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Vogliamo l'indulto o non lo vogliamo?

(29 Luglio 2006)

Leggendo il Blog del Ministro Di Pietro, ma anche quello di Beppe Grillo, la domanda che sarebbe più corretto porre ai gestori di questi Blog è: siamo d'accordo o no sulla possibilità che il Parlamento approvi un indulto?

La stragrande maggioranza degli interventi che è possibile leggere su questi Blog, infatti, esprime un rifiuto a prescindere circa l'opportunità di svuotare le carceri, quali che siano i reati compiuti. Si tratta, per lo più, di un NO di principio.

Posizione più che legittima, sia chiaro. Non possiamo però far finta che non si tratti di un'istanza che non si pone la necessità di garantire anche alla popolazione carceraria diritti costituzionalmente riconosciuti; un'istanza della quale il Ministro Di Pietro è di fatto divenuto il maggior rappresentante.

Detto questo, e facendo fede le cronache parlamentari, ritengo però che anche il Ministro Di Pietro, con tutta l'Italia dei valori, sia d'accordo con la necessità di approvare un provvedimento di clemenza.

Ma se il Ministro Di Pietro vuole questo, poi non può far finta che i numeri non contino: i voti della sola maggioranza di centrosinistra non sono sufficienti; servono infatti i due terzi.

Dato, quindi, che senza i voti di Previti non se ne può fare nulla, non fare anche gl'interessi di Previti vuol dire soltanto che non si vuole fare l'indulto.

Che sia un inciucio non ci piove.

Ma non potrebbe essere altrimenti: non si possono chiedere i voti a Previti e non aspettarsi che Previti chieda qualcosa in cambio.

Che vogliamo quindi fare?

Facciamo saltare tutto o, fatti due conti tra i costi e i benefici, ci turiamo il naso e subiamo le richieste, o chiamiamolo anche il ricatto, poste da chi dispone dei restanti voti necessari per poter approvare un provvedimento che alleggerirà le carceri italiane di circa 12.000 detenuti, in larga maggioranza colpevoli di piccole cose?

29 luglio 2006

Franco Ragusa - Riforme.net

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Commenti (1)

No a questo indulto: una formalità, ma a chi giova?

Non mi pare che siano dodici mila rei di piccole cose.
ci sono parecchi colpevoli di quei "crimini" politici come lo scambio mafioso del voto con il favore, ci sono tangentisti e furbetti di "quartierini", c'è molta parte di quella borghesia antidemocratica che erode le prospettive di emancipazione dei lavoratori, quando non le uccide direttamente, facendole cascare da un'impalcatura.

Anche perchè per i "poveri cristi" indultati, non si predispone un reddito o un lavoro, e presumendo che essi non sono criminali patologici, ma che infrangere la legge per un povero cristo significa cercare di rimediare alle ingiustizie della legge del capitale che ti fa nascere disoccupato e precario, giustizia reale vorrebbe che si ponessero le condizioni per evitare di finire di nuovo in carcere: lavoro sicuro, casa, diritti per tutti.

E non è un caso,d'altro canto, che di fatto, tutti i compagni e le compagne resteranno in galera, di cui molti erano e sarebbero tornati ad essere impegnati in questa lotta radicale.

Si sono messe assieme problematiche differenti, e si vogliono risolvere alla solita maniera italiana: criteri vaghi per accontentare tutti e nessuno.

Allora, quest indulto, non è giusto da tutti i punti di vista. Credo che, sicuramente, per il proletariato in fondo non lo è.

(30 Luglio 2006)

Gennaro Cosentino

gencos@tiscali.it

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