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Abu Mazen

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(28 Aprile 2013) Enzo Apicella

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(Palestina occupata)

La sfida di Abu Mazen all’Onu per uno Stato palestinese

(24 Settembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.dirittidistorti.it

Sessantaquattro anni fa la risoluzione n° 164 delle Nazioni Unite sanciva la spartizione della Palestina in due Stati, uno arabo e uno ebraico ed Israele disse NO.
Dopo sessantaquattro anni di sofferenze con più di 100.000 morti, secondo Amnesty International, e 4.700.000 profughi ai quali è precluso il ritorno, Abu Mazen gioca la carta dell’ONU chiedendo il riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente e il suo ingresso alle Nazioni Unite.

Gioca d’azzardo il leader dell’ANP, scontando l’ostilità di Hamas alla sua mossa, ma anche i dubbi dell’autorevole scrittore Omar Barghouthi, che teme che un ipotetico stato palestinese possa sostituire l’OLP, preoccupazione condivisa dal direttore del Centro culturale “Phoenix” (campo profughi di Dehisha) Naji Owdad, tuttavia scartata dalle folle che da mercoledì 21 riempiono Ramallah applaudendo Abu Mazen che sale, alle 17,57 del 23 settembre, ben accolto, da Ban Ki Moon, per reclamare i diritti dei palestinesi attaccando senza mezzi termini Israele accusato di perseguire una politica di pulizia etnica.
Alla stessa ora il popolo palestinese paga un ulteriore tributo di sangue: a Nablus un giovane viene ucciso durante scontri con coloni e polizia.
Alle 18,14 Abu Mazen inizia a parlare di fronte all’Assemblea alla quale chiede il riconoscimento della Palestina come Stato; alle 18,36, quando cita Arafat, uno scrosciante applauso da parte dell’Assemblea accoglie le sue parole.
A Ramallah la folla raccolta sotto lo schermo che trasmette l’evento è esultante.
Ora la parola passa al Consiglio di Sicurezza e sarà ancora un NO a frustrare le aspirazioni palestinesi: il “democratico” Obama ha preannunciato già il veto degli Stati Uniti, saltando con una capriola da abile funambolo dalla posizione di un anno fa che auspicava uno Stato Palestinese “basato sui confini del ‘67” al rifiuto odierno opposto alla sfida di Abu Mazen.
“Vorrei…ma non posso” sembrerebbe di leggere dietro le parole di Obama, che probabilmente pensa alle prossime elezioni e al peso delle lobby ebraiche alle quali si premura di assicurare che “l’impegno (americano) per la sicurezza di Israele è inamovibile e l’amicizia profonda e duratura”.
Si è guadagnato, il Presidente statunitense, il plauso di Netanyahu e un po’ di voti per la prossima tornata elettorale: la guerra allo stato di Palestina fa parte ormai della campagna elettorale per le prossime presidenziali americane.

24-09-2011

Claudio Valentini
DirittiDistorti

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