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... e nemmeno Suleiman

... e nemmeno Suleiman

(11 Febbraio 2011) Enzp Apicella
Mubarak lascia il potere al vice presidente Omar Suleiman. La piazza contesta lanciando le scarpe in segno di protesta.

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Egitto, i diversi obiettivi della violenza

(12 Marzo 2011)

scontri al Cairo

La faida familiare e religiosa che ha segnato un’ulteriore tappa dell’odio fra il crescente numero di egiziani islamici poco propensi al multiconfessionalismo e la minoranza cristiana non introduce novità in una radicata contrapposizione fra fedi. Il nuovo che i copti attendono dal vento di rivolta del “25 gennaio” è quel cambiamento di alcuni punti della Costituzione che li possa meglio garantire di quanto facesse il presunto modernismo del governo Mubarak. Offrendo loro non solo libertà e tranquillità di culto ma opportunità sociali a quegli strati poveri come gli zabbaleen che formano i gironi infernali della società egiziana. Nella tensione fra chi guarda al futuro e chi resta attaccato al passato il tema religioso sarà presente e proseguirà a creare attriti, come da tempo accade in altri Paesi del mondo arabo e persiano. Ma questa divisione fra tradizionalisti e innovatori segue percorsi differenti secondo le questioni toccate perché la violenza che ha creato mattanze confessionali ha matrici diverse da quella riscatenata a piazza Tahrir dai nostalgici, più o meno prezzolati, del passato regime.

Non è un caso che mentre i fedeli cristiani e islamici si fanno guerra di religione picchiatori e accoltellatori puntino al caos, cerchino altri morti e seminino il terrore con le proprie squadracce. Organizzate e formate da contractor e agenti dei Servizi, i primi venduti per denaro - anche una manciata di dollari come nella migliore tradizione mercenaria - gli altri pronti a difendere il proprio ingombrante passato. Un passato di repressione e torture agli oppositori, fra cui tanti seguaci politici di Allah vicini ai Fratelli Musulmani, per decenni perseguitati dalla polizia del deposto raìs per evitare che ci fosse l’agognato miglioramento sociale, quella redistribuzione della ricchezza che mettesse gli islamici poveri e gli zabbaleen copti nella condizione di non soffrire. Per questo coltelli e machete dei poliziotti squadristi, e per la prima volta anche le armi dell’Esercito, vanno a sradicare le tende di piazza Tahrir, a colpire le donne e quei giovani che nella ribellione senza partiti né leader ripongono fiducia.

Le scene d’un diversificato apparato repressivo opposto ai cittadini del luogo simbolo indicano le potenzialità e i rischi del rivolta. Gli ex uomini di Mubarak non mollano, vogliono proseguire a vivere come hanno a lungo vissuto, subordinando i cittadini con la forza. Hanno negli armadi gli scheletri d’un periodo nerissimo che potrebbe finire sotto i riflettori svelandone i crimini. Perciò attentano agli archivi, cercano di cancellare inquietanti prove, vorrebbero un nuovo raìs che farebbe molto comodo anche all’Occidente messo davanti a un panorama che s’è ampiamente complicato per i propri interessi. I passaggi istituzionali che il nuovo governo, posto sotto la tutela delle Forze Armate, sta preparando col referendum costituzionale del 19 marzo potranno essere condizionati dalle strutture della forza, squadracce e militari, che pesano sulla vita quotidiana dell’egiziano medio pur mosso da un profondo desiderio di trasformazione sociale e politica. Pesantissima risulta l’assenza di un’organizzazione del movimento di protesta e la carenza di leader riconosciuti ben oltre le confessioni.

10 marzo 2011

Enrico Campofreda

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