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Legge 30: Unione in tilt

Fassino: va bene, «la miglioreremo». Protestano la sinistra Ds, Pdci e Rifondazione

(23 Novembre 2005)

La legge 30 comincia a dividere nettamente l'Unione: il là allo scontro tra «riformisti» e «radicali» l'ha dato una dichiarazione del segretario Ds Piero Fassino applaudita dal vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei e dal segretario generale della Cisl, Savino Pezzotta, due giorni fa a un convegno nel bergamasco. «Se il centrosinistra vince le elezioni - aveva detto Fassino - non cancellerà la legge Biagi ma la migliorerà introducendo gli ammortizzatori sociali che oggi non ci sono». Il concetto di «miglioramento», dunque, è un passo ulteriore verso l'apprezzamento della legge varata da Maroni, dato che finora Margherita e maggioranza Ds si erano limitati al termine «modifica» (in opposizione a sinistra Ds, Verdi, Pdci e Rifondazione che chiedono l'«abrogazione»). Ma Fassino è andato oltre, sposando idealmente il patto per l'Italia siglato nel 2002 da governo, Confindustria, Cisl e Uil, senza la Cgil: «La flessibilità è un dato strutturale e io non rimpiango la rigidità - ha detto il segretario dei Ds - Io non sono spaventato dalle misure introdotte dalla legge 30». «La quale però - ha aggiunto - non ha introdotto tutto quello che aveva in mente Marco Biagi, ovvero gli ammortizzatori sociali necessari per affrontare la flessibilità e non farla diventare precarietà: quelli che introdurremo se andremo al governo». Chiara l'identità di vedute con la Cisl di Pezzotta, che appunto, commentando le affermazioni di Fassino, ha fatto esplicito riferimento al patto per l'Italia: «La flessibilità va accompagnata da ammortizzatori sociali di nuovo tipo - ha detto il segretario Cisl - Per questo la legge 30 è da migliorare e completare: noi sugli ammortizzatori avevamo firmato un accordo contro gli altri (la Cgil, ndr), poi rimasto lettera morta».

Massimo gradimento anche da parte del confindustriale Bombassei: «Bene ha fatto il centrosinistra ad aver eliminato dal proprio programma l'obiettivo di cancellare la Biagi per sostituirlo con quello di modificarla», ha detto. Aggiungendo che «flessibilità non vuole dire precarietà», e anticipando una ricerca che dimostrerebbe «notevoli risultati» della legge: «La maggior parte delle nuove assunzioni sono state fatte con questa normativa e il 50% dei contratti a termine sono diventati a tempo indeterminato - ha concluso - Possiamo dire che a un anno dall'applicazione della legge i risultati sono molto diversi dal sentire comune». E' come il «caro euro», la differenza tra inflazione reale e percepita: almeno metà dei quattro milioni di precari d'Italia hanno in realtà un posto fisso; ma forse sono idioti e non lo capiscono.

Contro l'alleanza maggioranza Ds-Cisl-industriali, schierata dichiaratamente contro i lavoratori, ieri si sono levati gli scudi della sinistra dell'Unione. «A Prodi e a tutta l'Unione chiediamo di dire che la legge 30 deve essere cancellata. La lotta alla precarietà deve essere uno dei tratti fondamentali del prossimo governo: vanno cancellati anche gli effetti del pacchetto Treu», dice Gloria Buffo, della sinistra Ds. Le dà man forte il collega di cordata Fabio Mussi: «Non si può accettare come ineluttabile il fatto che milioni di persone facciano un lavoro che li costringe a una vita precaria. E non sono d'accordo con Fassino quando dice che la legge 30 è da "migliorare": è invece un'aberrazione e va superata». Ci va giù duro pure Marco Rizzo, del Pdci: «Chi, come Fassino, pensa di apportare solo delle modifiche sbaglia, perché la sinistra non può porsi come obiettivo l'essere un po' diversa dal centrodestra: su pace, scuola, lavoro, diritti, sanità, deve presentare un progetto di paese radicalmente diverso da quello di Berlusconi. La legge 30 va cancellata». Molto critico anche Paolo Ferrero, di Rifondazione: «Le posizioni di Fassino sono più in sintonia con Confindustria che con la Cgil - dice - La discussione nell'ambito dell'Unione non ha nulla a che vedere con le uscite del segretario Ds. Nel merito, stiamo cercando di dare delle risposte concrete all'interrogativo su come si abolisce il job on call, la somministrazione e lo staff leasing, oppure a come si valorizza il collocamento pubblico e si attua un maggior controllo sugli appalti».

ANTONIO SCIOTTO (il manifesto 20 Novembre 2005)

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