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Hiroshima

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(7 Agosto 2012) Enzo Apicella
Il 6 agosto 1945 alle 8:16 gli USA sganciano su Hiroshima la prima bomba atomica utilizzata in un conflitto militare

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Riceviamo e, ai fini del dibattito (quindi senza sottoscriverne tutte le considerazioni), pubblichiamo.

Lucio Caracciolo

Lucio Caracciolo

L’accusa è talmente facile che le Tv continuano a mandare in onda in tutte le trasmissioni – anche quelle modello talk show – qualche giornalista che, oltre a stare a libro paga, ha predisposizioni antirusse e si avventura in spiegazioni del tutto improbabili. Si tratta, badate bene, di giornalisti fuori servizio da tempo, di secondo piano, lettrici di Tg e simili. I giornalisti un po' più seri non si azzardano a bruciarsi su ipotesi avventurose che vorrebbero gli stati maggiore russi organizzatori di un attentato suicida allo scopo di giustificare una rappresaglia sull’Ucraina.
Comincio subito col dire che la Russia non ha bisogno di alcuna pezza d’appoggio per una eventuale intensificazione bellica alla quale non ha alcun interesse per almeno tre motivi. Primo, la tattica di guerra è esattamente quella annunciata: operazione speciale e quindi logoramento dell’Ucraina fino a costringere la Nato ad interventi ancora più diretti con truppe proprie, cosa che costituirebbe un problema perché gli Usa dovrebbero spedire in Europa i loro soldati con quel che consegue in termini di consenso per tutte le opzioni politiche presenti sul campo, compresi gli immancabili outsider che alla fine confluiscono sull’uno o l’altro candidato. Nemmeno sul fronte dei settori economici c’è molta disposizione negli Usa ad entrare direttamente in guerra anche perché il meccanismo di guerra per procura sta funzionando benissimo ed è stato ben oliato spingendo anche il rappresentante dei rentier francesi a fare per primo la mossa “del guerriero” e che oggi sostiene che l’Isis ha messo nel mirino anche la Francia. Secondo motivo, la Russia dovrebbe intensificare la leva, rafforzare la produzione e l’economia di guerra suscitando un incremento delle reazioni pacifiste finora timide (e che solo i nostri medi gonfiano ad arte!) che potrebbero saldarsi con qualche altro settore delle proteste modello “Naval’nyj” (anche queste opportunamente sfruttate dalla stampa occidentale e sulla cui funzione non dobbiamo ricordare gli scopi e gli effetti della sobillazione nel fronte nemico). Se per ora va bene così perché cambiare tattica? Terzo motivo, ed è quello che influenza le decisioni su entrambi i fronti in guerra, la Russia sta decisamente vincendo e non ha alcun bisogno, anzi le sarebbe controproducente anche in termini di consensi internazionali, intensificare la guerra e provocare un intervento diretto della Nato e questa, visto il quadro, gioca la carta della guerriglia, dell’attentato col doppio fine di impegnare il nemico sul fronte interno sottraendo forze al “fronte” e di intaccarne il prestigio e demoralizzare la popolazione. Il movente c’è tutto e il copione è già noto e sperimentato!
Anche il cortese avviso che gli Usa hanno inviato a Putin circa le probabilità di un attentato lancia sospetti sullo zio Sam – maestro di controcontrospionaggio - e i giornalisti di cui sopra vengono rispolverati, riverniciati e lanciano i loro commenti che sono tutti del tipo: “…è molto strano che Putin non si sia fatto vivo che diciannove ore dopo” e così di seguito ad elencare tutte le “stranezze” del caso compreso il fatto che una stazione dei servizi di sicurezza era ad appena otto minuti di distanza dal luogo dell’attentato. Niente dichiarazioni di Augias, nessun Travaglio, niente Caracciolo il quale si limita ad indicare i probabili esecutori, esecutori, si badi non mandanti. La stampa borghese evidenzia i punti fondamentali della “stranezza” di questo attentato. Come mai le forze di polizia che arrestano in pochi minuti i manifestanti di strada qui non si sono viste che dopo un’ora? Come hanno fatto i terroristi ad attraversare in incognito un territorio in guerra e quindi allertato e vigilato? A margine faccio notare che alcuni nostrani compagni sono talmente suggestionati da queste insinuazioni, le quali ormai sono parte di un sistema di comunicazione da stato di guerra, al punto da non riflettere nemmeno per un attimo di star ripetendo pari pari le loro argomentazioni.
E vengo all’Isis, anzi all’Isis-K recentemente scoperta dal giornalismo. Dispersa e ridotta a piccoli gruppi scollegati occupati in rari episodi di guerriglia, questa subcellula – sempre per quelli che vogliono allontanare i sospetti dal mandante Usa – sarebbe la più probabile autrice dell’attentato col quale vendicherebbe gli episodi ricorrenti di antislamismo della Russia ma anche questa motivazione traballa dato che bisognerebbe spiegare perché non abbia agito nella Siria del macellaio Assad che si è distinto in azioni contro di loro e perché abbia scelto di attraversare paesi e frontiere di una Russia in guerra in un’azione di difficile progettazione e difficilissima realizzazione. Ad intricare il quadro dei rapporti di antagonismo ci si mette, ad esempio, il fatto che la Francia ha emesso un mandato d’arresto internazionale per Assad, nemico dell’Isis, con l’accusa di complicità in crimini di guerra, dunque, quale migliore amico! E nemmeno valgono a convincere le foto che l’Isis – con un’abitudine del tutto inconsueta – continua ad inviare dopo quelle prime, su cui grava il sospetto di essere recitate male. Un po' in affanno la presenza da protagonista assoluto del terrorismo va via via sparendo ma a noi interessano i mandanti – forti dell’esperienza degli Usa ad amoreggiare ora coi talebani ora con l’Isis e con un atteggiamento laico e disinvolto verso ogni sorta di delinquenti e di golpisti.
Torno così agli analisti doc e riprendo Lucio Caracciolo che mette in evidenza – e io con lui – che per Kiev “…è un punto di vantaggio far vedere che ci sono debolezze e incrinature pesanti nel sistema di sicurezza russo” e poi che è prevedibile panico ed insicurezza proprio a ridosso e minando il grande senso di sicurezza emanato da Putin e riscontrato con una elezione il cui risultato è certo gonfiato ma che esiste ed è confermato anche dall’inesistenza dell’appello dei Navalnijani a intasare i seggi elettorali – intasamento visto solo nelle Tv dell’occidente – e i voti per lo stesso ancora più inesistenti. Dunque, sia in termini di immagine sia in termini di necessità, l’ipotesi del suicidio è resa ancora più lontana dalla dimensione dei fatti: 137 morti, finora, e centinaia di feriti; anche come preparazione alla rappresaglia è troppo pesante per essere credibile anche per le più ardite suggestioni che stampa e Tv cercano di avanzare senza però spingersi troppo oltre perché la credibilità di questa tesi è davvero scarsa anche agli occhi dei complottisti per vocazione.
C’è un altro aspetto nella “mano” occidentale: lo stato di allerta che comincia, non a caso, insieme a tutti i preparativi bellici di contorno – ipotesi di servizio di leva, propaganda nelle scuole, patriottismo a man bassa, …. – e che stavolta non regredirà col tempo. Se non prendiamo coscienza che la guerra avanza non solo coi preparativi strettamente militari ma anche con la propaganda concreta, fatta di iniziative propedeutiche con carattere di stabilità intanto che la produzione riprenda a pieno regime e gli arsenali inizino nuovamente a riempirsi. Se non consideriamo quest’aspetto finiremo col giungere impreparati a costruire una reale opposizione alla guerra. Intanto gli Usa, protetti sul lato occidentale dal Giappone che si riarma e sulla costa orientale dall’oceano, continua a fare la regia delle azioni per procura facendo la sua parte di fiancheggiatore dell’azione militare diretta degli ormai esangui ucraini. Io penso che non ci sia nemmeno il più debole motivo per pensare ad un qualunque vantaggio della Russia in questa vicenda mentre non solo i vantaggi ma anche le possibilità concrete sono tutte dalla parte degli Usa e smascherarli è un fattore che favorisce l’opposizione interna all’imperialismo che ha già preso una certa forma nella solidarietà alla resistenza palestinese. Si tratta di un’opposizione composita ma certamente foriera di buona prospettiva e che dobbiamo far avanzare se vogliamo veramente fermare la prossima carneficina.

Michele Esposito

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