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Fiat: lacrime e sangue

Fiat: lacrime e sangue

(14 Agosto 2010) Enzo Apicella

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Scontro ferrando-de mita davanti agli operai della fiat-irisbus di avellino

(14 Agosto 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.pclavoratori.it

La Fiat IRISBUS di Avellino- con 700 dipendenti- è l'unica fabbrica in Italia che produce autobus. La Fiat vuole cedere lo stabilimento ad un'azienda molisana, che non garantirebbe la continuità del lavoro e dell'occupazione. I lavoratori hanno immediatamente reagito all'annuncio aziendale iniziando una lotta a oltranza con il presidio permanente, giorno e notte, dei cancelli della fabbrica. Siamo ormai a 35 giorni di lotta operaia, che registra la solidarietà attiva non solo delle famiglie dei lavoratori ma anche di larga parte della popolazione irpina. E' infatti evidente che lo smantellamento della presenza industriale della Iribus significherebbe una retrocessione sociale pesantissima per l'intera provincia.

La vicenda IRISBUS è al centro del dibattito politico locale. Tutti i partiti avellinesi si presentano come difensori dei lavoratori e della Irpinia in funzione dei propri interessi elettorali. In realtà il loro intervento ha come unico scopo quello di tener buoni il più possibile i lavoratori con promesse di “interventi parlamentari, interpellanze, appelli alle autorità ecc.” Tutte promesse o iniziative che lasciano il tempo che trovano. Tanto più a fronte dell'arroganza della Fiat- che ha già deciso di concentrare in Cechia e in Francia la produzione di Autobus- e di un governo che taglia i fondi per trasporti locali e servizi, oltre a liberalizzare i licenziamenti. La nostra sezione avellinese interviene controcorrente tra i lavoratori, con una presenza frequente ai cancelli, portando le proposte del partito: a partire da quella dell'occupazione degli stabilimenti. Una ipotesi di lotta che incontra molto interesse tra i lavoratori, al punto che il quotidiano Il Manifesto del 9/8 l'ha presentata come oggetto centrale di discussione interna fra le maestranze.

In questo contesto le rappresentanze di fabbrica hanno deciso di promuovere per il 12/8 un'iniziativa pubblica davanti allo stabilimento, invitando le direzioni sindacali, le autorità locali, i parlamentari del territorio, i partiti, a sostegno della propria lotta. L'iniziativa ha visto una massiccia presenza degli operai e delle loro famiglie che hanno resistito per due ore sotto un sole cocente pur di ascoltare gli interventi dal palco.

Tra gli esponenti politici erano presenti Marco Ferrando, in rappresentanza del PCL, Antonio Barbato, deputato dell'IDV, e soprattutto Ciriaco De Mita, ex segretario nazionale della DC e Presidente del Consiglio negli anni 80, oggi senatore della UDC, e tuttora padre padrone dell'Irpinia.

Il confronto reale è avvenuto tra De Mita e Ferrando, la cui presenza combinata aveva già attratto la curiosità ( un po' ironica) di Stampa e TV locali.

De Mita si è presentato con un seguito di almeno 200 persone osannanti, ed è stato annunciato dai sindacalisti locali della CISL come l'unico possibile salvatore della fabbrica e dell'Irpinia. L'ex Segretario DC ha svolto di fatto un intervento contro l'occupazione della fabbrica. Tutta la sua argomentazione, classicamente democristiana, ha elogiato la “virtù contadina della pacatezza”, il primato della “ragione sulla intemperanza”, la “moderazione dei sentimenti”. Concludendo che la soluzione possibile del contenzioso andava affidata alla trattativa tra sindacati nazionali e governo, con la mediazione..di De Mita. L'intervento è stato accolto da un tripudio dei fans, ma anche da un silenzio perplesso di tanti lavoratori che si attendevano risposte chiare.

Marco Ferrando è intervenuto subito dopo De Mita svolgendo un'argomentazione di segno opposto. Affermando che la “ragione” può vincere solo quando è sorretta dalla forza di massa. Che la vicenda recentissima di Fincantieri- con la protesta radicale di Castellamare e di Genova- ha dimostrato che solo una ribellione radicale dei lavoratori può costringere l'avversario a un passo indietro. Che questo è tanto più vero nel quadro di una crisi sociale capitalistica acutissima e in presenza di un governo nazionale particolarmente reazionario. Concludendo che se i lavoratori dell'Iribus occupassero l'azienda, questo fatto potrebbe rappresentare oltretutto un riferimento esemplare per i lavoratori degli altri stabilimenti Fiat e delle altre centinaia di aziende in lotta a difesa del lavoro.

L'intervento è stato accolto da ripetuti applausi, da una grandissima attenzione, da un diffuso riconoscimento, durante e dopo. A partire naturalmente dai lavoratori della FIOM. Che hanno chiesto la presenza del PCL davanti ai cancelli il 30 agosto.

La Stampa e le televisione locali hanno dato molta attenzione all'episodio. Il Mattino ha parlato dello scontro Ferrando-De Mita come del confronto tra “il diavolo e l'acqua santa”. Non senza accusare il PCL di voler “strumentalizzare la disperazione dei lavoratori”.

L'episodio va contestualizzato. La vicenda Iribus è molto complicata. Le direzioni sindacali nazionali sono di fatto assenti. La RSU vede una maggioranza CISL, UIL, UGL, con la FIOM in minoranza. I lavoratori hanno un'età media elevata, e la Fiat cerca anche per questo di dividerli giocando la carta dei prepensionamenti. Ma al tempo stesso c'è una tradizione di lotta dei lavoratori, che già nel 92 difesero la fabbrica da un tentativo di chiusura: un fatto che è rimasto nella memoria degli operai e che pesa nella lotta attuale. La determinazione dei lavoratori a resistere sembra molto grande. Ma si scontra con l'assenza drammatica di una direzione, sia locale che nazionale.

La sezione avellinese del PCL si è guadagnata un piccolo patrimonio di credibilità tra i lavoratori, grazie alla sua presenza ripetuta ai cancelli. Ed oggi vede allargarsi il numero dei contatti e degli interlocutori in fabbrica.

Non c'è altra via per i rivoluzionari che continuare a fare controcorrente il proprio dovere, nell'interesse del movimento operaio.

Partito Comunista dei Lavoratori

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