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Quel catamarano incagliato tra gli scogli

(27 Novembre 2011)

catamarano


Sono morti in dieci, forse in trenta, tre i cadaveri sicuramente avvistati (due dei quali recuperati). Ma la tragedia di Carovigno, dove ieri sera si è incagliato tra gli scogli di Brindisi un catamarano che portava sessanta uomini perlopiù afghani e pakistani, non parla soltanto di morti.

Prima di tutto quella imbarcazione. Un vero e proprio catamarano da diporto, una barca a vela con cui si va a fare le vacanze, l’immagine stessa della spensieratezza e della libertà – lo sa bene chi ama la vela – quell’idea leggera di poter attraversare il mondo scivolando sull’acqua. Da qualche tempo sono diventati il mezzo di trasporto preferito per chi arriva clandestinamente sulla rotta Turchia-Grecia. Danno meno nell’occhio, spiegano gli investigatori. Chi è che andrebbe a rompere le scatole a un gruppo di vacanzieri? Il catamarano è sinonimo dei soldi che girano, del business del turismo, e di quella particolare categoria – chi va in barca – che suggerisce talmente tanta eleganza da passare indenne da parecchi controlli (vi è mai capitato di stare al mare e di avere na di questa barcone che sosta praticamente a riva? Sarebbe vietato…). Ecco, appunto. C’è chi può e chi non può. Quello che non si può, le popolazioni che vivono a sud di Europa e Stati uniti l’hanno capito benissimo, è emigrare. E’ provare a cercare fortuna. E’ provare a cambiare il proprio destino cambiando paese. Sarebbe questa la massima potenza dell’espressione di libertà, altro che vacanze. Invece, occorre travestirsi da vacanzieri. Non è assurdo?

Chiaro, poi, che chi si imbarca su carrette di fortuna o su catamarani eleganti, libero non lo è per niente. Non solo perché ha pagato qualcuno per poter passare (e sulla retorica degli scafisti, ce ne sarebbe da dire), ma soprattutto perché, spesso, avrebbe preferito centomila volte restare al suo paese. Solo che avrebbe significato buttare via una vita, senza prospettive, e a volte rischiare la pelle. La libertà individuale non è forse uno dei pilastri dei paesi democratici occidentali? Quando verrà messo seriamente a tema questo argomento, parlando di migrazioni? Non si tratta di aprire le frontiere, ma di considerare questo elemento in tutta la sua pregnanza, e dunque provare ad immaginare leggi che lo tengano in giusto conto.

Il secondo elemento è che sulla quel catamarano viaggiavano anche afghani, a quanto pare, e dalle foto sembra poter riconoscere alcuni tratti tipici degli hazara. Il fatto che ci sia un ragazzo di 16 anni, il più giovane della compagnia, potrebbe rafforzare questa ipotesi visto che spesso dall’Afghanistan partono ragazzi giovanissimi per viaggi incredibili (da non perdere il libro di Fabio Geda, Nel mare ci sono i coccodrilli). Di nuovo, dunque, una rotta da cui passano inventando strade impensabili e spesso subendo violenze indicili, persone che scappano da un paese devastato, oltretutto sotto “protettorato” internazionale. Lo stesso potrebbe valere per la Libia. Idee, suggerimenti, tratti di soluzioni per i viaggi “della speranza” di chi scappa dalla guerra non sono mai neanche stati abbozzati da chi siede nei governi dei paesi che difendono la democrazia.

Cinzia Gubbini - Babelblog (il manifesto)

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