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(9 Gennaio 2011) Enzo Apicella
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Speculazione e fame alle origini delle rivolte del pane in Algeria e Tunisia

(10 Gennaio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

Nel maggio del 2008, nel pieno della crisi alimentare mondiale, la Deutsche Bank scriveva: «Sei soddisfatto dell’aumento dei prezzi [dei prodotti agricoli]? Tutto il mondo sta parlando di questo. Il [nostro] Agriculture Euro Fund ti offre la possibilità di arricchirti dell’aumento dall’aumento del prezzo delle sette principali commodity agricole».

In quello stesso periodo l’International Food Policy Research Institute (IFPRI) prevedeva che per ogni aumento di un punto percentuale dei prezzi alimentari, 16 milioni di nuove persone avrebbe sofferto la fame.

La Food And Agricultural Organization (FAO) stima intorno al 40% l’aumento del costo degli alimenti nei Paesi poveri, il quadruplo rispetto al 2000. Se, in un Paese industrializzato (ricco), per una famiglia la spesa alimentare copre il 10-20% del reddito, in un Paese povero la cifra è compresa tra il 60 e l’80%. Ricordiamoci che il 40% della popolazione mondiale (più di due miliardi e mezzo di persone) vive con meno di due dollari al giorno.

L’aumento dei prezzi alimentari verificatasi negli ultimi anni è legato soprattutto alla speculazione finanziaria. I nuovi protagonisti del mercato dei prodotti agricoli, come banche di investimento, hedge fund, fondi pensione, hanno esasperato la logica del massimo profitto, ovvero realizzare il maggiore guadagno dalla scommessa sulla variazione del prezzo di una determinata commodity (materie prime, dal petrolio al mais).

Non ci vuol molto a capire che le rivolte del pane, in corso in Algeria e Tunisia, hanno la loro origine nella speculazione sul prezzo dei generi alimentari (in particolare: grano, zucchero e olio, generato dai cosiddetti commodity futures. I mezzi di informazione hanno posto l’accento soprattutto su fattori contingenti (come la siccità o le politiche commerciali) che, in realtà, hanno solo aggravato la situazione di dissesto economico, in cui versa gran parte dei cosiddetti Paesi poveri, che qualcuno si ostina a chiamare Paesi in Via di Sviluppo o Emergenti, India e Cina comprese.

Nel dicembre 2010, le quotazioni delle commodity hanno raggiunto i livelli più alti degli ultimi vent’anni. L’indice di sintesi di ben 55 materie prime ha toccato quota 214,7 punti: il 4,2% in più in un mese e il 24,5% in più dall’anno scorso. E il picco non è ancora stato raggiunto.

Per la popolazione di mezzo mondo, la crescita dei prezzi alimentari significa una cosa sola: fame.

In questi giorni, una nota della FAO suona l’allarme sulle conseguenze di possibili crisi alimentari nel modo, soprattutto nei Paesi più devastati dalla crisi economica, tra cui l’Algeria. Ma tanti altri stanno anche peggio, dibattendosi in una condizione di miseria endemica, che non desta interesse se non quando i proletari alzano la testa, come avvenne a Haiti e nel Bangladesh.

L’aumento del prezzo degli alimentari (i maggiori aumenti riguardano la carne e lo zucchero, cresciuti rispettivamente in un anno del 19,2% e del 18,4%) colpisce soprattutto i Paesi poveri, il cui deficit aumenta; a livello mondiale, il valore delle importazioni alimentari ammonta a 1.026 miliardi di dollari, contro l’apice dei 1.031 miliardi del 2008, con un aumento del 15% nel 2010, rispetto all’anno precedente.

Ma non sono rose e fiori neppure per i Paesi ricchi (area OCSE), dove il rialzo delle commodity vanifica ogni prospettiva di ripresa economica. Per esempio, nell’Unione Europea, l’aumento dei prezzi delle materie prime (in primis il petrolio) stimola l’inflazione, che potrebbe provocare un conseguente rialzo dei tassi. E allora son dolori. L’afflosciarsi di una debole (quasi invisibile) ripresa industriale non farà altro che spostare i capitali verso la speculazione finanziaria (tra cui i commodity futures), aggravando una situazione già ampiamente compromessa. È un gatto che si mangia la coda.

Le rivolte del pane sono destinate a estendersi, forse anche nelle ricche metropoli, dove i colossi del fastfood proletario, McDonald, e dell’alimentazione in genere, Kraft, dovranno inevitabilmente alzare i loro prezzi.

Dino Erba

9 gennaio 2010

- Per saperne di più: ANTONIO PAGLIARONE, Mad Max Economy. Dalla fame di speculazione alla speculazione della fame, Sedizioni, Milano, 2008.

L’ALGERIA È VICINA

Le recenti rivolte del pane pongono alla ribalta un Paese, l’Algeria, dove il proletariato si è sempre distinto per una grande combattività. Per saperne di più: AA. VV., Algeria, ieri ed oggi, I testi della Sinistra Comunista, Edizioni Il Partito Comunista del Partito Comunista Internazionale, Firenze, s. d. (ma 2004). Il libro esamina due secoli di storia algerina: dall’occupazione francese alla lotta di liberazione, fino alla guerra civile degli anni Novanta, provocata dalle liberalizzazioni e dalle privatizzazioni. Il libro può essere richiesto a:
Edizioni Il Partito Comunista, Casella Postale 1157, 50100 Firenze.
E-mail: ic.party@internationacommunist-party.org

Mario Gangarossa

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