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Il disastro ambientale dell’area di Malagrotta

(28 Settembre 2011)

DOSSIER. I Verdi rendono pubblica un’indagine dell’Ispra sull’inquinamento causato dalla discarica della Capitale, la più grande d’Europa: «Il mercurio è in tutte le matrici analizzate».


La tabella forse più esemplificativa, quella che rende meglio l’idea del “disastro Malagrotta”, si chiama «indicatore di pressione ambientale». È soltanto una delle decine di centinaia di tavole contenute nelle oltre 700 pagine dello studio condotto nel 2010 dall’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), per conto del ministero dell’Ambiente. È l’indagine più completa mai realizzata. Se ne erano perse le tracce fino a ieri. Giorno in cui i Verdi si sono recati alla Regione Lazio per consegnare simbolicamente il lavoro al governatore Renata Polverini, che però non ha voluto ricevere la delegazione. Ma grazie a questa iniziativa, il dossier Ispra è finalmente diventato pubblico. L’obiettivo dell’indagine era «accertare la natura, la composizione e i livelli di inquinamento nell’atmosfera e nella falda acquifera nell’area industriale di Malagrotta-Valle Galeria».

La zona periferica della Capitale, dove si trova la discarica più grande d’Europa, un inceneritore per rifiuti ospedalieri anche pericolosi, un gassificatore Cdr, due impianti per il trattamento meccanico-biologico della spazzatura e una raffineria dell’Eni. I dati riportati nella tabella di cui parlavamo prima, risalgono al 2005. Prendono in considerazione le emissioni pro capite nell’area, dalle quali «emerge una situazione critica», con valori «nettamente superiori a quelli di riferimento nazionale per quasi per tutti gli inquinanti considerati». I livelli di inquinamento dell’area in questione (appena 10 chilometri quadri), sono comparabili a quelli dell’intera città di Taranto. Superano infatti anche quelli di città come Venezia, Genova, Brindisi, Livorno e Brescia. Perché a Malagrotta c’è «una diffusa contaminazione da metalli e composti organici: il mercurio è presente in tutte le matrici ambientali analizzate».

Per non parlare dei «possibili effetti di miscelamento tra le acque sotterranee e il percolato della discarica». In pratica l’invaso di Malagrotta starebbe portando in falda il suo micidiale carico di composti tossici: «Maggiormente diffusi sono metalli e metalloidi, quali arsenico, ferro, manganese e nichel, altre sostanze inorganiche quali il boro, e idrocarburi aromatici, principalmente benzene, composti clorurati cancerogeni, clorobenzeni, fenoli e idrocarburi». C’è poi la raffineria Eni che, a causa di «perdite accertate di idrocarburi dagli impianti», ha contaminato le acque con «concentrazioni particolarmente elevate». Tra la documentazione raccolta dai Verdi c’è una lettera, scritta lo scorso 7 luglio dal direttore generale del ministero dell’Ambiente, Marco Lupo, e indirizzata a tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti.

«La missiva fa un sunto dei risultati dell’indagine ma non fa riferimento ad allegati», fa subito notare Nando Bonessio, presidente dei Verdi del Lazio. «Lo studio sembra quindi non essere stato inviato. Eppure i risultati sono chiari. La situazione è grave e impone stop e bonifica immediati». Il Sole che ride aveva portato in Consiglio regionale, nel dicembre 2010, un ordine del giorno che impegnava la giunta «a predisporre entro 6 mesi uno studio propedeutico finalizzato alla dichiarazione di area ad elevato rischio di crisi ambientale per l’area di Malagrotta». La richiesta è stata approvata dal Consiglio «ma non dalla giunta Polverini», ricorda Bonessio. «La dichiarazione è importante, perché renderebbe impossibile aggiungere qualsiasi altro impianto inquinante, compresa una discarica.

Malagrotta ha già dato, ora basta, bisogna tutelare la salute di decine di migliaia di cittadini». Per chiudere l’invaso e trovare siti alternativi, il Consiglio dei ministri ha nominato il prefetto Giuseppe Pecoraro commissario straordinario. «Gli hanno dato 45 giorni di tempo, ne sono già trascorsi una ventina. Chiediamo al commissario di tenere conto di questo studio, perché temiamo che qualcuno gli abbia prospettato che c’è una via breve per risolvere il problema rifiuti: costruire nuovi inceneritori e discariche. Una strada che rischia di provocare forti scontri sociali. Il commissario deve convincere le istituzioni a cambiare radicalmente la gestione dei rifiuti. Cosa che purtroppo non sta accadendo», conclude Bonessio.

27/09/2011

Alessandro De Pascale - Terra

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