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(27 Novembre 2015)
Dopo i fatti di Parigi ci siamo abituati alle notizie di perquisizioni ed arresti arbitrari in Francia e Belgio, anche senza alcun elemento probatorio, soltanto sulla base di sospetti delle forze di polizia.
Queste operazioni vengono giustificate con possibili quanto generici "fenomeni di radicalizzazione": fenomeni tanto generici da farci rientrare anche gli studenti che manifestano dissenso nei confronti della republique française o della "società dei consumi".
Qui traduciamo un articolo che riporta un’operazione particolarmente significativa e grave. Senza dare alcuna spiegazione plausibile, le forze dell'ordine hanno perquisito la sede di Air France Cargo di Roissy, teatro delle proteste di qualche tempo fa.
Dopo la dichiarazione dello stato d'urgenza, centinaia di perquisizioni hanno avuto luogo. Mercoledì l'aeroporto di Roissy è stato teatro di questa nuova misura, nell'ambito del settore Cargo di Air France e dell'impresa Fedex. Secondo i giornali, l'aeroporto sarebbe in effetti uno degli obiettivi potenziali dei terroristi. La prefettura delegata alla sicurezza degli aeroporti Charles de Gaulle e Bourget, invece, assicura che non c'è un collegamento diretto tra queste perquisizioni e gli attentati di venerdì 13 Novembre. Ma allora che cercavano le forze dell'ordine presso Air France Cargo?
Sempre secondo la prefettura, non c'è stata “né una scoperta di elementi significativi, né interrogatori”. Non è esattamente ciò che si potrebbe credere, a giudicare dalla maniera in cui si sono tenute le perquisizioni: gli armadi del personale sono stati aperti e quelli dei lavoratori assenti sono stati fatti saltare. Una maniera un po' strana di cercare delle prove, nel quadro di una operazione antiterrorista, soprattutto dal momento che è stato detto che i suddetti armadi potrebbero essere potenzialmente imbottiti di esplosivo...strana, ancora, la maniera in cui la prefettura si è affrettata a riaffermare che non c'era alcun legame con le recenti mobilitazioni contro i licenziamenti in Air France. Se c'erano elementi probanti su un rischio di attentato ad Air France Cargo, non ci sarebbe stato senza dubbio bisogno di ricorrere a una tale giustificazione.
Ma il discorso della prefettura è chiarificatore nel momento in cui dichiara di essere stato alla “ricerca di elementi legati a fenomeni di radicalizzazione”. Questa frase evasiva testimonia ciò che lo stato d'urgenza permette oggi al governo e alle forze dell'ordine: giustificare, col pretesto della “radicalizzazione”, l'accelerazione delle procedure giudiziarie e la restrizione delle libertà fondamentali più elementari. Questa “radicalizzazione”, di cui il governo si guarda bene di dare alcuna definizione o caratterizzazione, può anche essere intesa come ogni fenomeno che va contro l'ordine dominante. È lo stesso tipo di “radicalizzazione” che era ricercata nei licei e istituti superiori dopo gli attentati di Gennaio, quando i professori erano stati incaricati da una circolare del ministero di segnalare tutti gli allievi “sospetti” che mettevano in discussione la République o la società dei consumi. Una politica liberticida volta a impedire ogni forma di critica, di opposizione e di contestazione contro il governo e la dittatura dei padroni.
Simbolo della contestazione sociale nel periodo precedente gli attentati, i lavoratori in collera di Air France, e in particolare di Air France Cargo, di cui alcune sezioni sindacali hanno deciso di mantenere il loro appello a una manifestazione giovedì e venerdì a Roissy contro i licenziamenti in corso nell'azienda e la repressione giudiziaria. Contro lo stato d'urgenza e l'ingiunzione a non manifestare in nome dell'unione nazionale guerriera, i salariati di Air France hanno ben compreso che la sola risposta da dare era continuare la lotta contro un padrone che non ha alcuna voglia, da parte sua, di porre una tregua nei suoi attacchi contro i lavoratori. E non saranno certo le pressioni delle forze dell'ordine contro la loro “radicalizzazione” a farli tacere!
Clash City Workers
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