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(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

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Congresso del PRC di Padova - ordine del giorno conclusivo

approvato a maggioranza

(3 Marzo 2005)

L'assemblea congressuale del VI congresso provinciale del PRC di Padova ringrazia con calore ed affetto il segretario uscente Paolo Benvegnù, il cui instancabile lavoro di elaborazione ed organizzazione dell'iniziativa politica del partito è stato fondamentale in questi ultimi 6 anni. La sua instancabile determinazione ha permesso di guidare un partito azzerato nel suo quadro dirigente, privato di ogni struttura e risorsa materiale, traumatizzato e disorientato nel suo corpo militante, quale era il PRC nella nostra provincia dopo la scissione del '98, a stilare un bilancio della propria attività sicuramente positivo quale è quello che possiamo fare oggi alla conclusione di questo congresso. L'assemblea congressuale fa proprie le valutazioni della relazione introduttiva del compagno Benvegnù e ne riprende e sottolinea in particolare alcuni aspetti.

Il bilancio che tracciamo è oggi positivo per la capacità che ha avuto il partito di interpretare e materializzare la linea politica uscita dal V congresso, che gli ha permesso di ricollocarsi al centro dello scenario politico sia nella città capoluogo che nella gran parte del territorio provinciale. Ne abbiamo avuto una chiara riprova nella prima giornata dei lavori congressuali, dove agli attestati di stima e rispetto che ci sono giunti dalle forze del centrosinistra si è affiancato, cosa per noi di straordinaria importanza, il riconoscimento per il lavoro svolto e l'auspicio di una ancor più proficua collaborazione per il futuro da parte delle principali realtà dell'associazionismo e della società civile di matrice pacifista, ambientalista, sindacale e solidaristica. Questo riconoscimento ce lo siamo guadagnati riversando in questi anni le nostre pur limitate energie nel lavoro dentro e con i movimenti, nel territorio e nei luoghi di lavoro, tra i cittadini italiani e migranti. Abbiamo saputo lavorare con questi soggetti attorno alle diverse sfaccettature che assume oggi la lotta contro il neoliberismo e la guerra, portando il nostro punto di vista di comunisti senza la pretesa di imporlo, sapendoci misurare con altre culture e uscendo da questo confronto di idee, ma anche di pratiche materiali di lotta, arricchiti e rafforzati. Non dovremo nel prossimo futuro dissipare questo patrimonio faticosamente accumulato, né lasciar cadere nel vuoto la richiesta che ci viene di intensificare la collaborazione, di continuare il cammino intrapreso insieme.

Rivendichiamo la scelta che abbiamo compiuto nella recente tornata elettorale amministrativa di avviare un percorso unitario con le forze del centrosinistra, non tanto per la scelta in sé, resa necessaria dalla necessità di sconfiggere una destra sempre più pericolosa sul piano democratico, smaccatamente classista nelle sue politiche antipopolari, devastante per il territorio e la salute dei cittadini, quanto per le modalità con cui abbiamo intrapreso questo percorso. Abbiamo infatti promosso e concretamente sostenuto un processo di costruzione del programma con un dibattito ampio e coinvolgente che ha visto la partecipazione attiva di quelle forze della società civile che sono state protagoniste della stagione dei movimenti in questa città. Ne è scaturito un programma di lavoro per l'amministrazione il cui rispetto è oggi una legittima pretesa che avanziamo quotidianamente insieme a quelle stesse realtà ogni qual volta, e non sono state fin qui poche le occasioni, nella concretezza della pratica amministrativa la giunta se ne discosta, preferendo dar retta al realismo dei rapporti di forza che ancor oggi sono favorevoli alle forze espressione dei potentati economici.

La pretesa del rispetto di un programma costruito in modo partecipato ci dà sia la possibilità di lavorare dentro le amministrazioni per dare, nell'ambito delle nostre deleghe, risposte concrete ai bisogni dei soggetti popolari che rappresentiamo, sia la piena legittimità di opporci nelle sedi istituzionali a quelle scelte che se ne discostano e soprattutto la possibilità di stare a testa alta dentro le mobilitazioni che quelle scelte sbagliate contrastano, dandoci l'opportunità di chiarire la posizione politica del partito e di farlo crescere dentro la materialità di percorsi di lotta reali.

E' ancora molta la strada da fare per dare al partito e ai movimenti quella forza necessaria per imporre un'agenda di governo che rovesci il primato degli interessi dell'impresa e della rendita in favore di quelli dei lavoratori e dei ceti popolari, ma crediamo che il percorso avviato, se sviluppato e progressivamente adeguato ad una realtà in continuo mutamento, si stia muovendo nella direzione giusta, che è poi quella indicata dalla mozione di maggioranza di questo congresso.

E' proprio per questo che guardiamo alle prossime consultazioni regionali con preoccupazione. In Veneto il centrosinistra ha proceduto ad un semplice assemblaggio di tutte le forze disponibili in campo, giungendo anche a raschiare il fondo del barile. Ha proposto un candidato Governatore ancora tutto interno ad una logica politicista di rincorsa al centro, che non sembra avere alcun guizzo di discontinuità rispetto ad una logica di governo del territorio sviluppista, tutta incentrata solo e soltanto sugli interessi dell'impresa. Una visione del governo che punta solo ad assecondare il movimento del capitale, che oggi significa prendere atto della delocalizzazione e della deindustrializzazione del Veneto e della sua trasformazione in polo logistico e di smistamento delle merci e delle informazioni tra l'Atlantico e gli Urali, tra il Mediterraneo e il mare del Nord. Una trasformazione che sarà devastante per questo territorio, già così compromesso da un'urbanizzazione selvaggia e da un passato industriale -non ancora passato- altamente nocivo.
Nell'assenza di un programma davvero alternativo alle politiche fin qui esercitate dalla destra si legge tutta l'impermeabilità del centrosinistra regionale alle istanze dei movimenti. E' un giudizio negativo che non possiamo limitarci ad attribuire ad altri. Al contrario dobbiamo sentire come nostra la responsabilità di non essere riusciti ad imporre un percorso di costruzione partecipato del programma, perché questo è il compito che la linea politica già dello scorso congresso assegnava al nostro partito e il non averlo saputo svolgere adeguatamente dà il segno della debolezza che scontiamo sul piano della politica regionale. Per quanto detto sopra grande è quindi la nostra preoccupazione non solo per l'esito della consultazione elettorale, ma soprattutto per il dopo, quando potremmo trovarci ad essere ostaggi in una compagine di governo impegnata a completare il lavoro di devastazione del territorio avviato dalla giunta Galan, senza avere costruito i presupposti per il sostegno e la collaborazione delle reti di movimento e degli organismi spontanei dei cittadini indispensabile per poter anche solo sperare di contrastare quelle politiche.

Per questa ragione crediamo che un chiarimento interno al nostro quadro dirigente regionale sia quanto mai urgente e necessario.
Invitiamo perciò fermamente la Segreteria Regionale a calendarizzare subito dopo la consultazione elettorale il congresso regionale, così che sia data la possibilità ai compagni delegati dai congressi di federazione di aprire un confronto franco e costruttivo sulla nuova fase di lavoro politico che ci attende, di scegliere un quadro dirigente adeguato all'obiettivo di recuperare il deficit di iniziativa politica e ricollocare il partito in una posizione meno subordinata e più interna ai percorsi di lotta e alle contraddizioni che agitano questa regione.

Il congresso che abbiamo concluso, che ha visto una forte partecipazione degli iscritti (47%), è stato un congresso utile perché affrontato con spirito costruttivo da tutti le aree che hanno proposto i 5 documenti. Con lo stesso spirito abbiamo tutti la responsabilità nel prossimo futuro di fugare le preoccupazioni di molti compagni che in tanta diversificazione hanno temuto si celasse una nuova frammentazione del partito. Che le cose non stiano così non dobbiamo solo affermarlo con le parole, ma anche con le pratiche, proseguendo con la stessa civiltà e determinazione il confronto politico interno, ma anche sapendo dimostrare l'unità del partito nel lavoro politico, a partire dall'attività dei circoli e dalla partecipazione alle campagne generali del partito come le grandi mobilitazioni di movimento o le scadenze elettorali.

Anche a Padova il congresso si è chiuso con l'affermazione netta del primo documento (66%), con l'accettazione cioè di quella sfida che è e sarà sempre più nell'immediato futuro il tentativo di sconfiggere non solo il personale politico della destra, ma anche le sue politiche, attraverso un uso tattico delle leve di governo in funzione dell'orizzonte strategico della trasformazione della società presente mediante il conflitto e l'autorganizzazione sociale della classe.
Tutti dobbiamo prendere atto di questo esito. I compagni delle mozioni di minoranza devono assumere il fatto che due terzi del partito ritengono questa la linea corretta da seguire e si batteranno per renderla efficace e vincente. Questi compagni non hanno cambiato idea sulla sinistra moderata, né nutrono l'illusione che essa possa tornare a rappresentare gli interessi di classe. Semplicemente ritengono che siano maturi i tempi per contendere ad essa, insieme ai movimenti e alla sinistra di alternativa, quell'egemonia sulle classi popolari che finora ha esercitato. Non intendono perciò in nessun modo fare sconti a nessun governo, né subordinare o piegare lo sviluppo dell'iniziativa politica del partito e dei movimenti sociali a qualsivoglia compatibilità di governo. Vedono al contrario nel dispiegarsi del conflitto sociale la principale risorsa e l'attore primo di qualsiasi dinamica di trasformazione sociale. Su queste basi crediamo che anche i compagni delle minoranze potranno unirsi al resto del partito nel lavoro politico senza compromettere la coerenza con le proprie specifiche convinzioni.

Quello che sapremo costruire in termini di crescita del radicamento e della forza organizzativa del partito andrà ad incrementare un patrimonio collettivo che non ha proprietari o azionisti di maggioranza, ma appartiene appunto a quel partito che è la casa comune che ci siamo scelti e condividiamo.

Viceversa i compagni della maggioranza devono prendere atto che esistono altre aree del partito che hanno proposto linee politiche diverse e che, soprattutto, hanno avanzato critiche che hanno trovato ascolto e condivisione in tanti compagni, forse anche più di quanto non dicano i risultati congressuali. Riconosciamo il loro contributo e lo consideriamo un arricchimento per tutto il partito. In particolare condividiamo le loro sollecitazioni sui temi della democrazia interna, della centralità del lavoro politico nei movimenti e del conflitto di classe, dell'identità comunista e di classe del partito.

Ribadiamo quindi la necessità di continuare ed intensificare il nostro lavoro di partecipazione e costruzione del conflitto sociale, come ci è stato esplicitamente richiesto anche in questo congresso dagli invitati, mettendo in campo la nostra forza organizzata a sostegno di una fase di temporanea debolezza che sembrano attraversare i movimenti generali dopo la stagione delle grandi mobilitazioni. Un primo banco di prova dovrà essere il lavoro per la riuscita della manifestazione nazionale e internazionale del 19 marzo contro la guerra e per il ritiro delle forze di occupazione dall'Iraq.

Dobbiamo saper essere parte attiva e qualificata nel dibattito di movimento portando il nostro originale contributo di comunisti rifondatori. Per essere all'altezza dobbiamo noi stessi alzare il livello culturale e politico del nostro dibattito, dando a tutti i compagni gli strumenti di conoscenza indispensabili per essere protagonisti dell'elaborazione di un pensiero comunista all'altezza dei tempi. Dobbiamo più spesso costruire occasioni per un confronto con le miriadi di esperienze di lotta ed organizzazione di ogni tipo che attraversano ogni angolo del pianeta e che sono l'ossatura del movimento dei movimenti e i protagonisti dei forum sociali mondiali.

Dobbiamo contribuire attivamente al processo di riforma del partito discutendo e sperimentando forme organizzative che favoriscano la partecipazione democratica e il rinnovamento del quadro dirigente, un rinnovamento che deve superare il metodo della cooptazione e promuovere invece i compagni che sanno rendersi protagonisti dell'iniziativa del partito nella società.

La soddisfazione che abbiamo espresso nel tracciare un bilancio del lavoro svolto si riferisce al confronto con il dato relativo di partenza, con la condizione del partito da cui proveniamo. Non deve assolutamente farci perdere di vista quelli che sono i molti limiti che ancora scontiamo e che dobbiamo proporci di superare. Ne indichiamo i principali, senza la pretesa di esaurire un dibattito che deve attraversarci continuamente.

1) Pur tenendo conto che la nostra base è di estrazione proletaria e soffre più che mai gli effetti della crisi economica e conseguentemente è impoverita anche nella disponibilità del proprio tempo di vita sottratto al lavoro, i compagni attivi sono ancora troppo pochi e il lavoro è distribuito in modo assolutamente disomogeneo. Ciò indica da un lato un deficit di coinvolgimento e di senso di appartenenza che deve essere superato attraverso un maggior coinvolgimento nel dibattito e nelle scelte politiche. Dall'altro segnala limiti dell'impianto organizzativo che tende a concentrare su pochi compagni il carico del lavoro materiale ma anche le responsabilità politiche. Dobbiamo anche noi imparare a lavorare tutti per lavorare meno e meglio.

2) Siamo riusciti a rivitalizzare, talora perfino a re-impiantare ex-novo la presenza del partito in importanti aree del territorio provinciale. La presenza nel capoluogo era essa stessa molto debole fino a qualche tempo fa. Non dobbiamo però nasconderci che ancora non copriamo per intero il territorio provinciale, con buchi in aree di una certa rilevanza, anche sotto il profilo della composizione di classe che vi è insediata, e che vi sono circoli in difficoltà.
Dobbiamo porci il problema di investire energie per penetrare anche in quei territori dove non siamo presenti e per sostenere il processo di rivitalizzazione dei nostri circoli che stentano a riprodursi e ad allargarsi e che, come un serpente che si morde la coda, per questa ragione non riescono ad esprimere iniziativa politica.

3) Nonostante non manchino i giovani che si iscrivono nei nostri circoli territoriali, scontiamo una forte debolezza di iniziativa politica in ambito giovanile. Certamente soffriamo della concorrenza di settori di movimento estremamente aggressivi ed organizzati su questi terreni, ma ciò non può essere un alibi, perché la nostra proposta politica è chiaramente differenziata ed ha certamente uno spazio politico ampio per essere agita. Ciononostante siamo ancora del tutto assenti dalle scuole e nell'università non riusciamo a raggiungere la massa critica che ci permetterebbe di dispiegare un'iniziativa politica autonoma. Un partito comunista non può permettersi di non avere un forte radicamento tra i giovani. Anche in questo campo occorrerà raccogliere tutte le energie disponibili, affiancare se necessario altre forze e definire un progetto di intervento che ci permetta di superare questo limite.

4) Il nostro partito continua ad essere fortemente caratterizzato dalla presenza maschile. Non solo gli uomini sono la maggioranza degli iscritti, ma se guardiamo al numero di compagne attive, il divario si fa insostenibile. Esso si riflette nella composizione dei gruppi dirigenti, nonostante che le compagne siano state valorizzate con il conferimento di tutti gli incarichi di governo nelle giunte in cui siamo presenti e che stiano facendo un lavoro davvero ottimo per il partito. Sollecitiamo perciò le compagne a partecipare di più alla vita del partito e i compagni a lasciar loro tutto lo spazio politico che meritano. Il contributo della critica di genere è un contributo specifico di cui la nostra federazione è pressochè priva e che sarebbe quanto mai utile e necessario in una fase in cui il taglio dello stato sociale fa ricadere sulle donne il peso dei risparmi di bilancio, in cui si rifanno strada, anche nel centrosinistra, politiche familiste e la legge sulla procreazione assistita rimette in discussione l'autonomia e i diritti conquistati dalle donne con dure lotte negli anni passati.

5) Infine, ma non certo perché meno importante, la questione del lavoro. L'analisi che abbiamo sviluppato anche in questo congresso sulle trasformazioni del lavoro e in particolare nel quadro della ridefinizione dell'assetto produttivo nella nostra regione deve potersi tradurre in un progetto di iniziativa politica. La nuova composizione di classe che viene ridisegnandosi, caratterizzata da un lavoro sempre più precario e dequalificato, in cui i lavoratori migranti assumono un peso, non solo numerico, sempre più rilevante, deve diventare un terreno di insediamento strategico del partito. Il nuovo Veneto delle comunicazioni, della logistica e dei servizi non si arricchisce solamente in virtù della propria collocazione geografica, ma anche e soprattutto grazie ad una forza lavoro tra le più sottopagate e precarie che ci siano. Sono ben rappresentati da quella massa di lavoratori dipendenti di pseudo-cooperative che ricevono trattamenti in deroga ai contratti nazionali di lavoro, con versamenti contributivi figurativi, senza diritti, senza scolarizzazione, spesso senza sindacalizzazione, con orari impossibili, non a caso provenienti dalle fascie più deboli della società: migranti, giovani, ex detenuti, donne… Eppure la loro collocazione nei gangli vitali della fase di valorizzazione delle merci attribuirebbe loro una forza potenziale straordinaria.
Nel prossimo futuro dobbiamo saper mettere a frutto il vantaggio che ci da la capacità di analizzare e comprendere il sistema economico veneto e il suo sviluppo futuro. Dobbiamo riuscire a valorizzare anche sul terreno del conflitto capitale-lavoro quell'internità che abbiamo conquistato tra i lavoratori migranti.

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