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(16 Settembre 2011)
La Terra è in movimento. Uragani anomali, piogge intense, tempeste marine, terremoti inconsueti, tsunami, calore estremo, picchi di freddo improvvisi. Grazie ai gas serra e alla deforestazione, o anche alle macchie solari, a forze cosmiche, all'evoluzione stessa del pianeta, siamo in piena emergenza ambientale. Al primo posto delle agende politiche dovrebbero esserci quindi gli aiuti alle popolazioni colpite, una qualche prevenzione e la conversione dei nostri stili di vita, l'unica causa che possiamo modificare. Ma gli scienziati del clima sono nello sconforto per quanto poco i governi fanno. Nell'umanità c'è la sensazione che qualcosa di grave stia accadendo, testimoniata dalla passione per la fine misteriosa dei dinosauri, antichi dominatori della Terra, ma non la coscienza di un momento della storia che impone cambiamenti profondi. Certo, c'è la crisi economica. Milioni senza lavoro e Stati verso la bancarotta, ma nessun guru dell'economia degna di attenzione queste altre catastrofi né riesce a vedere il legame tra crisi economica e crisi ambientale. Per l'economia di mercato la natura non esiste se non come miniera, mentre la finanza si muove in un mondo virtuale in cui acqua, terra, aria, minerali, cibo e case mutano in astrazioni in grado di produrre denaro. Non è un caso che le crisi finanziarie si siano intensificate dagli anni Ottanta del XX° secolo, dopo tonnellate di megaprogetti sviluppisti e l'esplosione di una popolazione mondiale votata al consumismo, poi con i piani del Fondo monetario per rifinanziare il debito del Terzo Mondo, le privatizzazioni e il libero commercio senza clausole sociali e ambientali marca Wto, politiche che hanno dato il via libera al saccheggio della natura su scala planetaria. Per entrambe le crisi i rimedi che sanano sono radicali: cambiare l'economia e porre limiti alla finanza. Ma è più facile che un cammello entri nella cruna di un ago. Di fronte a pericoli che possono travolgerci prevalgono la rimozione e il cinismo, favoriti da una difficoltà reale a comprenderne la gravità. La perdita enorme di biodiversità, l'inquinamento chimico, il riscaldamento del pianeta, sono infatti minacce nuove, impalpabili, troppo diverse da quelle che l'umanità ha affrontato nei millenni ed «eludono i nostri sistemi percettivi innati» (Daniel Goleman, "Intelligenza ecologica"). Non aiutano i negazionisti dell'effetto serra, prigionieri del mito del Progresso o ben sostenuti dalle lobbies del consumismo, e la fiducia infantile nella tecnologia che ci salverà. Fanno la loro parte i politici, senza formazione ambientale, cresciuti a industrialismo e neoliberismo, e il luogo comune che non esistono alternative. Quanto al ruolo dell'informazione, inondazioni e siccità, raccontati per un giorno, scompaiono. Che fine hanno fatto i 20 milioni di pachistani finiti sott'acqua? Per ultimo, ma è l'impedimento a cambiare più forte, i disastri ingrassano. Le risate degli imprenditori felici per il terremoto che ha distrutto L'Aquila mostrano un degrado non esclusivo dell'Italia. Per la finanza internazionale e le grandi imprese le crisi che esplodono nel mondo diventano gigantesche opportunità. E se l'Artico si scioglie che sarà mai...Anzi, vie di comunicazione più brevi e tante altre risorse a disposizione.
Giuseppina Ciuffreda - Il Manifesto
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