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Una riflessione sulla stampa e la questione palestinese

Lettera a il manifesto dalla Mezzaluna Rossa Palestinese - Italia

(23 Marzo 2012)

Nei giorni immediatamente passati, ci siamo trovati a scrivere ben due lettere a due grossi giornali italiani, in merito ad articoli da loro pubblicati. Entrambe le lettere vertevano su un tema: i
palestinesi esistono. In breve, a distanza di poco tempo abbiamo letto – e certo non è una novità – due articoli che, parlando l’uno della vita a Gerusalemme, l’altro dello stato in cui versa la cristianità nella città santa, riuscivano ad aggirare la parola “Palestina” o “palestinese”. Si parla magari genericamente di “arabi”, ma si tace il nome – storico – di quella terra e della popolazione che in quella terra, indebitamente e tragicamente occupata da decenni dagli israeliani, è nata, vive, lotta e muore per essa. E’ storia vecchia. Golda Meir già lo disse a chiare lettere in una dichiarazione al The Sunday Times nel 1969: «Non esiste una cosa come il popolo palestinese…». La scientifica negazione dell’altro. Se non esisti non puoi rivendicare nulla. Non esisti. Se un popolo non esiste, non esiste occupazione. Quando un giornalista “dimentica” l’esistenza della Palestina e dei palestinesi, soprattutto se questo accade per colpevole disinformazione e pigrizia intellettuale, ebbene avvalora questa tesi, dà credito a uno dei pilastri del pensiero sionista: il popolo palestinese non esiste. Cancellati dalla memoria collettiva. E dove non c’è memoria, non può esistere nulla. Ma questo popolo ha la testa dura e un cuore che continua a lottare: continueremo a ricordare al mondo l’esistenza della Palestina, perché solo il riconoscimento del diritto a una terra, alla libertà, a uno stato autonomo potrà portare quella giusta pace che da troppi decenni nella regione mediorientale manca.
Dalla stampa ci aspettiamo però la verità. Null’altro. Che si raccontino i fatti e si abbia il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. Pochi lo fanno. E non facendolo escono dal loro ruolo di cronisti e vestono una divisa di parte che mal si concilia con il compito che un giornalista dovrebbe svolgere nei confronti dei lettori.
Una piccola nota: una delle due lettere non è mai stata pubblicata. Peccato! Poteva anche essere materia di confronto e riflessione. Ma evidentemente c’è chi pensa che la censura sia più utile del confronto.

Federica Pitoni - Ufficio Stampa Mezzaluna Rossa Palestinese - Italia

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