">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Capitale e lavoro    (Visualizza la Mappa del sito )

ENIgnma Libia

ENIgnma Libia

(22 Febbraio 2011) Enzo Apicella
La rivolta popolare in Libia mette a rischio gli impianti dell'ENI che garantiscono un quarto delle importazioni di greggio in Italia

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Capitale e lavoro)

La situazione in Bahrein

(25 Febbraio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in ciptagarelli.jimdo.com

La sitauzione in Bahrein

foto: ciptagarelli.jimdo.com

La situazione vigente in questo regno di 33 isole, 1.200.000 abitanti e più piccolo di 700 chilometri quadrati passa un po’ inosservata nei media. Ma non per gli Stati Uniti: il Bahrein ha il petrolio e si trova in un punto strategico del superstrategico Golfo Persico. Nel 2002 fu definito “un alleato non membro della NATO molto importante”; nel marzo del 2008 divenne il primo paese arabo a comandare manovre navali congiunte con gli USA; nel dicembre 2008 inviò in Afganistan un contingente delle sue forze speciali di sicurezza ed è definito “leader del Consiglio Coordinatore del Golfo” dai dispacci dell’ambasciata statunitense a Manama filtrati da Wikileaks (www.washingtonpost.com, 22.2.2011).
Ha buoni voti nei registri del Pentagono.

Da quarant’anni il primo ministro Khalifa bin Salman al Khalifa, con la benedizione di suo zio, il re, esercita un potere dispotico sul paese. La famiglia Al Khalifa è un’altra di quelle autocrazie che godono dell’appoggio degli USA nella regione. Lunedì 14 febbraio è stato il “Giorno della Collera” locale contro un regime che pratica la marginalizzazione, il settarismo e la repressione indiscriminata. La manifestazione era pacifica, ma la polizia ha sparato con fuoco vero. Ci sono stati morti e feriti, e in migliaia hanno occupato la piazza centrale di Manama. Al mattino presto del giovedì, mentre dormivano, sono stati attaccati con bastoni, gas lacrimogeni e pistole: 5 morti e più di 2.000 feriti (www.asiatimes.com, 20.2.2011). Non tutti hanno potuto raggiungere l’Ospedale Salmaniya: la polizia impediva il passaggio delle ambulanze, strappava i paramedici dalle vetture e li colpiva brutalmente.

E’ un tipo di esercizio conosciuto in Bahrein. L’anno scorso furono arrestati 450 tra capi religiosi, figure dell’opposizione e attivisti per i diritti umani che chiedevano la fine delle torture inflitte ai prigionieri politici: la metà fu accusata di aver tentato un colpo di stato e 25 persone di “essere in relazione con organizzazioni straniere e di fornire informazioni false sul regno”. Denunciarono di essere stati torturati prima del processo e vennero esaminati da medici del governo, che conclusero che le ferite, i tagli, le bruciature e i segni di gravi contusioni sui corpi dei detenuti non costituivano tracce di tortura. Il Bahrein ha un sistema sanitario avanzato, ma non un solo medico che riconosca queste tracce.

Solo circa 530.000 abitanti sono autoctoni e un 70% di questi sono sciiti, ma la dinastia regnante da due secoli è sunnita. Questo dà vita ad una pesante discriminazione: i primi costituiscono l’80% della forza lavoro, ma nessuno di loro lavora nell’amministrazione pubblica. Più di due terzi dei mille agenti dell’apparato di sicurezza nazionale sono di origine giordana, egiziana, pachistana e il resto sono soprattutto sunniti. E’ giordano il “maestro” in materia di torture. Nel rapporto mondiale di Human Rights Watch presentato quest’anno si afferma che continuano le torture inflitte a oppositori e le violenze ai bambini nelle carceri e nei commissariati (www.hrw.org). Ma il Pentagono ha installato due batterie antimissili nel Bahrein, un radar costiero, aerei da combattimento nella base Isa e 2.500 marines a Manama. Non è cosa da sottovalutare: l’Iran è vicino.

La Casa Bianca segue con preoccupazione e nei particolari la situazione in Bahrein. Con gli esempi della Tunisia e dell’Egitto davanti, il presidente Obama, la segretaria di Stato Hillary Clinton, il capo del Pentagono Robert Gates e il consigliere alla sicurezza nazionale Thomas Donildon hanno chiamato incessantemente il re ed altri membri della famiglia reale – e anche dirigenti dei paesi del Golfo – per sollecitarli a non reprimere e a negoziare con l’opposizione alcune riforme politiche (www.washingtonpost.com, 19.2.2011).
Washington ha paura che il peso numerico dei tanti sciiti esclusi dia luogo ad avventure di Al Qaeda e, a quanto pare, non capisce qualcosa di molto semplice: il miglior vaccino contro il terrorismo non è l’intervento militare, ma la democratizzazione di questi paesi.

Qualcosa bisogna comunque riconoscergli: il suo lungo sostegno a dittatori arabi di tutti i tipi ha contribuito a spargere i semi delle proteste popolari spontanee, non organizzate da nessun partito e laiche, che chiedono lavoro, lo stop alla povertà, migliorie sociali e democrazia. La famiglia reale ha costruito una farsa in questo campo: i deputati provengono da elezioni – controllate – ma la Shura, o Senato, può rifiutare qualsiasi legge approvata dalla camera bassa. E non ci sono sorprese: i membri della Shura li elegge il re.

I manifestanti cantavano in piazza “Né sciiti né sunniti, solo cittadini del Bahrein”. Questo tipo di nuovo panarabismo rifiuta le guerre di religione tra connazionali.

24/2/2011

Juan Gelman, scrittore e giornalista argentino, è uno dei maggiori poeti viventi. Comunista, fu incarcerato durante la dittatura di J.M.Guido del 1963 e dovette fuggire dall’Argentina dopo il colpo di stato del 1976. La dittatura militare sequestrò e uccise suo figlio Marcelo Ariel e sua nuora, Claudia Irurete Goyena, e fece scomparire la loro bimba Macarena. Gelman ritroverà sua nipote solo nel 1999.

Traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G-.Tagarelli”

Juan Gelman da: pagina12.com.ar

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Notizie sullo stesso argomento

Ultime notizie del dossier «Il Mondo Arabo in fiamme»

3028