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L'Islanda riconosce lo Stato Palestinese

L'Islanda riconosce lo Stato Palestinese

(3 Dicembre 2011) Enzo Apicella
Martedì scorso il parlamento islandese ha votato a favore del riconoscimento dei Territori Palestinesi come stato indipendente.

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Lettera aperta ai movimenti internazionalisti e di solidarietà

(11 Luglio 2006)

Care compagne e cari compagni,
in questi giorni stanno venendo al pettine una serie di nodi che, per la verità, in molti ci aspettavamo. In particolare, mi sembra che il nuovo governo non manifesti la minima attitudine ad una sostanziale discontinuità in politica estera rispetto al nefasto operato del governo Berlusconi.

Da un lato, assistiamo alla riconferma degli impegni in Iraq e Afghanistan: il ritiro dei militari italiani dall'Iraq avverrà (se avverrà: per il momento, non siamo a conoscenza di alcun calendario preciso al riguardo) secondo le modalità già concordate da Berlusconi con gli U.S.A. e il governo quisling di Baghdad e, quanto all'Afghanistan, il coinvolgimento del nostro paese nell'occupazione rimane immutato, nonostante l'evidente innalzamento del livello di guerra guerreggiata e l'altrettanto evidente fallimento dell'esportazione della democrazia a suon di bombardamenti.

Su un altro versante, non possiamo che constatare come, aldilà di qualche prudentissima dichiarazione di Prodi e D'Alema, peraltro non seguita da alcuna iniziativa concreta, la complicità italiana con la criminale politica del governo israeliano si situi sul medesimo livello di quella del governo Berlusconi. I drammatici eventi delle ultime settimane sono sotto gli occhi di tutti e non hanno bisogno di ulteriori commenti.

Di fronte a questo scenario desolante, sono personalmente rimasto colpito dal coraggio politico e - perché non dirlo? - dalla dirittura morale dei volontari della sezione italiana dell'International Solidarity Movement (ISM), che hanno, senza pensarci troppo, messo in atto una civile ma determinata protesta di fronte al palazzo del governo, mentre altri (come al solito) preferivano riproporre un concetto di equidistanza fra vittime e carnefici del quale, francamente, non se ne può proprio più. Mentre i panzer israeliani sferragliano nei campi e nelle strade della poverissima striscia di Gaza, mentre aerei e navi israeliani bombardano senza sosta l'area più densamente popolata del mondo, distruggendo vite, case e infrastrutture, mentre la cosiddetta comunità internazionale, per la prima volta nella storia, sottopone ad un durissimo embargo non la nazione occupante e più volte condannata dagli organismi internazionali, ma il popolo vittima dell'occupazione, trovo semplicemente osceno organizzare iniziative e lanciare appelli la cui richiesta principale non è quella della cessazione del martirio della popolazione di Gaza, bensì quella della liberazione di un soldato occupante fatto prigioniero dalla resistenza palestinese, che ne ha proposto lo scambio con le migliaia di donne e bambini illegalmente sequestrati - anche da anni e senza processo - nelle prigioni della potenza occupante.

E' in questo contesto che viene a collocarsi l'incontro fra il Presidente del Consiglio Romano Prodi e il premier israeliano Olmert, annunciato dalla stampa per il prossimo 27 luglio a Roma. Il compagno Vincenzo Miliucci, dell'esecutivo nazionale Cobas, ha ricordato in un suo intervento che nel corso dell'iniziativa dell'ISM ci si è raccomandati di preparare ad Olmert l'accoglienza che merita; anche io penso che, nonostante l'indubbia difficoltà del periodo, non possiamo permetterci di non far sentire la nostra voce, la voce di tutti quelli che hanno a cuore la pace e la giustizia. La visita italiana del più alto responsabile della politica israeliana deve essere l'occasione per mostrare al mondo, e soprattutto al popolo palestinese, che l'Italia non è solo il Paese dei governi che collaborano con le avventure coloniali degli USA e sottoscrivono accordi militari con Israele, ma è anche un Paese in grado di mostrare solidarietà a quei popoli che - esattamente come hanno fatto i nostri padri in anni non lontanissimi - resistono e lottano per liberarsi dall'oppressione. Credo che sia indispensabile mobilitarsi per riaffermare, in un momento tanto terribile per i Palestinesi, la nostra indisponibilità ad essere complici di quanto sta avvenendo, e mi sembra evidente che l'obiettivo di questa mobilitazione non possano essere che il nostro governo e le forze politiche della maggioranza che lo sostiene. In altre parole, penso che il 26 e il 27 luglio debbano essere giornate caratterizzate da manifestazioni ovunque sia possibile nei confronti dell'Unione e dei partiti che la compongono, a partire dalle federazioni dei DS, che non solo sono il primo partito della maggioranza ma anche quello che esprime l'attuale Ministro degli Esteri.

Il 26 e il 27 luglio come giornate nazionali di solidarietà con il popolo palestinese e di protesta contro il silenzio complice delle forze politiche italiane, con le forme e le modalità che ogni situazione - dalla più piccola alla più grande - deciderà di scegliere.

Care compagne e cari compagni, credo non ci sia molto altro da dire. C'è moltissimo da fare, invece, da qui al 27 luglio. Buon lavoro a tutte e tutti.

Roma, 10.7.2006

Germano Monti (del Forum Palestina)

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