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Gutta cavat lapidem?

Gutta cavat lapidem?

(19 Dicembre 2011) Enzo Apicella

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Tfr: la rapina è in atto....

(26 Ottobre 2004)

Tfr: trattamento di fine rapporto.

E’ una parte della retribuzione dei lavoratori che, in determinati periodi e situazioni, costituisce una importante disponibilità economica nel passaggio fra la perdita del posto di lavoro e la ricerca di uno nuovo, o un fondo di assistenza quando si va in pensione e si aspetta che l’Inps incominci il ciclo del pagamento.

Nel luglio 2004 il governo Berlusconi –con voto di fiducia- nell’ambito di una “nuova” (contro)riforma previdenziale, ha deciso di far confluire una cifra di 14 miliardi di euro annui nei fondi pensioni (Banche, Assicurazioni, Lobby padronali....), attraverso il meccanismo del silenzio assenso.

L’istituto Tfr fu inaugurato nel 1982 e prese il posto della indennità di anzianità. In quella data ha inizio il processo del suo smantellamento. Infatti le modalità di calcolo del Tfr sono basate non sulla moltiplicazione dell’ultima retribuzione per gli anni di servizio trascorse alle dipendenze di una azienda, come l’indennità di anzianità, bensì sulla somma delle quote retributive, accantonate anno per anno.

Nonostante gli attacchi allo stato sociale per più di 20 anni il Tfr ha resistito egregiamente, ma oggi, il sistema capitalista ne vuol decretare il suo epilogo. Quello che vogliono fare è perfettamente funzionale alla logica di questo sistema di potere in profonda crisi: prosciugare, depredare tutto ciò che è un bene collettivo.

Privatizzare tutto ciò che è utile per le imprese: il mercato del lavoro, la sanità, la scuola, i servizi pubblici ecc, ed oggi è la volta del sistema pensionistico, compreso il nostro Tfr. Il sistema capitalista sta divorando tutto pur di mantenersi in piedi ed oggi ha bisogno di depredare i sacrifici di anni di lavoro e le speranze di una quiete vecchiaia!

Quello che vogliono fare con le nostre pensioni è la loro trasformazione in un mero ammortizzatore sociale dell’indigenza imponendo, con l’apertura alla privatizzazione della previdenza, la speculazione finanziaria.

Le riforme delle Pensioni.

Chi giustifica l’attacco alle pensioni pubbliche con l’argomentazione che la spesa pensionistica è troppo elevata sa di mentire o ha vedute troppo ristrette. Se mai la spesa previdenziale fosse conteggiata separatamente da quella assistenziale, i conti non sarebbero mai in rosso. La spesa sociale italiana, in rapporto al PIL, è inferiore alla media europea del 2,3%.

1992. L’aggressione allo stato sociale ed in particolare alle pensioni muove i suoi primi passi già agli inizi degli anni ‘90, con il governo Amato: il mito liberista reaganiano e thacheriano sfonda in Italia con l’inizio di un lungo processo di privatizzazioni, riduzione delle tasse alle imprese, blocco delle pensioni di anzianità, aumento dell’età pensionabile e dei requisiti minimi per la pensione di vecchiaia. Non soddisfatti i capitalisti prepararono nuovi attacchi nel ’94, dove però dovettero fare i conti con il movimento operaio. Gli scioperi di massa causati da questo attacco furono alla base della caduta del primo governo Berlusconi. Il sistema capitalista cambia direttore d’orchestra ma la musica rimane la stessa!

1995. Il governo “tecnico” Dini, portò a termine la seconda riforma delle pensioni con la divisione generazionale tra chi aveva compiuto i 18 anni di contribuzione e quelli con meno, con implicazioni nefaste sul calcolo della pensione. A questo punto si inizia ad indicare nel Tfr uno strumento utile per poter costruire quello che tutti avevano capito: la pensione pubblica con il nuovo sistema di calcolo non coprirà, se non in parte, il potere d’aquisto delle pensioni. Pertanto era necessario creare una seconda “gamba” per il sostegno al reddito: i fondi pensioni. Hanno trovato il vaso di Pandora.

Fondi pensioni. Per il sindacato sarebbe dovuto diventare lo strumento attraverso il quale si sarebbe permesso alla generalità dei lavoratori un integrazione del trattamento pensionistico pubblico di base, per tentare di riportare ai valori precedenti la riforma, il livello economico di sopravvivenza del solo istituto pensionistico, dato che a tutti era chiaro che dopo la riforma avrebbe garantito solo il 50 o 60% del trattamento antecedente la riforma. Quindi, dulcis in fundis, per poter sperare in un rendimento pensionistico pari a quello in vigore prima della controriforma Dini, si costringe il lavoratore a pagare di tasca sua il maggiore onere contributivo...

1997. La palla passò al governo Prodi che con due finanziarie di “lacrime e sangue”, 100 mld complessivi, colpì anche la previdenza, soprattutto nel settore pubblico, dando una grossa spinta alla previdenza integrativa privata. Nei contratti nazionali, i sindacati segueno entusiasti la corrente e aprono circa 25 Fondi Pensioni “Chiusi”, convincendo migliaia di lavoratori ad entrarci. Una gestione così democratica che, in una delle ultime tornate contrattuali nazionali, senza alcun mandato da parte dei lavoratori e senza alcuna spiegazione, l’organizzazione sindacale di settore e Federchimica hanno concordato un’aumento dell’1,5% della trattenuta previdenziale, a carico di ogni lavoratore aderente al fondo!

In questo contesto il governo Berlusconi sta completando l’opera, con la nuova controriforma pensionistica (pensione dopo 40 anni di lavoro) e con il dirottamento completo del nostro Tfr nei fondi pensione attraverso il semplice silenzio assenso in un quadro generale di grande disinformazione.

Mentre cresce la preoccupazione dei lavoratori sulla fine del Tfr e delle pensioni pubbliche le organizzazioni sindacali, come si evince dai loro comunicati, sembrano essere più interessate a capire il ruolo dei fondi chiusi e la loro gestione in competizione con i fondi aperti, che sul destino del nostro Tfr.

Noi invece crediamo che, nel lungo periodo, al lavoratore non interessi tanto chi gestisce il fondo, ma cosa il fondo garantisce!

Con i fondi pensione, si trasferirà sui redditi da pensione l’instabilità dei sistemi finanziari mondiali con il riproporsi del rischio di fallimento in cui sono storicamente incorsi i fondi pensione di natura privata o semiprivata, in occasione di crisi inflattive o crolli borsistici o di guerre ( vedi fondo PanAm; Enron). Negli Usa i fondi pensione detengono il 35% dei titoli azionari emessi in America e, nonostante il crollo di molti titoli di Wall Street, hanno dovuto tenersi il grosso delle azioni, perdendo dal 30 al 100% del patrimonio. Se avessero venduto in massa, sarebbe crollato completamente tutto il sistema finanziario a livello mondiale....

E infine: siamo così certi che i fondi pensioni siano tanto convenienti? Secondo alcune fonti, (Paolo Andruccioli “La trappola dei fondi Pensione” Feltrinelli /Centro studi Cub) mentre il rendimento delle somme accantonate per la liquidazione è definito dai tassi interessi, quello dei fondi è legato ai titoli finanziari ed e’ quindi aleatorio.

Negli ultimi 4 anni il rendimento dei fondi pensioni “chiusi” è stato del 5,25%, rispetto alla rivalutazione del Tfr del 13,44%. I fondi aperti invece hanno avuto un rendimento prossimo allo zero.... Ci toccherà pagare di più per avere di meno.

Stanno facendo di tutto per rendere il passaggio ai fondi pensioni “obbligatorio” e il sindacato se non cambia direzione si renderà complice di questa rapina! Pensare di salvaguardare le pensioni attraverso la gestione dei fondi chiusi non è una garanzia di successo nonostante la pomposa propaganda che la reputa migliore dei fondi aperti. Infatti la loro caratteristica rispetto ai fondi privati è la partecipazione economica delle imprese (non superiore al 2% o comunque non superiore a 2.500 euro annui, fiscalmente agevolato – deducibile dal reddito d’impresa- sic!), allettante se non si considera che, con lo spostamento del Tfr nei fondi pensione, cambia radicalmente il rapporto tra contributi previdenziali attualmente a carico delle imprese (73,0%) e quelli a carico dei lavoratori (27,0%). Con i fondi pensione il contributo a carico del lavoratore salirà infatti intorno al 70% e si ridurra’ al 30% la parte a carico dell’impresa. Percentuali destinate a peggiorare ulteriormente per il lavoratore.

Per non parlare delle promesse di riduzioni fiscali valevoli solo per i padroni e i loro profitti.

Nel 2003 sono entrate in vigore le nuove aliquote fiscali: erano previste le “no-tax area” (una quota esente da tassazione ) e “ la clausola di salvaguardia” (se la nuova tassazione risultasse superiore si può applicare quella precedente). Per il Tfr non è stata applicata né l’una né l’altra.

I lavoratori che dal gennaio 2003 sono andati in pensione o hanno cambiato posto di lavoro hanno subito tra il 20/25 % di tassazione in più sul loro Tfr.

Versando nelle casse dello stato quasi un miliardo di euro. Sui Tfr corrisposti a partire dal 1 gennaio 2003 l'applicazione delle nuove aliquote ha comportato un pesante aumento degli oneri a carico dei lavoratori.

Il sistema capitalista è in crisi e solo grazie ai governi amici, che gli stanno dando l’ossigeno per sopravvivere, riescono a depredare tutto a partire dal patrimonio pubblico (in 6 anni l’Italia ha condotto uno dei più grossi processi di privatizzazione dell’epoca moderna, 109 mila mld di lire...dove sono andati a finire?). Ma questo non è stato sufficiente per sanare la sua sete di ingordigia, ha bisogno di nuovi massacri sociali: perdita di potere d’acquisto dei salari, nuovi rapporti di lavoro sempre più precari (legge 30), tagli ai finanziamenti per la scuola pubblica a favore di quella privata (legge Moratti), riduzione delle tasse alle imprese e ai redditi alti.....

Mentono e sanno di mentire quando dicono che le risorse non ci sono. Il problema è che sono in mano a pochissime e potenti lobby padronali. Lavoratori è il momento di fare una scelta, quella di classe! Quella dei propri interessi!

Lottare per il mantenimento dell’istituto del Tfr ed a questa estendere la lotta contro il continuo processo di privatizzazione. Il ritiro di tutte le norme di modifica del mercato del lavoro, dal pacchetto Treu alla legge 30.

A nostro parere è una battaglia che dovrebbe partire da dentro il sindacato. Questo sindacato istituzionalizzato, ma anche con enormi potenzialità. E’ un invito ad iscriversi all’organizzazione sindacale per contare di più, dando forza a chi combatte la concertazione e il suo sistema di potere fatto di collusioni d’interessi fra chi decide la politica all’interno del sindacato e i padroni.


“Art. 1 1.Il Governo e' delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi contenenti norme intese a:

a) liberalizzare l’ età pensionabile;

b) eliminare progressivamente il divieto di cumulo tra pensioni e redditi da lavoro;

c) sostenere e favorire lo sviluppo di forme pensionistiche complementari;

prevedendo a tale fine:

1) il conferimento, salva diversa esplicita volonta' espressa dal lavoratore, del trattamento di fine rapporto maturando alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, garantendo che il lavoratore stesso abbia una adeguata informazione sulla tipologia, le condizioni per il recesso anticipato, i rendimenti stimati dei fondi di previdenza complementare per i quali e' ammessa l'adesione, nonche' sulla facolta' di scegliere le forme pensionistiche a cui conferire il trattamento di fine rapporto, previa omogeneizzazione delle stesse in materia di trasparenza e tutela, e anche in deroga alle disposizioni legislative che gia' prevedono l'accantonamento del trattamento di fine rapporto e altri accantonamenti previdenziali presso gli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, per titoli diversi dalla previdenza complementare di cui al citato decreto legislativo n. 124 del 1993;

2) l'individuazione di modalita' tacite di conferimento del trattamento di fine rapporto ai fondi istituiti o promossi dalle regioni, tramite loro strutture pubbliche o a partecipazione pubblica all'uopo istituite, oppure in base ai contratti e accordi collettivi di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 e al comma 2 dell'articolo 9 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, nonche' ai fondi istituiti in base alle lettere c) e c-bis) dell'articolo 3, comma 1, del medesimo decreto legislativo, nel caso in cui il lavoratore non esprima la volonta' di non aderire ad alcuna forma pensionistica complementare e non abbia esercitato la facolta' di scelta in favore di una delle forme medesime entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del relativo decreto legislativo, emanato ai sensi del comma 1 e del presente comma, ovvero entro sei mesi dall'assunzione;“


In parole povere il governo ha tempo un anno per definire la questione del trasferimento del TFR a fondi pensione di varia natura. I sei mesi entro cui far pervenire “ l’esplicita volontà di non aderire” decorreranno dal momento in cui verrà approvato il decreto che regolamenterà la materia.

Il Ministrero del Lavoro deve emanare i decreti attuativi entro 12 mesi a partire dal 6 Ottobre 04.

Solo in quel momento I lavoratori che non comunicheranno la loro contrarietà al trasferimento ai fondi pensione, saranno privati del TFR.

Milano 20/10/2004

RSU Ups Italia

Fonte

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