerebbero picchi altissimi “Qui il discorso riguarda la composizione della comunità nazionale. Attualmente non possiamo rovesciare i termini: le tradizioni degli immigrati devono essere rispettate ma non possono prevalere sulla nostra cultura. E’ l’Onu stesso a fornire simili indicazioni. La scuola può giocare un ruolo importantissimo per la formazione dei cittadini di domani, i bambini s’integrano meravigliosamente, non guardano il colore della pelle o la lingua parlata, comunicano con la gestualità, si legano col gioco. La scuola pone basi solide alla società multietnica”.


“A lavorare nel 71° Circolo si arriva per caso e si resta per amore” sostiene Silvana Trapani da cinque anni dirigente di una elementare di Tor Bella Monaca considerata di frontiera. Circa ottocento alunni, di cui 160 stranieri, comunitari ed extra, in maggioranza rumeni, quindi nigeriani, egiziani, indiani. “Per ora non superiamo il fatidico tetto del 30% ma potrà accadere se si continuano a considerare stranieri i figli di migranti che nascono in Italia. I nostri scolari hanno proprietà linguistiche di base che gli consentono un apprendimento non problematico come chi parte da zero. Per questi casi c’è una maestra impegnata solo sulla lingua, una figura che va scomparendo per i noti tagli dei fondi scolastici, chi va in pensione non viene sostituito”. Qualche forze giovane c’è: la maestra Claudia Rossetti che dopo cinque anni di precariato e un concorso vinto è passata di ruolo “Per insegnare a Tor Bella Monaca non dico che serve coraggio ma tanta buona volontà sì, perché parecchie famiglie vivono situazioni disagiate. Nella migliore delle ipotesi fanno i conti con la disoccupazione, poi ci sono storie di tossicodipendenza passate e presenti, casi di genitori ex detenuti o di chi ha l’obbligo del rientro serale in cella. Alcuni bambini non conoscono il padre, altri vedono la mamma con compagni sempre diversi, molte donne sono ragazze-madri. Queste vicende riguardano prevalentemente bambini italiani, le famiglie straniere, soprattutto di alcune etnìe, hanno una struttura tradizionale e conducono una vita regolare. Magari vivono la contraddizione di scarse risorse economiche e vedono la scuola come riscatto sociale. I migranti sono molto attenti ai risultati dei figli. Un altro pericolo, l’abbandono precoce dello studio, non avviene mai nella scuola primaria, può riguardare, e solo in casi di patologie psicofisiche dei genitori, il ciclo delle medie. La struttura scolastica, aiutata da quella socio-sanitaria, cerca comunque d’intervenire per il recupero. Monitoriamo costantemente la presenza degli alunni intervenendo sulle famiglie per evitare assenze immotivate di lunga o breve durata. Se riusciamo a intervenire anche nella responsabilizzazione delle famiglie si crea un circolo virtuoso che le rende attente e attive”. Aggiunge la dirigente: “Con le famiglie abbiamo realizzato progetti di educazione alla nutrizione, corsi sul tema del bullismo e la caratterialità infantile e una porzione delle iniziative è proprio rivolta a padri e madri. C’è un’ottima interazione con assistenti sociali e psicologi dell’Asl e del Municipio, la collaborazione è profonda e sentita. La vera carenza sta nelle risorse economiche che riducono il personale professionale all’osso” .

Entrare alla Collodi del Trullo, diretta dalla professoressa Stella Maris Ferrari è come infilarsi nella macchina del tempo, non solo per l’amarcord recentemente proposto dal film “Cosmonauta” girato nei lotti della borgata, ma per un presente e un passato legati alla storia della maestra Maria Luisa Bigiaretti che in queste aule ispirò “La torta in cielo” di Gianni Rodari. Nella scuola c’è un progetto artistico musicale e corale che prende nome proprio dalla fiaba del giornalista-novelliere. “Il luogo mantiene la stessa fisionomia ma è socialmente mutato - afferma la dirigente -. Non dico che i romani non abitino più qui però mi sembra che certe famiglie conducono i bambini in altre scuole. Ho chiesto al Municipio una mappatura anagrafica del territorio per capire il fenomeno e non ho trovato ascolto. Sia chiaro ognuno può far studiare i figli dove crede, ma visto che in zona c’è tanta immigrazione per agevolare l’integrazione è bene equilibrare le presenze e non invertire il problema creando enclavi straniere. Se il fine dev’essere quello di un inserimento più agevole non possiamo avere zone franche e territori di frontiera. Questo accade perché già esistono automatismi sociali che conducono i migranti, quasi tutti lavoratori a basso reddito, a concentrasi nelle zone popolari. La questione abitativa è direttamente correlata al problema scolastico purtroppo manca una politica globale di governo del territorio. La Collodi non vive ancora una condizione off limits, col 24% siamo al di sotto del tetto della circolare ministeriale però gli istituti che rappresentano il simbolo d’un quartiere - e il nostro coi suoi sessant’anni e i trascorsi della Bigiaretti e di Rodari lo è - dovrebbero essere tutelati attraverso un’attenzione maggiore del Ministero e degli amministratori locali. Invece questa sta diventando una scuola di passaggio per gli stessi insegnanti e tutto va a discapito della didattica. Disporre di personale esperto e motivato è importante: l’inserimento di bambini di origine europea è diverso da chi ha genitori asiatici o africani, non è tanto una questione linguistica, costumi e modi di pensare e agire sono differenti. Ad esempio, noi abbiamo bambini della comunità rom di via Candoni. Il lavoro pedagogico intrapreso coi genitori per far frequentare le lezioni ai figli si scontra con la loro cultura millenaria che considera la prole come una proprietà e la scuola come una perdita di tempo. Fargli digerire il concetto che essa non è un ostacolo ma un’opportunità per la vita non è stato semplice. Però constatare una frequenza scolastica del 70% è un bel successo al quale possono unirsi anche buoni risultati didattici”.


L’ex prof di lingua e letteratura inglese Clara Simeone è da dieci anni dirigente del 159° Circolo Magliana che, dalla collina sovrastante le catacombe di Generosa, domina la valle del Tevere. “Il luogo è verde ma solo un’emergenza, per fortuna senza conseguenze, ha condotto qui il Servizio Giardini. Avrà capito: un pino gigantesco è caduto alle otto e trenta con la scuola aperta, nessuno s’è fatto un graffio ma la paura è stata enorme. Per anni avevo chiesto controlli e manutenzione senza ricevere risposte. Il senso d’abbandono che la scuola vive ha anche questi risvolti, avere erba e piante attorno alle aule e mettere a rischio l’incolumità dei bambini è una contraddizione pazzesca. Per altre cose ci rimbocchiamo le maniche, gran parte della didattica marcia grazie all’enorme coscienza delle insegnanti, alcune settimane fa duecento genitori con pinze, martelli, pennelli hanno fatto manutenzione volontaria perché i fondi sono pari a zero. Certo non possiamo potare alberi alti venti metri! Ho mille scolari ma non l’intensa presenza d’immigrati che registra il Trullo. Abbiamo i bambini rom rumeni del campo della Muratella cui s’è aggiunta l’etnìa slava proveniente dal Casilino 900 ora chiuso. Per vedere cambiamenti bisogna agire: in questi anni mi son fatta coraggio e insieme a operatori dell’Arci Solidarietà ho cercato un rapporto più stretto con quelle famiglie recandomi periodicamente al campo. Il gesto ha dato dei frutti perché ora un numero maggiore di giovani madri viene a scuola a parlare con le maestre. La zona è considerata dal Ministero un’area a rischio, abbiamo casi di bambini che risentono delle tensioni di famiglie borderline, tutte italiane. Si potrebbe pensare che questi bambini e i coetanei di altri gruppi etnici con vite familiari difficili si trovino a vivere tensioni razziali. Alle elementari non succede. Gli stessi genitori tendono a preservare i figli, e i bambini fra loro non vivono contrasti, hanno la mente libera da pregiudizi. La scuola può dare accanto all’istruzione quei rudimenti di senso civico che la società ha dimenticato. Da noi è successo fra rom e italiani tramite i propri figli. Una lezione per politici e amministratori che ci abbandonano”.

7 aprile 2010

articolo pubblicato su “Terra”

Enrico Campofreda

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