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(5 Ottobre 2010) Enzo Apicella
Elezioni presidenziali 2010. Il Brasile si sposta a sinistra.

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Viva la Comune di Oaxaca!

Dopo la battaglia della Città Universitaria, bisogna riprendere l’offensiva

(13 Novembre 2006)

Nonostante la APPO e il popolo di Oaxaca abbiano dovuto ritirarsi all’interno della città universitaria dopo l’entrata della Polizia Federale (PFP) il 29 ottobre, sono rimaste in piedi le barricate. Anzi, nuove barricate sono state costruite e la direzione della XXII° sezione del CNTE non ha potuto imporre il ritorno al lavoro e la fine dello sciopero a causa della scontentezza e dell’opposizione degli insegnanti in lotta[2]. L’avanguardia e le masse combattive avevano perso una battaglia ma non la guerra. È quello che ha dimostrato la battaglia della Città Universitaria del 2 novembre che ha permesso di far fare marcia indietro alla polizia.

La battaglia della Città Universitaria, un trionfo delle masse
Malgrado l’entrata della polizia a Oaxaca e l’occupazione dello Zócalo (Piazza centrale della capitale) da parte delle forze repressive[3], il dispiegamento poliziesco-militare non ha sconfitto il movimento oaxaqueño[4]. Di fronte a questo fatto, settori del regime hanno proposto che il governatore Úlises Ruiz presenti le sue dimissioni[5] o chieda una “licencia”. Questo ha ovviamente generato nuove discussioni e crisi all’interno del regime tripartito poiché il PRI continua rifiutare la via d’uscita proposta dal PAN e dal PRD. Vertendo le rivendicazioni centrali del movimento oaxaqueño sulle dimissioni di Úlises Ruiz, il pericolo più grande per le istituzioni è comunque che le masse leggano come una loro vittoria l’eventuale partenza di URO.
Di fronte a questa possibilità, per placare la discussione e favorire una soluzione negoziata fra i tre principali partiti del regime e per farla finita una volta per tutte con questa lotta che potrebbe avere un impatto su Messico DF, su altri Stati della federazione messicana e su altri settori di lavoratori e popolari, il governo ha deciso di attaccare la Città Universitaria. Dopo una settimana di logorio dell’avanguardia da parte delle forze repressive, il governo ha stabilito di portare un colpo decisivo al movimento per “normalizzare” e “stabilizzare” lo Stato di Oaxaca attaccando la Città Universitaria.
È effettivamente dall’Università Benito Juárez che si continuava a trasmettere Radio Universidad. È dall’università che si riorganizzavano le barricate dopo l’occupazione dello Zócalo da parte della PFP. Essa si era trasformata nel corso degli ultimi giorni nell’ultimo bastione di resistenza.
Alla fine della mattinata, il 2 novembre, è scattato l’attacco. Ma l’azione repressiva della PFP (fortemente appoggiata da blindati leggeri ed elicotteri, con il sostegno della polizia statale e di gruppi paramilitari[6]) ha invece rilanciato la dinamica di lotta fra gli studenti combattivi, i settori più militanti dell’APPO, mille cittadini e contadini (“colonos”), scesi verso la Città Universitaria dai “barrios” e dai campi, i lavoratori e gli insegnanti dell’università. Scandendo “Fuori la PFP di Oaxaca”, i combattenti hanno circondato le forze di polizia, dimostrato la loro superiorità numerica e la loro determinazione ad affrontarle militarmente. Tutto ciò ha obbligato la PFP a ritirarsi. La sconfitta della polizia figurerà ormai fra le pagine più eroiche della Comune di Oaxaca e della storia delle lotte delle masse di questo paese.
La direzione del movimento non ha organizzato la resistenza. È la stessa radio Universidad che in gran parte ha centralizzato e coordinato le azioni, facendo appello a non dare nessuna fiducia alla SEGOB e al Comando della PFP. Sono quindi i settori di massa che spontaneamente sono scesi in piazza per affrontare la polizia con i metodi più radicali ormai adottati dall’avanguardia combattente oaxaqueña[7].
Questo ha rimontato il morale delle masse di Oaxaca. Come appunto diceva una compagna di Radio Universidad dopo la battaglia, “il 14 giugno abbiamo sconfitto URO, oggi abbiamo sconfitto la PFP di Fox. Oaxaca non è Atenco![8]”.
La battaglia della Città Universitaria è stata determinante per il corso della lotta attuale. Se avesse vinto la posizione crumira del dirigente del sindacato insegnante Rueda Pacheco, il movimento sarebbe stato sconfitto[9]. Nonostante questo, la resistenza trionfante ha rafforzato la determinazione e il morale del popolo di Oaxaca. Questa è la ragione per cui domenica 6 novembre hanno sfilato più di un milione di persone per le strade di Oaxaca, provenienti da tutto lo Stato e dell’insieme del Messico[10]. Questa “megamarcha” ha espresso nelle piazze l’enorme appoggio popolare all’APPO, ha dimostrato come il movimento poteva riprendere l’offensiva ed ha stretto il tiranno e repressore Úlises Ruiz al muro. Bisogna mettere in piedi una politica che cerchi di estendere la lotta e imporre la caduta di URO, l’unica strada per fare trionfare le rivendicazioni dei lavoratori e del popolo di Oaxaca.

Riprendere l’offensiva
La battaglia della Città Universitaria, la determinazione e la volontà di lotta dimostrate dalle masse oaxaqueñas, tutto ciò rimette all’ordine del giorno la necessità di difendere una politica che permetta di trionfare. Non possono esserci negoziazioni né fine dello sciopero degli insegnanti prima che la PFP non si sia ritirata ed URO non si sia dimesso. Insieme a questo dobbiamo esigere la liberazione immediata dei prigionieri politici, la riapparizione con vita dei desaparecidos ed esigere che vengano giudicati gli assassini ed i repressori.
L’appello alla “megamarcha” del 6 novembre è stato una grande vittoria poiché ha dimostrato al governo e alla PFP l’enorme appoggio popolare all’APPO e orienta il movimento nel senso dell’offensiva. Bisogna continuare su questa strada. I sindacati devono fare un appello immediato allo sciopero generale nello Stato di Oaxaca, rispondendo all’appello lanciato dall’APPO.
Oggi più che mai dobbiamo rigettare qualsiasi “misura di pacificazione” proposta dal governo cosi come l’occupazione della città da parte della PFP. Non si può regalare la vittoria ottenuta con la battaglia della Città Universitaria.
Allo stesso tempo, è urgente discutere e battersi nei sindacati per uno sciopero nazionale, per le dimissioni di URO e il ritiro delle truppe da Oaxaca. È fondamentale dare impulso a questo programma di mobilitazione e di lotta in maniera ampia ed unitaria, ma con una prospettiva indipendente rispetto alle istituzioni e ai partiti del Congresso.
Bisogna raddoppiare l’azione di solidarietà operaia e giovanile, sia sul piano nazionale che internazionale, che i compagni e le compagne di altri paesi accrescano le campagne di solidarietà che già sono state lanciate. Dobbiamo dimostrare con queste azioni di mobilitazione e di lotta agli eroici e alle eroiche compagni e compagne di Oaxaca che non sono soli/e. La carovana di solidarietà che è partita da Messico DF è stato un fattore importante. Ma bisogna anche andare aldilà. Dobbiamo organizzare un coordinamento nazionale di sostegno a Oaxaca. Le diverse organizzazioni che intervengono nel DF e negli altri Stati e che appoggiano il movimento oaxaqueño assieme ai sindacati devono eleggere delegati per conformare questo coordinamento e votare unitariamente e democraticamente le azioni da portare avanti. A sua volta, l’APPO può aiutare ad organizzare un organismo nazionale che, indipendente dagli interessi dei partiti del regime, avanzi verso l’unità classista e combattiva.

Lottiamo per la vittoria di Oaxaca!
Come LTS-CC proponiamo che si realizzi uno sciopero nazionale e una mobilitazione nazionale unitaria capeggiata dalla classe operaia e dalle sue organizzazioni per far sì che URO se ne vada una volta per tutte. Lo sciopero e la mobilitazione devono far parte della lotta per mettere in piedi un governo provvisorio dell’APPO e delle organizzazioni combattive. Per trionfare, bisogna difendere un orientamento chiaramente indipendente da quello del PRD. López Obrador e gli altri dirigenti del PRD proveranno a canalizzare la lotta, facendo appello alla fiducia nelle istituzioni della “democrazia” e in un nuovo politico borghese che sostituisca URO, tutto ciò per fare in modo che il movimento oaxaqueño non radicalizzi i suoi metodi e rivendicazioni. Una vittoria a Oaxaca rafforzerebbe la lotta nazionale contro il “regime dell’alternanza”. L’obiettivo di questa lotta dovrebbe essere preparare uno sciopero generale politico per fare in modo che se ne vadano Fox, Calderón ed i politici borghesi, per costruire un’alternativa di governo dei lavoratori e dei loro alleati delle campagne e le città.

Fuori Úlises Ruiz!
Fuori la PFP e le truppe da Oaxaca!
W la Comune di Oaxaca!



Note

[1] Martín Juárez, dirigente della Liga de Trabajadores por el Socialismo-Contra Corriente (LTS-CC) del Messico. Quest’articolo è la versione italiana di “Luego de la batalla de Ciudad Universitaria. Oaxaca: Retomar la ofensiva”, del 09/11/06.
[2] Il dirigente della XXII° sezione del CNTE, Rueda Pacheco, aveva negoziato e fatto votare il 22/10 alle spalle dei settori più radicalizzati del sindacato in lotta, la ripresa del lavoro per il 29/10, calpestando la rivendicazione centrale del movimento e dell’APPO, le dimissioni di URO prima della ripresa del lavoro [NdT].
[3] Lo Zócalo era stato prima occupato dagli insegnanti in lotta a maggio per poi trasformarsi negli ultimi cinque mesi nello Stato Maggiore dell’APPO, costituitasi a metà giugno [NdT].
[4] Lo stesso sub segretario della SEGOB (organismo di mediazione legato all’esecutivo) Arturo Chávez riconosceva il 31/10 che la situazione a Oaxaca non era sotto controllo, malgrado l’occupazione di alcuni punti strategici e simbolici della città da parte della PFP (vedere « Acepta Segob que aún no se tiene a Oaxaca bajo control », in El Universal (versione digitale), Messico, 31/10/06 [NdT].
[5] Il quadro borghese offrirebbe in realtà due possibilità, le dimissioni di URO o più cinicamente una richiesta di « licencia » (una dimissione non ammessa) da parte sua. Il PRI, partito di URO, rigetta entrambe possibilità seguendo il suo rifiuto di riconoscere attraverso una commissione parlamentare l’ingovernabilità dello Stato di Oaxaca che prevedrebbe, secondo la Costituzione, la destituzione del governatore [NdT].
[6] Secondo testimoni di Radio Universidad, questi gruppi paramilitari erano armati di fucili di calibro 7,62, utilizzati esclusivamente dall’esercito messicano.
[7] L’avanguardia combattente ha affrontato la PFP con molotov, bombe artigianali lanciate da tubi e bombolette di gas. Per una descrizione della battaglia nella stampa borghese messicana, vedere « Batalla campal en bastión de la APPO. Inconformes retoman vías liberadas por la policía federal », in El Universal, Messico DF, 03/11/06.
[8] A maggio di quest’anno, più di 3.000 agenti della PFP sono brutalmente intervenuti nella città di San Salvador Atenco (Stato di Messico) per reprimere una mobilitazione popolare innescata da alcune venditrici ambulanti che si opponevano alla richiesta delle autorità di spostare il loro stand di vendita. Un bambino è stato assassinato, più di 250 giovani, lavoratori e lavoratrici sono stati arrestati e sono stati riportati numerosi casi di stupri da parte della PFP [NdT].
[9] Vedere sopra [NdT]
[10] I numeri comunicati dall’APPO differiscono ovviamente da quelli comunicati dalle autorità e ripresi nella stampa borghese di destra e in quella d’opposizione. Nonostante questo, la manifestazione è stata un successo ed ha coinvolto senza dubbio più manifestanti di quella del 30 ottobre svoltasi subito dopo l’entrata della PFP [NdT].

Martín Juárez[1]

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