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L'Italia tripudia la guerra

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(5 Novembre 2010) Enzo Apicella

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La seconda fase della resistenza irakena

Il nostro governo: non è guerra, è un film di rete 4 (i proiettili sono di cioccolata e i morti sono stunt-men...)

(8 Aprile 2004)

Questa settimana è iniziata la seconda fase della resistenza irakena. Dal 1° maggio 2003 a pochi giorni fa, essa si era caratterizzata come classica guerriglia (“mordi e fuggi”). Con le manifestazioni di piazza sciite, che si sono idealmente (e non solo) unite a quelle del “triangolo sunnita” e alle sacche di resistenza curde, si è passati alla fase della rivolta di massa in ben otto città irakene, preludio alla vera e propria insurrezione popolare.

Gli italiani si sono distinti, mietendo vittime tra i civili (una quindicina di morti, comprese donne e bambini), a Nassiriya il 6 aprile. Ma gli Usa hanno dovuto far sapere che sono sempre loro a comandare e hanno così fatto strage oggi nella moschea di Falluja (si parla di circa 40 morti e centinaia di feriti). Tutti i contingenti occidentali hanno fatto la loro parte: il diritto agli appalti della “ricostruzione”, ormai, si conquista col maggior numero di vittime irakene che ciascuno riesce ad infliggere, creando così una sorta di classifica dell’orrore.

Dai neri petro-dollari stiamo passando agli irak-dollari lordi di sangue.

Occorre reagire a tutto questo orrore: manifestare ad ogni occasione la nostra solidarietà a chi combatte contro gli invasori; esigere il ritiro immediato delle truppe italiane e di tutte le armate straniere dal territorio irakeno, senza dimenticare quello afgano, ceceno, ecc.; battersi per il diritto di autodeterminazione dei popoli; in una prospettiva proletaria, rivoluzionaria e comunista.

s.b.

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