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Fiat voluntas Usa

Fiat voluntas Usa

(24 Settembre 2012) Enzo Apicella
Nel suo discorso all'Unione Industriale di Torino Marchionne addossa le colpe della crisi Fiat all'Italia che non si libera dalle zavorre.

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Un raggio di sole a Pomigliano

(30 Giugno 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.comunistiuniti.it

Delegazione di Comunisti Uniti davanti ai cancelli della FIAT di Pomigliano

Mentre gli operai, le organizzazioni sindacali più consapevoli e noi comunisti lanciavamo l’appello alla resistenza e alla solidarietà per la difesa della dignità e dei diritti, altri già davano per spacciata la classe operaia di Pomigliano, rassegnandosi senza lottare al sicuro plebiscito voluto e orchestrato da Marchionne, dalla Confindustria, dai sindacati gialli collaborazionisti, dal Governo e dai Partiti filo padronali (PD, UDC, PdL).
Per molti dirigenti di sinistra e di sinistra-comunista responsabili delle sconfitte a ripetizione degli ultimi anni, non bastava neanche il risultato del referendum che relegava il SI operaio al 42% al cui interno vivono le condizioni drammatiche delle famiglie del sud, perché come non avevano compreso prima la portata dello scontro, logicamente anche dopo definivano “inaspettata” e “incredibile” la risposta cosciente della classe operaia. Dopo le continue scelte governiste e alleantiste con una parte delle forze politiche della borghesia con in testa il PD, costoro continuano ad esprimere la loro marginalità inoffensiva al potere dominante, parlando di formule (Fed.ne della Sinistra, Sinistra Unita, Cerchi concentrici, CNL anche con l'UDC, fabbriche di Nichy) senza praticare l'internità alle lotte.
Ma adesso analizziamo nel dettaglio il voto di Pomigliano: su 4.881 aventi diritto hanno espresso il loro voto 4.642 tra operai e impiegati, circa il 5%, 239 operai non si sono presentati al voto (lo zoccolo duro contro il referendum). Le schede bianche 22 e quelle nulle 59 (altri 81 lavoratori hanno comunque espresso anche se in modo diverso la loro contrarietà all'accordo).
I Sì sono stati 2.888 il 62% dei voti, togliamo il 20% degli impiegati e i quadri che per l’80% hanno votato SI, rimane un totale complessivo di un 42% operaio (sono i lavoratori che hanno detto che sono disposti ad accettare per mantenere il loro posto di lavoro; non hanno detto che sono felici dell’accordo ma che sono disposti a sopportarlo per non perdere il lavoro).
I No sono stati 1.673 il 36% dei voti (in pratica sono i lavoratori che non sono disposti ad accettare il ricatto sui diritti del lavoro; non hanno certo detto che sono felici di perdere il posto di lavoro). Netta affermazione, infine, del fronte del No al polo distaccato di Nola, dove negli scorsi anni la Fiat ha di fatto deportato gli operai più combattivi. Fra loro ci sono stati 77 sì e ben 192 no.
Su 4881, ben 2000 hanno manifestato in maniera articolata la loro opposizione all’accordo e hanno deciso di non accettare il ricatto della Fiat nelle condizioni di disoccupazione di massa che esistono nel sud del Paese e tutto ciò è una evidente dimostrazione di coscienza di classe, dei propri diritti, della necessità di lottare uniti, che non la vede solo chi non la vuol vedere oppure ha perso gli strumenti per interpretarla.
Questo evento resistenziale ha una tale portata che Marchionne potrebbe far saltare l’accordo/ricatto non spostando più la produzione della Panda a Pomigliano, oppure che lo stesso venga rilanciato tramite l’utilizzo di un’altra società (es. Cai-Alitalia) selezionando assunzioni individuali finalizzate all'espulsione dal processo produttivo degli operai non graditi. L’esempio che viene dalla FIOM e dallo SLAICOBAS, dovrebbe far comprendere alla CGIL che l’unità che conta non è quella delle burocrazie, ma quella dei lavoratori: l’unità della classe.
Pomigliano ha votato il ricatto di Marchionne, ma il significativo numero di no all'intesa separata è andato di traverso proprio a chi quell'accordo lo ha voluto: governo, Fiat e sindacati concertativi.
Gli operai si sono espressi per continuare a lavorare, ma senza ricatti.
Diritto di sciopero e regole per la retribuzione in caso di malattia non possono essere oggetto di una contrattazione aziendale; gli accordi aziendali possono avere per oggetto salario e tempi di lavorazione. Marchionne si è fatto suggerire da sociologi, psicologi del lavoro e “sindacalisti” da strapazzo, non facendo i conti con la coscienza di classe degli operai e va sottolineato anche degli operai più giovani.
Il giorno successivo al referendum, il titolo Fiat in Borsa ha ceduto l'1,16%: il mercato speculativo teme che questo risultato possa non bastare al Lingotto e l'azienda possa così giocare strumentalmente sulla percentuale negativa registrata nella consultazione per tirarsi indietro e negare gli investimenti, ovvero i 700 milioni per il progetto nuova Panda a Pomigliano. Contestualmente la Fiom ha chiesto la riapertura della trattativa se la Fiat abbandona i punti incostituzionali e contro lo statuto dei lavoratori presenti nel piano di investimento.
Da questa situazione dobbiamo cogliere il collegamento tra l'attacco della Fiat e l'attacco alla Costituzione (art.41), per questo serve l'unità dei comunisti che parta dalla fondamenta della teoria dell'economia critica marxista, del diritto e dello Stato per pianificare una strategia alternativa a quella del capitalismo a prescindere se a sostenere quest'ultima sia il PdL e/o il PD perché tendenzialmente unificate.
Complessivamente dal versante Fiat e cioè da Mirafiori, Termini Imerese, Termoli, Melfi, compresa Pomigliano d’Arco la risposta e la resistenza operaia non si è fatta attendere, sta a noi dispiegare la lotta e il conflitto nel resto d’Italia sapendo coinvolgere e unire in una sola grande vertenza per il lavoro i dipendenti pubblici, gli immigrati, i precari e i disoccupati. Dico questo perché la parcellizzazione e la frammentazione delle lotte consegna un enorme vantaggio alla controparte padronale e proprio per questo tutti i sindacati o frange di essi devono unirsi con una sola voce e senza settarismi per far pagare la crisi a chi l’ha generata nel suo grembo: il grande capitale e le lobbies economico-finanziarie. La politica criminale messa in campo da chi detiene il potere globale: le logge massoniche post P2, come “Bildersberg” e “gli Illuminati”, le banche, le mafie e i nazifascisti, ha una portata devastante per gli strati popolari e per la democrazia, per questo i comunisti e gli anticapitalisti devono tessere una strategia efficace, unitaria e costruire un Fronte Unito e Popolare di Resistenza che si espliciti come un blocco sociale alternativo e offensivo.
Nel nostro paese non c’è una cricca, ma un apparato collaudato di organismi senza scrupoli che vogliono arricchirsi sempre più e con ogni mezzo, arrivando ad accaparrarsi anche i beni comuni, trasformando l‘acqua pubblica in merce e fonte di profitto.
E infatti come non ricordare, se ritorniamo alle politiche industriali e in particolare del settore metalmeccanico, il dominio del petrolio e delle multinazionali imperialiste che lo gestiscono e il loro continuo puntare sulla produzione di auto private non ecologiche, quando è chiara e netta la crisi di sovrapproduzione e di saturazione del mercato? Ma costoro pensano davvero di risolvere il tutto delocalizzando e riducendo il costo del lavoro con forme di vero e proprio schiavismo?
In direzione ostinata e contraria dobbiamo operare per la riconversione industriale e la produzione di auto ad energia sostenibile (elettriche e ibride), intervenire di concerto con il governo e le amministrazioni locali sulla riduzione dell’inquinamento e dell’imbottigliamento del traffico, attivando la chiusura delle città metropolitane al mezzo privato e moltiplicando l’uso del mezzo pubblico su ferro e su gomma determinando contestualmente un forte aumento della domanda ed un’impennata di commesse finalizzata alla costruzione di migliaia tra autobus, tram e metropolitane. Invece di finanziare grande opere (TAV, Ponte sullo Stretto, Corridoio Tirrenico Autostradale) inutili alla collettività, invece di sostenere l'industria delle costruzioni che si foraggia di olimpiadi, expo, G8 e montagne sventrate, basterebbe stornare queste risorse per potenziare la rete ferroviaria nazionale e mettere sui binari centinaia di nuovi treni per rispondere alla domanda dei pendolari. Stessa cosa per le spese militari, miliardi stanziati per le guerre e per la costruzione di micidiali armamenti di morte come gli F35. Diversamente si dovrebbe investire risorse per la salvaguardia del territorio da frane disastrose e terremoti e non ultimo rilanciare la vocazione agricola per l’autosufficienza alimentare aumentando così l’offerta di trattori e mezzi agricoli.
Quanto sopra descritto si costruisce a partire dai territori: in ogni fabbrica, campo, quartiere, scuola e città. La programmazione, coordinata a livello nazionale, deve essere il prodotto di dieci, cento, mille iniziative dal basso!
Quindi gli operai delle fabbriche in crisi, i precari e i giovani senza lavoro, i comitati di cittadini in lotta contro gli scempi ambientali, le organizzazioni che stanno provando a imboccare strade alternative al capitalismo devono unirsi per disegnare insieme le riconversioni produttive, per sterilizzare e battere l'attuale sistema di potere. Così facendo si può rinnovare, ricostruire e far emergere una classe dirigente radicata e riconosciuta dalle masse e all'altezza dello scontro di classe in atto.
A partire dal raggio di sole della coraggiosa espressione degli operai di Pomigliano, se sapremo organizzare una forte opposizione sociale di massa, se sapremo superare le divisioni e le frammentazioni delle forze comuniste e sindacali, avremo maggiori possibilità di percorrere la strada del sol dell’avvenire con l'obiettivo esplicito di superare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Gualtiero Alunni

www.comunistiuniti.it

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